Perché alcune rivoluzioni sono riuscite e altre no? Cosa ha contraddistinto il successo dei più abili strateghi della rivincita e cosa potrà distinguerli dai più feroci dittatori? Esiste una tecnica. Ma non risparmia morti.
Ricorrono i cento anni della Rivoluzione russa, quella di Ottobre. I venti della storia non smettono mai di spirarare, e il Novecento è un secolo presente. E così qualcuno vede ancora i prodromi del “suicidio europeo”.
Tecnica del colpo di stato
“Nell’interno del Partito nazionalsocialista la libertà di coscienza, il senso della dignità, l’intelligenza, la cultura, sono perseguitati con quell’odio stupido e brutale che caratterizza i dittatori di terz’ordine. […] Non si vincono le battaglie in nome della libertà con dei soldati che sono abituati a tenere gli occhi bassi.”
Così scrive Curzio Malaparte in Tecnica del colpo di stato, sorta di libello, espressione di una personale teoria politica e della sua esperienza di cronista e ufficiale. Il testo apparso a Parigi nel 1931, pubblicato per la prima volta in Italia nel 1948, di recente è tornato nelle librerie per la Piccola Biblioteca Adelphi.
Questo libro fece la sua comparsa durante il momento di massima ascesa di Adolf Hitler, aspirante tiranno cinico e senz’anima che s’era ispirato a Mussolini nell’organizzazione e nella tattica rivoluzionaria. Ma dopo il fallito putsch del ’23 con Ludendorff e Kahr, dopo essersi esercitato nell’uso della violenza, primariamente nel campo dei propri sodali, il “grasso cameriere Adolfo” – come, parafrasando, lo definisce Malaparte dopo un viaggio in terra tedesca -, decide di spostare l’azione soprattutto sul piano parlamentare, seguendo esempi che lo stesso Malaparte non manca di illustrare.
Si tratta tra l’altro di una esperienza diretta per quanto riguarda gli anni tra i dieci e i venti del novecento. Al seguito di varie legazioni (“embedded” si direbbe oggi) egli fu testimone dei rivolgimenti politici e della fibrillazione antidemocratica nell’area più turbolenta d’Europa; Polonia, la nascente entità sovietica, la Germania… Un terremoto si preannunciava e in Tecnica del colpo di stato c’è un sismografo già in grado di riprodurne le proporzioni. Perché tra le sue righe traspare bene la volontà di potenza e di riscatto in cui sprofondavano larghe frange di popolazione nelle nazioni europee, e soprattutto alcuni abili tribuni.
Kurt Suckert, uno scrittore in guerra
Curzio Malaparte, di padre tedesco, nasce Kurt Erick Suckert, a Prato nel 1898, muore a Roma nel 1957.
Il suo carattere fu, secondo la vulgata che egli stesso alimentò, quello tipico del toscano, onesto, ma indipendente, talvolta scomodo.
Scomodo fu senza dubbio per il fascismo e i suoi più ottusi epigoni: i suoi pamphlet furono forti e diretti; fu mandato a svernare a Capri per intercessione di Ciano, ha scritto due capolavori: Kaputt (1944) e La pelle (1949).
Dal mondo letterario fu sempre considerato più che altro uno “stravagante”.
Nel 1950 il suo romanzo di guerra, La pelle, fu votato da molti scrittori ed entrò nella cinquina del Premio Strega; lui rifiutò di concorrere, inaspettatamente, e ciò costrinse gli amici della domenica, dispiaciuti, a cambiare le regole del premio.
Come si sovverte uno Stato
In Tecnica del colpo di stato, Curzio Malaparte coglie alcuni passaggi emblematici.
Dai tempi di Catilina la tattica del sovvertimento è divenuta oggetto d’osservazione per aspiranti dittatori. Non si fa con i bei discorsi e non si fa solo con qualche truppa d’assalto mandata allo sbaraglio. Per non fare la fine di quel rivoluzionario dell’antichità bisogna capire che rovesciare un potere costituito vuol dire occuparlo nei sui gangli vitali; difenderlo, d’altra parte, non può essere semplicemente un problema di polizia. Vari i fattori in gioco, e relative leve: le masse operaie, le contingenze sociali, l’esercito, le falle del sistema “democratico” e parlamentare…
Gli esempi non mancano e sono esaminati in questo abbozzo di teoria.
Il 18 brumaio, il generale Bonaparte si accampa con le sue truppe alle porte dell’Assemblea in attesa che il potere gli venga “legalmente” consegnato. La Rivoluzione d’ottobre e la parabola del grande “tecnico”, Lev Trotski (il carteggio con Lenin è a questo proposito illuminante); al quale Trotski, tuttavia, non riesce il secondo colpo contro Stalin (perché questi da rivoluzionario scaltro sa come si difende uno stato).
Non c’è da stupirsi che l’autore di questo testo fu considerato un pericoloso suggeritore, dall’autorità, dai partiti e dai sindacati, e ci fu quindi un prezzo da pagare.
Sovversione e barbarie
Seguendo il filone, con l’espandersi della barbarie, la narrazione si fa sempre più cupa non tralasciando le più cruente visioni di un paese distrutto. Il preteso distacco del teorico si indebolisce, anche se fa sempre molto discutere, come i frutti di una personalità multiforme. Il riflesso di questo atteggiamento sullo stile ne fa uno scrittore dalla cifra unica e difficilmente catalogabile. Ciò che gli accade intorno appare sempre più una insensata corsa verso la catastrofe e il suicidio di un intero continente. In Tecnica del colpo di stato troviamo una interpretazione secondo logica del susseguirsi di assalti per l’instaurazione di moderne tirannie. In La pelle ecco l’uomo di fronte all’occupazione, alla corruzione e alla maceria; decadenza così vivamente rappresentata dalla crudeltà gratuita sugli animali, una specie di ultimo gradino verso il basso.
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