There is no planet B cit. Greta Thunberg
Gli effetti dell’inquinamento nella storia dell’arte sono un racconto visivo iniziato nell’Ottocento e che (purtroppo) continua fino a oggi. Il rapporto che lega l’arte alle questioni climatiche è molto controverso: nei dipinti dell’artista inglese Turner, l’effetto “sporco ma bello” è la prima testimonianza dell’inquinamento atmosferico provocato dall’’industrializzazione, infatti, già da diverso tempo si ricorre all’analisi delle tele di pittori come Turner, ed altri, per evidenziare quelli che sono stati gli effetti del cambiamento climatico, confrontando i panorami ritratti nelle opere con gli attuali scenari.
Se Turner non era sicuramente animato da un’ambizione di denuncia, non conoscendo affatto il punto in cui saremmo arrivati, gli artisti di oggi, al contrario, producono per dimostrare o manifestare quanto la situazione ci stia sfuggendo di mano. Il punto è non fare in modo che resti solo un tentativo artistico. Ovviamente non si può non citare l’importante contributo della Land Art che, a partire dagli anni ’60 del Secolo Breve, può essere annoverata tra i più complessi e affascinanti esperimenti artistici ispirati alla natura, vere proprie azioni di contro cultura che appunto mettono in gioco il rapporto tra esseri umani e il mondo. Senza dimenticare infine, il sostanzioso gruppo di artiste e artisti contemporanei che hanno orientato la loro indagine artistica in favore di opere che, come un monito o attraverso la provocazione, invitano a riflettere su quello che ormai appare essere un ineluttabile destino di distruzione.
Non ultima, la più recente tendenza in fatto di guerrilla ambientalista vede giovani attiviste e attivisti impegnati in gesti eclatanti, come il simbolico imbrattamento di opere famose nelle sedi di importanti musei, cui fa solitamente seguito la declamazione di un sorta di manifesto, dove si spiegano le ragioni del gesto.
Planet A
In occasione della XVIII Giornata del Contemporaneo AMACI, a Napoli la Piccola Galleria Resistente ha ospitato la collettiva Planet A, a cura di Susanna Crispino, che riunisce i dipinti di Ciro D’Alessio e Antonio Conte e le installazioni di Veronica Rastelli. Il titolo della mostra riprende un noto slogan delle manifestazioni contro il Climate Change “There is no Planet B” e, in linea col filo conduttore della Giornata del Contemporaneo, che quest’anno è dedicata all’ecologia e alla sostenibilità, le opere ci parlano della necessità di salvaguardare l’ecosistema, ciascuno attraverso i propri mezzi e le proprie possibilità.
Le opere dei tre artisti dialogano tra di loro in maniera armoniosa nello spazio del piccolo ma accogliente home-studio e ciò che colpisce, sicuramente, è l’acceso cromatismo che le caratterizza: anche se utilizzano linguaggi, stili diversi e media differenti, ciò che accomuna le opere di Planet A è appunto la necessità di utilizzare l’arte per stimolare una riflessione e avviare un confronto necessario su una tematica così pregnante e urgente, quale il cambiamento climatico, laddove c’è chi arriva a negarne sia l’esistenza che gli effetti.
Pur muovendo da idee diverse, sia per quanto riguarda il concetto stesso di arte contemporanea sia per quanto riguarda il concetto di estetica nell’arte, ciò che emerge dal confronto con i tre artisti è la volontà di andare oltre quelli che sono i circuiti tradizionali e stereotipati dell’arte e, soprattutto, oltre quelle che sono le imposizioni del mercato dell’arte per recuperare una dimensione più umana, più genuina e sicuramente più “utile” del lavoro creativo, non più mero esercizio di stile, né inarrivabile espressione di un certo concettualismo ermetico.
L’arte contemporanea quale mezzo di riflessione di massa
Se in un passato non molto remoto, l’arte contemporanea svolge una funzione dissacrante, di rottura delle regole rispetto a quelli che erano i dogmi accademici, oggi è chiamata ad assolvere un compito ben diverso. Se all’inizio del Novecento quella portata avanti dalle avanguardie era essenzialmente una battaglia rivolta “al fare” affinché l’arte fosse libera dai preconcetti, oltre che da un frainteso ed equivoco piacere estetico calato dall’alto, in quanto tutto può essere arte, arrivando più in là addirittura a prescindere e fare a meno dell’oggetto stesso, una volta che pacificamente oggi nessuno più contesta cosa possa o non essere arte, la funzione che l’arte contemporanea deve attualmente assolvere è quella di comunicare, con l’immediatezza e l’appeal di uno spot pubblicitario, il messaggio che ogni artista in base alla propria individualità, alla propria collocazione ideale, sociale e geografica, codifica attraverso la sua ricerca artistica, soprattutto, stimolando nell’osservatore una riflessione, suscitando domande e un coinvolgimento umano. Perché l’arte è anche politica, è prendere una posizione, è riappropriazione di spazi fisici e concettuali in cui le idee espresse dagli artisti non sono solo virtuosismi di stile ma vere e proprie rappresentazioni di una realtà che, troppo spesso, risulta edulcorata dalla comunicazione mainstream.
La stessa dimensione spaziale della Piccola Galleria Resistente, un piccolo studio che è un avamposto di bellezza e di promozione artistica, porta in sé un importante significato: ovvero che al di là dei grandi circuiti, al di là dei grandi eventi, è necessario sviluppare queste discussioni nel maggior numero di occasioni e luoghi possibili per educare e promuovere un diffuso pensiero critico che esalti la bellezza e la forza del gesto creativo.
Il corpus di opere
Il percorso della mostra Planet A è una sorta di cerchio, che si apre con le opere pittoriche di Conte e D’Alessio, in cui l’acqua è la protagonista di alcune storie di ordinario inquinamento, generate dall’antropizzazione innaturale e forzata della natura e dallo sfrenato modello consumista, i cui disastrosi effetti sono ben visibili nel disfacimento quotidiano e in fenomeni come le “”migrazioni climatiche”. Le installazioni in lana e seta di Veronica Rastelli chiudono il cerchio con gli intrecci e i complessi motivi delle sue opere tessili, che giocano con le dimensioni, la luce e i colori. I colori vividi e brillanti, i giochi di luce e i cambi di prospettiva, raccontano cupe storie di violenza agita dall’uomo verso la natura, ma anche una sorta di possibile ritorno ad essa, attraverso una rinnovata e maggiore connessione con i suoi tempi e la sua essenza.
Planet A sottolinea così la complessità del rapporto tra esseri umani e la Terra: pur sfruttando e aggredendo la natura per toglierle con la forza e strapparle ciò che è necessario alla nostra sopravvivenza, siamo pur sempre consapevoli della sua trascendente imperturbabilità, dell’immenso, terrificante e incontrollabile potere che la natura ha sulle nostre vite. Una riflessione che serve a interrogarci sulle profonde motivazioni delle nostre azioni scellerate e soprattutto per riscoprire la bellezza e l’importanza dell’unico pianeta che abbiamo a disposizione: il nostro Planet A.