Presentato con successo al Festival di Cannes 2021, dove ha ricevuto una menzione speciale nella sezione Un Certain Regard, l’opera prima Prayers for the Stolen di Tatiana Huezo sarà visibile in Italia sulla piattaforma MUBI, a partire dal 29 aprile. L’esordiente regista di origine salvadoregna, autrice già di alcuni documentari assai apprezzati in ambito festivaliero, offre con questo suo lungometraggio una prospettiva inedita da cui osservare la violenza che connota la società messicana, e che molte volte è stata affrontata dal cinema autoctono negli ultimi anni. Spostandosi dal consueto contesto urbano, e mettendo la macchina da presa ad altezza infantile e con sguardo femminile, Huezo avvia con Prayers for the Stolen un percorso personale, mostrando notevole attenzione figurativa e un’empatia sincera verso le sue eroine.
Prayers for the Stolen: trailer e trama
Prayers for the Stolen (in originale Noche de Fuego) è una storia di formazione ambientata in un piccolo villaggio dominato traffici di droga ed anche di esseri umani. Protagonista è la piccola Ana con le sue amiche, addestrate dalle loro madri a fuggire in qualsiasi momento per riuscire a sopravvivere alla cattura di chi vuole trasformarle in schiave, arrivando anche a misure estreme che mortificano la propria femminilità, pur di sfuggire a un destino di sopraffazione. Un drammatico coming of age al femminile dentro il cuore di tenebra di una società corrotta dalla violenza endemica.
Qui potete vedere il trailer di Prayers for the Stolen, un’altra esclusiva MUBI disponibile dal 29 aprile
La violenza di genere da una nuova prospettiva
Liberamente tratto da un romanzo di Jennifer Clement, Prayers for the Stolen immerge sin dalle prime immagini lo spettatore in un paesaggio naturale incantato, testimone muto della violenza dell’uomo, spesso filmata fuori campo, o per efficaci ellissi e sineddoche. Il racconto si evolve negli anni, vediamo Ana e le sue amiche crescere, ma il mondo intorno a loro resta immutabile e ostile: la bellezza dei luoghi naturali, inquadrata spesso in campo e lungo con ricercatezze fotografiche degne del miglior Reygadas, diventa feroce antinomia della loro quotidianità.
Siamo ancora davanti a uomini che odiano le donne, ma fortunatamente Huezo rifugge ogni tentazione di didascalismo concentrando la sua attenzione su un racconto intimo ed emozionante, dove la tenerezza dei giochi infantili, o i primi turbamenti adolescenziali, sono lo specchio rovesciato di un’impossibile normalità. Tanto potenti sono talune scene di massa en plein air – le persone riunite sulla collina per parlare al cellulare con i propri cari, o il lavoro collettivo nei campi di papaveri – quanto disarmanti nella loro efficace semplicità i campi/controcampi tra Ana e sua madre o con le sue amiche, con una consapevolezza linguistica che non è usuale trovare in un’esordiente.
Un esordio da non perdere
A dispetto dei toni cupi e fortemente drammatici, Prayers for the Stolen non chiude le porte a una possibile speranza, in un epilogo inevitabilmente sospeso: il pudore e lo stile trattenuto della regista emozionano sebbene il climax finale forse avrebbe necessitato di meno sottrazione per risultare davvero indimenticabile. Se il cinema messicano (e non solo) ha spesso mostrato il punto di vista dei carnefici, questa intensa opera prima mette in scena il punto di vista di chi è vittima, per genere prima ancora per realtà incidentale, un controcampo troppo spesso negato sul grande schermo, in una ridefinizione intima, più “laterale”, di quello che un tempo veniva chiamato cinema di denuncia.
Ammesso e non concesso che esista uno sguardo “al femminile” generalizzato e omnicomprensivo (cosa di cui nutriamo qualche dubbio) nel cinema, Prayers for the Stolen potrebbe a buon diritto definirsi esemplare paradigmatico.