Anno domini duemiladiciannove. Torino, Italia, Salone Internazionale del Libro: gli organizzatori su impulso delle autorità regionali decidono di mettere alla porta un editore che aveva regolarmente acquistato uno spazio per l’esposizione. Un fatto nuovo.
Si dà il caso che l’editore-espositore sia apertamente fascista, o post-fascista, e le sue pubblicazioni, e non solo, stanno lì a dimostrarlo; questa non è una novità per il Salone (lo dice, ad esempio, Marino Sinibaldi durante la la trasmissione di Radio 3).
Ma si dà anche il caso che il suddetto editore abbia da poco pubblicato il libro-intervista di un discusso ministro della Repubblica.
Si dà il caso che i membri della organizzazione politica di riferimento dell’editore siano diventati un po’ i pupilli di tale ministro (il quale, è noto, un giorno sì e uno no dà il via a una crociata legalitaria). Ma la cosa peggiore è che questi non contribuisce certo a distendere i toni, anzi, in un paese in cui contestazioni, risse, aggressioni sono all’ordine del giorno e ciò dovrebbe farci propendere per considerare saggia la decisione di Sindaco e Presidente della Regione. Oltre naturalmente alla domanda fondamentale: si può essere democratici con chi nega il valore della democrazia?
Durante la presentazione dell’evento il direttore del Salone, Nicola Lagioia, ha messo l’accento sulle distorsioni che riguardano il mondo dell’informazione al giorno d’oggi: ha infatti dichiarato che si era diffusa la notizia, falsa, che il suddetto ministro avrebbe presentato il libro nell’ambito della fiera. Sottolinea giustamente Lagioia che, con i moderni mezzi di comunicazione, una volta diffusa una notizia falsa e tendenziosa, non ci sia modo di fare rettifiche ufficiali che abbiano una credibilità.
La notizia sarebbe palesemente falsa perché una delle regole che caratterizzano questo evento è quella che prevede la non partecipazione di politici in veste di autori. La chiosa: le nostre librerie sono piene di libri di politici (ma scritti da altri) che quasi mai mostrano uno spessore culturale degno di nota.
Il salone della discordia
Ancora una volta il vento della discordia soffia tra gli stand del Lingotto. In questi anni abbiamo seguito questa importante occasione per il vasto e variegato panorama dell’editoria italiana e più di una volta ci siamo trovati a rilevare polemiche che, come noto, hanno prodotto anche “scissioni” importanti, come quella del trasferimento a Milano boicottato da diversi editori. Ma ricordiamo, ad esempio, le polemiche sorte oramai dieci anni fa in seno alla edizione che vedeva come paese ospite Israele (ogni anno uno spazio tematico viene dedicato a una lingua e alla sua letteratura); Amos Oz autore nel 2008 di La vita fa rima con la morte rinunciando a partecipare entrò in contrasto con il connazionale Michael Sfaradi .
A proposito di questione ebraica, tra le dichiarazioni più forti contro la presenza dell’editore incriminato c’è stata quella di Halina Birenbaum. Nata a Varsavia, sopravvissuta ad Auschwitz, autrice di libri e poesie sulla terribile esperienza della deportazione, ha dichiarato: “Ho sofferto troppo per stare con persone che propagano idee per le quali ho perso la mia famiglia e l’infanzia”. Può bastare?
Abbiamo, dalle nostre pagine, nell’arco di dieci anni buoni, fatto la fotografia del dibattito intorno al Salone; guerra tra editori, promotori, autori; negli anni quasi con continuità abbiamo visto, ad esempio, la contrarietà e la critica degli scrittori, magari quelli esclusi o auto-esclusi.
Qualche considerazione
Certo il Salone del Libro è un grande evento: l’ “industria editoriale” ha ancora un ruolo enorme nel nostro paese e questo è un bene; è inevitabile che la politica tenti di accedervi, anche per entrare in contatto con l’elettorato. Per Torino e il Piemonte si tratta del classico “fiore all’occhiello” ed è comprensibile che le sue autorità se ne interessino e che all’occorrenza intervengano. È un bene che la cultura e l’informazione siano sempre nell’occhio del ciclone? Se ciò è uno stimolo ad elevare il livello del dibattito allora la risposta è sì. Inoltre, in questo momento storico è secondo noi indispensabile alzare la guardia a difesa di spazi in cui si possa svolgere un dibattito secondo le regole democratiche, la civiltà e i valori fondativi della nostra cittadinanza, tra i quali sicuramente c’è l’anti-fascismo.
La cultura e il mondo dell’editoria può fare molto e molto c’è da fare, perché in giro c’è tanta confusione. Indicativo l’“esperimento” promosso dalla casa editrice Laterza presso il suo stand: ha chiesto a al pubblico Chi è fascista? (questo è anche il titolo dell’interessante saggio dello storico Emilio Gentile), ed ecco la risposta che conferma il disorientamento cui si faceva cenno poc’anzi.
Adesso è bene che si torni anche a guardare a un settore che risulta in perenne crisi anche se le ultimissime ci dicono che i numeri della partecipazione sono davvero buoni. Ma soprattutto torniamo a godere del mondo delle idee.