Lazarus: da New York a Napoli nel nome di Bowie

Fino al 14 maggio al Teatro Mercadante va in scena Lazarus, per la regia di Valter Malosti.

Essere al sicuro è l’ultima cosa che voglio. Voglio andare a letto tutte le sere dicendo “se non dovessi più svegliarmi, posso almeno dire di avere vissuto da vivo“.

Sono trascorsi ormai otto anni dalla prima e unica volta in cui David Bowie ha portato in scena quello che è stato considerato il suo testamento creativo, Lazarus, seguito visionario del romanzo L’ uomo che cadde sulla terra di Walter Tevis.

Dopo poco più di un mese, il cantautore, polistrumentista e attore britannico lasciava questo mondo regalandoci un ultimo spettacolo, un viaggio in una mente interstellare, tormentata da strati su strati di ricordi, immagini, suoni e sensazioni. 

È un mercoledì di maggio, in una Napoli in fermento e in attesa di festeggiare il suo terzo scudetto dopo ben trentatré anni, quello in cui va in scena in città, la prima di Lazarus, per la regia di Valter Malosti.

La sala settecentesca dello storico teatro stabile di Napoli, il Mercadante, è certamente la più indicata per ricreare la giusta atmosfera che accolga la ormai devastata mente di Thomas Newton, alieno venuto sulla Terra per salvare il suo mondo e qui rimasto bloccato, incapace di tornare indietro sul suo pianeta o di mettere fine alla sua vita. 

Magistralmente interpretato da un grande performer, come solo Manuel Agnelli ha dimostrato di essere in questi ultimi anni, Lazarus ha lasciato il pubblico in uno stato di tensione costante, complice certamente la scenografia costellata da ben cinque schermi, posti sul palco a varie altezze, in cui si alternano immagini talvolta psichedeliche, mentre una pedana girevole porta in grembo il nostro protagonista, strafatto e malinconicamente abbandonato su una poltrona rossa, di fronte alla quale, un tavolo-pianoforte bilancia la scena, quasi ad indicare il nord o il sud di una terra in continuo movimento ed evoluzione.

Sul fondo, a ridosso del retroscena, quasi come se fosse un luogo astratto e inesistente, una scatola sopraelevata, al pari di una tv a colori, rimanda al pubblico alcune delle immagini distorte della mente di Newton.  Tra scontri verbali, manipolazioni e ambiguità, i personaggi si susseguono, all’interno di questo piccolo box, portando alla luce le mille visioni del protagonista.

Chi si aspettava un musical stile Broadway con tanto di luci ad effetto, paillettes, ballerine con abiti luccicanti, si è ritrovato catapultato invece sulla scena, senza essere davvero in scena. La potenza dello spettacolo forse sta anche in questo, lo spettatore diventa in un attimo protagonista, anch’egli imprigionato su di una poltrona rossa, senza poter scegliere di andarsene, costretto ad affrontare in un loop vorticoso, immagini reali o sognate, paure nascoste e demoni inesistenti, che per quanto folli possano essere, potrebbero appartenere a ciascuno di noi.

La regia di Valter Malosti mantiene il pubblico in una tensione continua e costante, il perimetro del palco è delimitato dai sette musicisti, quattro da un lato, tre dall’altro, che ci accompagnano con immensa bravura e senza mai strafare, nel labirintico gioco al massacro che porta Thomas Newton sull’orlo della pazzia. 

La vicenda sembra snodarsi senza tempo e sembra non avere una reale continuità, quasi come se la trama fosse frammentata al pari della mente del protagonista. 

Per l’intera durata dello spettacolo, vale a dire quasi due ore filate senza alcuna interruzione, Manuel Agnelli ci trascina nella storia di questo migrante interstellare, cancellando in un sol colpo sia l’immagine del rocker, frontman degli Afterhours, sia l’immagine del giudice di X Factor che siamo abituati ormai a vedere e diviene, egli stesso, Thomas Newton. Così, in perfetta empatia con il suo personaggio, Agnelli ci fa toccare con mano, attraverso la sua voce calda, vibrante e intensa, le tematiche costanti della musica di Bowie come l’incapacità di affrontare la realtà, l’invecchiamento, l’isolamento e, senza mai cadere nel gioco dell’emulazione, porta in scena il dolore, la rabbia e la disperazione con la bravura e il carisma di un attore navigato, come se fosse sempre stato quello il posto in cui avrebbe dovuto essere.

È doveroso precisare, nonostante l’eccelsa interpretazione del protagonista, che il merito della riuscita di questo spettacolo è da ricercarsi anche nella scelta dell’intero cast, che stupisce per la giovane età di molti degli attori coinvolti ma che, al contempo dimostra quanto sia essenziale il ruolo del regista che ha abilmente guidato ogni personaggio nei meandri di un’opera che ha tutta l’aria di un colossal e che trasforma una storia personale in una storia corale dove tutto inizia, prosegue e termina nelle stanze mentali del protagonista.

TEATRO MERCADANTE
3 – 14 maggio
LAZARUS
di David Bowie e Enda Walsh
ispirato a The Man Who Fell to Earth (L’Uomo Che Cadde Sulla Terra)
di Walter Tevis

uno spettacolo di Valter Malosti
con Manuel Agnelli, CasadilegoMichela Lucenti, Dario Battaglia,
Attilio Caffarena, Maurizio Camilli, Noemi Grasso, Maria Lombardo,
Giulia Mazzarino, Camilla Nigro, Isacco Venturini

la band (in o.a.) Laura Agnusdei sax tenore e sax baritono 
Jacopo Battaglia batteria | Ramon Moro tromba e flicorno | Amedeo Perri tastiere e synth | Giacomo “ROST” Rossetti basso | Stefano Pilia chitarra 
Paolo Spaccamonti chitarra

progetto sonoro GUP Alcaro
scene Nicolas Bovey costumi Gianluca Sbicca
luci Cesare Accetta
video Luca Brinchi e Daniele Spanò
cura del movimento Marco Angelilli coreografie Michela Lucenti
cori e pratiche della voce Bruno De Franceschi
maestro collaboratore Andrea Cauduro
assistenti alla regia Jacopo Squizzato, Letizia Bosi
produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale
Teatro Stabile di Torino – Teatro NazionaleTeatro di Napoli – Teatro Nazionale,
Teatro di Roma – Teatro NazionaleLAC Lugano Arte e Cultura
un particolare ringraziamento a TPE – Teatro Piemonte Europa
in accordo con Robert Fox and Jones/Tintoretto Entertainment e New York Theatre Workshop
per gentile concessione di Lazarus Musical Limited
in accordo con Arcadia & Ricono Srl

Durata: 1 ora e 50 minuti (atto unico)

Le foto sono di Fabio Lovino