At Eternity’s Gate è un film/insieme di scene ispirate a dipinti di Vincent Van Gogh, eventi della sua vita comunemente accettati come fatti realmente accaduti, dicerie e scene completamente inventate. Il fare arte dà l’opportunità di realizzare qualcosa di concreto, che esprime una ragione di vivere, se esiste una cosa simile.
Nonostante tutta la violenza e le tragedie sofferte da Van Gogh nella sua esistenza, non c’è dubbio che abbia vissuto una vita caratterizzata da una magica, profonda comunicazione con la natura e la meraviglia dell’essere. L’opera di Van Gogh è fondamentalmente ottimista. Le convinzioni e la visione alla base del suo singolare punto di vista rendono visibile e fisico ciò che è inesprimibile. Sembra essere andato oltre la morte, incoraggiando gli altri a fare altrettanto.
Trent’anni fa Willem Dafoe scatenò le reazioni isteriche e incontrollate di gruppi di cristiani integralisti, interpretando Gesù nel travagliato, bellissimo ritratto scorsesiano L’ultima tentazione di Cristo, che venne accusato di blasfemia dopo la presentazione avvenuta proprio alla Mostra in un’edizione contrassegnata dal trionfo de La leggenda del santo bevitore di Ermanno Olmi. Nel 2014, sempre a Venezia, l’attore nato nel Wisconsin fu il volto scavato, il corpo e l’anima di Pier Paolo Pasolini nell’opera controversa e dibattuta diretta da Abel Ferrara, suscitando ulteriori e inevitabili polemiche sull’adeguatezza di un biopic rischioso e anticonvenzionale nei confronti di un’altra icona, altrettanto sacra e profana, altrettanto provocatoria e rivoluzionaria. Il percorso dell’attore 63enne non potrà sorprendere chi crede nella massima pasoliniana per cui scandalizzare è un diritto, essere scandalizzati è un piacere, perché in concorso alla 75esima Mostra del Cinema di Venezia è arrivato il momento di At Eternity’s Gate, quinto lungometraggio di finzione del pittore e regista newyorchese Julian Schnabel, che ritorna dietro la macchina da presa otto anni dopo Miral, sempre presentato a Venezia, e assicura un proprio singolare punto di vista sulla vita di Vincent Van Gogh.
E dalle primissime immagini Dafoe sembra avere faccia, rughe e insofferenza ideali per far rivivere il geniale artista olandese che più di chiunque altro ha influenzato la pittura del Ventesimo Secolo.
“Questa non è una biografia del pittore realizzata con precisione scientifica – dichiara il regista – ma è un film sul significato dell’essere artista. È finzione, e nell’atto di perseguire il nostro obiettivo, se tendiamo verso la luce divina, potremmo addirittura incappare nella verità. L’unico modo di descrivere un’opera d’arte è fare un’opera d’arte”.
La versione di Julian e Willem è destinata a ribaltare certezze e sorprendere, un’altra volta, stampa e pubblico presenti al Lido: «L’opera di Van Gogh è fondamentalmente ottimista. Sembra essere andato oltre la morte, incoraggiando gli altri a fare altrettanto». Proprio come Gesù e Pasolini.
“Riuscire a creare qualcosa di imperfetto, di anomalo, qualcosa che alteri e ricrei la realtà in modo tale che ciò che ne risulta siano anche delle bugie, se si vuole, ma delle bugie più vere della verità letterale”. (Vincent Van Gogh).
Regia: Julian Schnabel
Produzione: Rahway Road Production (Jon Kilik), Iconoclast Production
Durata: 110’
Lingua: inglese, francese
Paesi: Usa, Francia
Interpreti: Willem Dafoe, Rupert Friend, Oscar Isaac, Mads Mikkelsen, Mathieu Amalric, Emmanuelle Seigner, Niels Arestrup
Sceneggiatura: Jean-Claude Carrière, Julian Schnabel, Louise Kugelberg
Fotografia: Benoît Delhomme
Montaggio: Louise Kugelberg, Julian Schnabel
Scenografia: Stéphane Cressend
Costumi: Karen Muller-Serreau
Musica: Tatiana Lisovskaya
Suono: Jean-Paul Mugel, Thomas Desjonquères, Dominique Gaborieau