100 anni fa nasceva uno di quelli che meriterebbe una ripassatina; e un personaggio fuori dagli schemi, un uomo dotato di una profonda sensibilità e di una “felice” visione di questo brutto mondo moderno. Torna in onda un breve immediato, emblematico, ma non scontato ricordo di Kurt Vonnegut…
La fine di una vita al limite
Suona strano, che un corpo provato dai grandi dispiaceri di una vita condotta sempre al limite (suicidio della madre, la seconda guerra mondiale con il terrificante bombardamento di Dresda, tentato suicidio a base di barbiturici ed alcool nel 1986), debba soccombere per una banale caduta. Invece è tutto reale: un martedì, e una triste croce s’è dovuta tracciare su uno dei più importanti nomi della letteratura postmoderna: Kurt Vonnegut Jr (11 Novembre 1922 – 10 Aprile 2007).
Suona strano, dicevamo, ma d’altronde quest’uomo venuto da Indianapolis non ci aveva abituato a percorsi scontati. Come il fatto che non si sarebbe scandalizzato, avrebbe addirittura apprezzato, se lo definissimo anticipatamente come “un costruttivo calcio nel sedere della letteratura”.
Lo stile oltre i luoghi comuni
Come traghetto per le proprie riflessioni aveva scelto uno stile – al pari del fantasy – molte volte imputato d’essere “popolare”, “leggero”, addirittura “che non sarebbe riuscito ad esprimere oltre, dopo Asimov”: Vonnegut scriveva infatti di invasioni aliene, navicelle che schizzano via a milioni di anni luce, a bordo delle quali scintillavano incredibili tecnologie. Pur affascinando con tali guizzi della fantasia, in realtà tutto questo inventare era solo l’involucro, una divertente scatola, un tentativo di semplificare il vero contenuto, il nocciolo, il centro del bersaglio.
Forse in seguito alle scene terrificanti a cui aveva dovuto assistere durante la guerra (pur affermando un laconico: “Il bombardamento di Dresda non spiega assolutamente niente di ciò che scrivo e di quel che sono”), o forse in base al sentore di depressione che sembra aver caratterizzato la sua vita, il grosso cruccio della produzione di Vonnegut è sempre stato il destino dell’umanità.
Nella propria fantascienza, infatti, Kurt dipingeva una terra sfatta, senza più ideale e, credo, palesemente in balia degli eventi. Con una visione generale così disponibile ad essere narrata, sembra banale affermare che i racconti risultanti mostrassero un carattere così irriverente, squisitamente intrusivo, chiaramente scomodo, da risultare una amalgama indipendente, fuori dagli schemi pilotati, che non può non accontentare qualsiasi palato, previa ingestione di potenti calmanti per i deboli di cuore.
Ironia e indipendenza per un posto importante nella letteratura americana
Se a questo punto non vi sarete precipitati ad informarvi sulla sua produzione, aggiungiamo la preziosa attinenza ad una intelligente quanto amara satira, che lo distanziava definitivamente dall’accostarlo ad uno dei svariati lati della diatriba intellettuale, tanto meno politica. Basti pensare al sorriso che suscita la trama del racconto The Big Space Fuck: una navicella carica di sperma viene inviata su Andromeda, “per provvedere che la vita umana continuasse a esistere in qualche punto dell’universo, dato che ormai, non c’erano dubbi, sulla Terra non sarebbe durata ancora per molto”.
In realtà Vonnegut era un intellettuale di spessore (la critica americana da anni lo osannava come “il miglior scrittore vivente”), che pur svolgendo temi scottanti – molte volte pesanti, spessissimo trame da grossi tomi filosofici – riusciva a rendere leggibile il tutto, infarcendo la narrazione di battute salaci, alle cui affrancava in modo naturale una trama da b-movie anni ottanta. Oltre che uno stile diretto e subito comprensibil, frasi non molto lunghe, parole semplici, significati ben esposti.
Tutto questo dannarsi a che scopo? Sinceramente la risposta non sembra così difficile: per rendere accessibile la necessaria riflessione ad un pubblico quanto più vasto. Ecco quindi spiegata la stima sconfinata che aveva per Mark Twain: il primo scrittore americano che aveva creato scandalo, al tempo, usando il gergo di strada nei propri libri, ma di fatto dando inizio alla letteratura americana, oltre che al concetto di best-seller. Ecco, tanto per cominciare, un cerchio che si chiude!