Molti hater, molto onore. È accompagnato dalle attese polemiche l’approdo al Festival del documentario Chiara Ferragni: Unposted, diretto da Elisa Amoruso, nella sezione collaterale Sconfini. Il film racconta la vita privata e professionale dell’imprenditrice digitale di Cremona, seguendo la 32enne fashion blogger più influente del mondo nei suoi impegni, tra sfilate, riunioni e realizzazione di video e post per i social. A queste immagini patinate si alternano gli home movie girati dalla mamma Marina Di Guardo durante la sua infanzia e le interviste alla stessa Ferragni, alla famiglia, al marito Fedez, ai collaboratori, nonché a giornalisti, scrittori e stiliste come Diane Von Furstenberg e Alberta Ferretti.
Chiara Ferragni ha rifiutato la proposta di Netflix, sulla carta troppo incentrata sul suo privato, per imbarcarsi in un’operazione sulla quale esercita il pieno controllo. L’influencer e la regista hanno strettamente collaborato al risultato finale e questo è evidente. Il doc si delinea, infatti, come una celebrazione a-problematica della Chiara imprenditrice, dai suoi primi passi su Flickr all’apertura del blog The Blonde Salad; dall’ingresso nell’elitario fashion system al boom sui social, in particolare Instagram, fino alla guida delle sue due società, TBS Crew (che gestisce il blog) e Chiara Ferragni Collection.
Il documentario racconta di una Ferragni pioniera dello storytelling in un mondo dove il digitale ha preso ormai il sopravvento; di una Ferragni modello di empowerment femminile a livello globale per follower e fashion blogger, capace di farsi da sola e superare la rottura con l’ex fidanzato e partner in affari Riccardo Pozzoli. Tutto giusto, peccato che il documentario lambisca solo superficialmente il dietro alle quinte del suo lavoro – oltre ai selfie c’è di più – e si approfondisca troppo poco la novità apportata dalla narrazione incessante che Chiara Ferragni fa di sé.
Chiara Ferragni: Unposted è attraversato da una contraddizione di fondo. Dai filmini domestici e dalle interviste alla famiglia, emerge come Chiara Ferragni abbia nel suo Dna una propensione istintiva alla condivisione delle proprie esperienze e all’auto-rappresentazione. Questa spontaneità si scontra però con la consapevolezza eccessivamente programmatica delle immagini e delle parole della protagonista, che fanno sembrare il documentario una continuazione della sua immagine social, senza offrire del reale valore aggiunto. Poco sfugge a Chiara Ferragni, che non si lascia mai andare se non in pochi fuggevoli momenti.
La sensazione è che il documentario non riveli nulla che i fan già non conoscessero. Allo stesso modo, l’adesione completa dello sguardo della documentarista al suo soggetto appiattisce le possibilità di riflessione sui temi avanzati dalla carriera e dall’ascesa dell’imprenditrice, che rappresentano uno specchio fondamentale della rivoluzione tecnologica e sociale presente e futura.
Chiara Ferragni-Unposted è una produzione Memo Films, Sapopa e Rai Cinema in collaborazione con Amazon Prime Video, che sarà in sala il 17, 18 e 19 settembre con 01 Distribution.