Non possiamo bere tutta l’acqua del mondo piuttosto affogare, viaggiare, dormire, annaspare, gonfiare, ma bere no, non si può quando si è in mezzo al mare. In mezzo a tutta l’acqua del mondo non possiamo bere.
Scappare, andare, provare, sperare, desiderare e infine tornare. Magari. E in mezzo, in mezzo tutta l’acqua del mondo, il Mediterraneo, il più grande cimitero nel mare, il Mare questa entità che non è cattiva e non è buona, non è misericordiosa e nemmeno vendicativa. Il mare è. Sta. Il mare fa il mare.
E in mezzo ci siamo noi, ci sono loro, che a volte dimentichiamo, che i giornali raccontano in trafiletti sempre più in basso, sempre più indietro fino alle ultime pagine, sempre più giù, sempre più giù, come a volerli affogare in un mare di notizie. In un mare salato, dove tutta l’acqua del mondo non possiamo berla.
Possiamo però provare a sputarla fuori per tornare a respirare come su una spiaggia di fortuna, prima di continuare a camminare e a camminare ancora. Possiamo provare a raccontarla tutta l’acqua del mondo, oppure possiamo stare in silenzio ad ascoltare storie, che quelle ci salvano sempre. Storie su tutta l’acqua del mondo, in un teatro, al Bolivar una domenica di ottobre, 27 ottobre. Storie di una barca stanca che voleva solo fare la barca, sbattuta dal mare, accarezzata dalle sue onde, illusa dalle sue maree. Una barca che conta alla rovescia, come a capodanno, il suo personalissimo conto, centodiciotto è sempre meglio di centodiciannove. È più leggera, come un uccellino con un piuma in meno, come una margherita con un petalo staccato. M’ama non m’ama, cade non cade, affoga non affoga, brucia non brucia. Che in fondo una barca così è solo una barca non trattata.
Il Bolivar è in silenzio, una sera di ottobre, le persone sono il silenzio. Sono qui tutte per lei, per Anna Foglietta che porta in scena un reading, un monologo, “Una Guerra“. Solo lei, accompagnata da Roberto Baldinelli. Solo lei a leggere un testo di Michele Santeramo. Un monologo a più voci, lei, Anna Foglietta, una madre, un figlio, il mare, una storia intorno al fuoco, una barca. Parla, legge, racconta, ride, annaspa, piange. E non è la sola.
Con lei su un palco spoglio tutto nero il violino di Roberto Baldinelli per le musiche di Francesco Mariozzi. Anche loro sono vestiti di nero. È buio tutto intorno, le loro facce, il marrone del violino, lo stesso colore di una barca non trattata.
La parola racconta e ferisce, le note stridono e stringono al petto.
È il suono straziante di un naufragio, il delirio di onnipotenza del mare, l’ultimo battito del cuore di un bambino, il primo battito del cuore di un bambino, l’amore. Per una donna, di una donna, di una madre, di un fratello, di un uomo in fuga sempre per amore.
Anna Foglietta racconta quello che troppo spesso dimentichiamo, quello che vorremmo diventasse solo una storia da raccontare e che invece è una tragedia continua, contemporanea, che non smette mai.
Immensa nel restituirci la sofferenza di una madre, la pazzia di scelte che non potremmo mai prendere e che solo di fronte all’inevitabile possiamo, la forza della disperazione, la disperazione nella forza, nelle braccia di una donna che non ce la fa più.
Struggente nella voce di un bambino cresciuto troppo in fretta eppure ancora troppo piccolo, piccolo come i nostri bambini. Che tutti dovrebbero imparare a nuotare in un fiume, che non si può mai sapere.
Supponente nell’essere mare grandioso e infinito, innamorato della terra, lontano dagli uomini e dai loro, i nostri, miserabili problemi, grandi come formiche, piccoli come balene, inutili agli occhi del mare.
Stanca nel dar fiato a una barca non trattata, che porta con sé il peso di mille destini, avanti e indietro, su e giù per il Mediterraneo.
Questa è la voce di una donna, è la voce di una madre, di una barca, di un bambino, di un uomo innamorato, di un mare, il Mediterraneo, cimitero di acqua e sale. Questa è la voce di Anna Foglietta che ancora riecheggia nella sala adesso vuota del teatro Bolivar. Un’eco che dovremmo portarci per tanto tempo dentro perché l’arte è soprattutto questo. Un grido di attenzione e indignazione che pone l’accento sulle cose veramente importanti. E’ un pungolare quel sentimento che alle volte dimentichiamo e che ci rende esseri umani. Che dice davvero chi siamo , a tutti gli altri uomini come noi, è quella cosa che ci divide tra chi simpatizza con chi vince, e dall’altra parte ovunque, da sempre e per sempre, chi simpatizza con chi perde. È quella cosa che Anna Foglietta conosce molto bene, e adesso anche noi un po’ di più con lei.
Con Anna Foglietta
Musiche originali di Francesco Mariozzi
Violino di Roberto Baldinelli
Testo a cura di Michele Santeramo
Coordinamento Artistico Elena Marazzita
Produzione 2018 Fondazione Teatro della Toscana FestiValdera
Distribuzione a cura di AidaStudio Produzioni