Venticinque novembre giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Rita e Giulia, le ultime in ordine di tempo, centrotre dall’inizio dell’anno. Tante le iniziative contro la violenza di genere in tutta Italia, a Napoli negli stessi giorni è andato in scena al teatro Tram Le donne sono mostri di Marina Salvetti per la regia di Angela Rosa D’Auria, uno spettacolo tutto al femminile che prova a scardinare il pensiero patriarcale imperante, che non è degli uomini, ma della società più in generale.
Nascere è facile, siamo buoni tutti a questo, vivere è difficile, è complicato. Morire no, è fin troppo facile morire se ogni settantadue ore una donna viene uccisa da quello che in maniera semplicistica e riduttiva chiamiamo amore.
“Ma quale amore ti rompe le ossa a metà? Ma quale amore, tra i pugni e tra i calci ti lascia per terra e poi se ne va?” cantava Flo in un suo pezzo. Ma quale amore, ci chiediamo noi ancora oggi. “Nascere è facile, venire al mondo è difficile” dice un mostro dal palco del TRAM. Un mostro donna, quattro per la precisione: una strega, una vampira, una sirena e un’arpia, che vengono dalla mitologia per parlarci del nostro presente attraverso gli occhi e i gesti e le parole di attrici che raccontano la loro vita.
Quello che in un primo momento sembra un monologo, il cammino solitario di una donna verso il proprio futuro combattendo contro il perbenismo galoppante, i luoghi comuni e i cliché che ci vengono sbattuti in faccia durante lo spettacolo tra una risata e l’altra, è invece una lotta che accomuna, che trova il suo apice nella parte finale dello spettacolo, quando tutti i nodi vengono al pettine, quando i capelli raccolti trovano una mano che li accarezza e non li strattona, quando le quattro donne, ma potrebbero essere molte di più, tutte le donne presenti in sala, tutti gli uomini presenti, tutte le persone, si ritrovano al tavolino di una bar, a festeggiare un compleanno.
Una candelina che nasce e muore e viene soffiata via simboleggia una nuova vita, un percorso che trasforma le protagoniste prima in mostri, paurosi, pericolosi, deformati e deformanti, poi di nuovo in donne, persone che vengono, rivengono al mondo più forti di prime, unite, non più sole. Si nasce e si muore soli, nel frattempo il viaggio possiamo scegliere di farlo in compagnia.
I mostri fanno paura perché non li capiamo, perché non li ascoltiamo, destabilizzano le nostre sicurezze e abitudini, cambiano loro e cambiano noi e i cambiamenti fanno paura, i cambiamenti sono i mostri che vanno in scena al teatro TRAM. Quattro monologhi che sono una storia unica.
Valeria Impagliazzo è un’insegnante di burlesque che unisce le storie raccontando la sua vita in una città vecchia dove combatte l’ipocrisia, dove “se tu penserai, se giudicherai da buon borghese” non potrai fare altro che condannarla. Una strega, come Amelia la strega che ammalia, insegna alle altre donne ad uscire fuori dai ruoli loro assegnati, a ritrovare una propria strada, la proprio dignità. Com’è difficile combattere gli stereotipi e i luoghi comuni, per una ballerina di burlesque, quando la libertà fa paura.
Balla per noi Valeria, balla per lei, balla per affermare la sua voglia di ballare e basta. Si muove sotto le luci della ribalta, che illuminano il pubblico, il palco e rendono la strega ancora più paurosa, sensuale. Rendono la donna ombra che parla, che si muove, che danza, danno vita al mostro che fa paura. Le ombre fanno paura, le ombre saranno presenti sempre.
Al rogo le streghe, al rogo i mostri. Un paletto per i vampiri, succhiasangue a tradimento, badanti rumene venute dall’est per rubare i soldi di anziani sprovveduti.
Roberta Lista è un’amante del buio, dell’oscurità, dei cimiteri, figlia dei luoghi comuni, irrompe sulla scena e rompe ogni schema mentale che conosciamo, ogni quadrato che ci siamo costruiti nella nostra testa dove mettere una crocetta, dove incasellare qualcosa, qualcuno. Si ride di gusto con lei, si ride e si sopravvive ai mille pensieri e alle mille storie che già conosciamo per sentito dire. Per fortuna si parte, si vince e si sconfigge il sentire comune dominante.
Sono donne, quelle raccontare da Marina Salvetti che fanno della trasformazione il loro punto di forza.
Come Sara Giglio, l’arpia che tutto vuole e tutto prende, che ha nel nome un destino già scritto, che nel racconto imparerà a fare suo per prendersi quello che le spetta, una donna in carriera, un’avvocata e se pensate che sia cacofonica messa così, fatevene una ragione.
Un’arpia, mostro mitologico dal viso di donna e il corpo d’uccello, come le sirene prima di diventare le predatrici seducenti che provano a fermare Ulisse. La libertà sessuale fa paura, la libertà fa paura. Non solo mostri dentro, come le streghe ma mostri fuori, nel corpo, sirene come Partenope, come Napoli, come Roberta Astuti e il suo alter ego, costretta a lasciare il proprio paese perché a parole siamo tutti bravi ma con gli occhi no, con quelli diventiamo giudici e carnefici.
Quanto possono amare gli occhi e quanto è bello specchiarsi in quell’amore guardandolo negli occhi della persona amata.
“Scapperò via di qui da questa casa galera che mi fa prigioniera
con gli occhi chiusi a mille miglia per conto mio” canta Fiorella Mannoia in caffè nero bollente e lo stesso canta Valeria Impagliazzo nello spettacolo ed è quello che farà Roberta Astuti.
“Io non ho bisogno delle tue mani, mi basto sola”.
Nascere è facile, venire al mondo è difficile, ma ce la possiamo fare con l’aiuto di Marina Salvetti, Angela Rosa D’Auria, Roberta Astuti, Sara Giglio, Valeria Impagliazzo e Roberta Lista.