La mostra De Architectura di Barbara La Ragione, ospitata negli spazi di MA Movimento Aperto Napoli, è stata prorogata fino al 25 marzo: il finissage si terrà dalle 17 alle 19. Ne approfitto per condividere qualche impressione.
Il titolo De Architectura appartiene, tra le altre cose, alla personale di Barbara La Ragione ospitata da quel gioiellino che è MA – Movimento Aperto, a Via Duomo (Napoli). Un luogo un po’ defilato, lontano dagli sfarzi del celebrato Sistema dell’Arte, coi suoi vernissage scintillanti in cui, col bicchiere in mano e lo sguardo a caccia di “contatti utili”, ci si aggira tra le sale di musei e gallerie gettando occhiate fugaci alle opere in mostra.
MA è uno spazio espositvo vecchio stile, con una curatrice che è artista a sua volta, Ilia Tufano, e un affaccio sul bugnato del Museo Filangieri, che sembra stare lì a ricordare che l’Oggi è figlio di Ieri, di ben altri sfarzi. E di “contatti” di ben altra caratura.
Nella sala principale di MA, sulle due pareti laterali, si fronteggiano due file di fotografie, in un bianco e nero rigoroso. Personalmente, mi ricordano le teorie di santi della basilica Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna, perché in entrmabi i casi la chiave di lettura delle opere non è l’identità di coloro che sono ritratti.
Se in Sant’Apollinare, infatti, le tracce riconducono a una damnatio memoriae politica, combinata col senso pratico (che ha lasciato visibili solo mani, piedi e frammenti di ciò che era troppo oneroso cancellare) in De Architectura il centro della raffigurazione non è il ritratto, ma la progettazione e costruzione dell’immagine e del sé.
Sulla parete destra, infatti, le fotografie sono impaginate intorno a una figura umana a mezzo busto, dalla cui testa si dipartono elementi geometrici che si espandono nello spazio. Al di sopra del volto c’è la scomposizione della sua maschera, come una esplosione dei moduli geometrici che la compongono.
È la visione in pianta di quello che è il volto raffigurato, che – attenzione – non è un volto ma l’assemblaggio di frammenti di volti, tratti da quelle maschere che rappresentano il fil rouge e la cifra distintiva di tutta la produzione dell’artista.
La maschera come elemento che nasconde, la maschera come svelamento, la maschera come identità, diventa la maschera come centro di un sé che si espande e si proietta all’esterno, che cerca spazio per esprimersi, affermarsi e prendere possesso di un piccolo pezzo di mondo, quello spazio necessario per Essere.
Le due fotografie al centro della parete sono il punto di partenza da cui la ricerca si irradia fino alle due immagini estreme. Non è possibile sapere “Chi” è raffigurato, semplicemente perché non importa: non è “Chi” è “Sè”. Le singole fotografie sono state scattate con un tempo di esposizione di 1/15 di secondo, il che significa che l’obiettivo era in bilico tra scatto “fisso” e “mosso”. Nelle immagini resta una sottile inquietudine di fondo, come se bisognasse avvicinarsi per poterle leggerle, “mettere a fuoco” con lo sguardo qualcosa che è – volutamente – al limite del “fuori fuoco”.
Sulla parete di fronte, il Sè esce dalla dimensione personale e individuale, trova le sue Possibilità: le immagini sono il frutto di una “tessitura”, esattamente come ogni persona è il frutto dell’interazione del proprio Sè con l’Altro da Sè, che siano le altre persone, gli avvenimenti della vita, i desideri che si avverano, i sogni che si infrangono. Il sé non è mai un elemento granitico, immutabilmente fedele a se stesso. Seppure costruito su un nucleo saldo, il contatto con l’esterno lo modula, lo muta, lo decostruisce, talvolta, per permettergli di cambiare, adeguarsi ed evolvere.
Le immagini in mostra lo rappresentano magistralmente: i frammenti della maschera, le linee progettuali del proprio essere si combinano con le maglie – sempre differenti – delle possibilità. È il Sè nel mondo, il Sè che si adatta, si confronta, si batte, si ferisce, ma sempre si ricostruisce.
Sulla stessa parete campeggiano dei piccoli visori per diapositive. Provenienti da un secolo in cui il digitale era lontano da venire, sono l’ultimo passo del progetto De Architectura: il Sè si espande, si mette in discussione, si trasforma e diventa luce.
Guardando nel piccolo schermo, infatti, i ritratti, i frammenti, gli elementi costitutivi del progetto si combinano in geometrie inedite su base quadrata. La Fotografia torna al suo significato etimologico (scrivere con la luce) attraverso una diapositiva tratta da un negativo.
Sulla parete di fondo, accanto alla finestra, un’ultima cornice inquadra l’archetipo di tutte le fotografie e diapositive in mostra: il Vitru Homo. La combinazione dei frammenti di negativi è un omaggio all’Uomo Vitruviano e allo scritto di Vitruvio che ha dato il titolo e l’impulso primario alla mostra.
La ricerca di Barbara La Ragione
Barbara La Ragione è una fotografa. Una definizione così lapidaria è sempre un torto, perché nella ricerca artistica si combinano discipline differenti, ma la uso perché in questo caso la base della sua produzione e la chiave di tutti i suoi lavori è sempre la fotografia. Immagini scattate sempre in analogico e stampate ai sali d’argento.
Accanto alla macchina fotografica c’è un’altra costante, lo staging: ovvero prima di scattare, Barbara La Ragione costruisce dei veri e propri set, con oggetti, quinte, maschere. Nulla di ciò che è nell’immagine viene lasciato al caso, tutto è perfettamente calibrato. Se la ricerca lo richiede, come nel caso di De Architectura, le immagini ed i loro negativi possono essere smembrati, ricomposti, diventare altro rispetto allo scatto di partenza. Ma nulla prescinde dalla fotografia.
L’ultima costante nella ricerca dell’artista è il bianco e nero. Rigoroso, coerente, profondo. Quasi una partitura musicale, che alterna i Bianchi ai Neri. Con poche significative eccezioni, come la serie di ritratti Burlesque, esposta a Berlino nel 2014, realizzata dipingendo a colori direttamente sulla foto in bianco e nero.
De Architectura
opere di Barbara La Ragione
MA Movimento Aperto,
Via Duomo 290/c, Napoli
lunedì e martedì 17-19 , giovedì 10.30-12.30 e su appuntamento
Info: cell. 333 222 92 74 – https://www.facebook.com/barbara.laragione