La coscienza sta nella nostalgia.
Chi non si è perso non ne possiede.
L’opera poetica di Pasolini è stata riunita e riordinata da Walter Siti e Graziella Chiarcossi in due volumi della Garzanti editi nel 1993 e intitolati Bestemmia; titolo che lo stesso Pasolini avrebbe voluto per la raccolta, come risulta da una lettera a Livio Garzanti del 1970.
Da Garzanti a Mondadori
La Mondadori nel 1998 per la serie “I Meridiani” ha pubblicato l’opera omnia di Pasolini in nove volumi; fra questi due tomi di poesie, curati da sempre da Walter Siti, con molti altri scritti inediti.
Nell’introduzione Siti giudica “poesia imperfetta”, quella di Pasolini e “transgenerica”, che “abbraccia tutte le possibili forme, forse nel tentativo di dar forma all’informe, di esprimere, attraverso la propria rabbia, quella del mondo. Poeta scisso tra una leggerezza cinica e una volontà programmatica”.
Nell’edizione della Garzanti, è precisa e puntuale la prefazione di Giovanni Giudici, in cui si descrive l’irrompere dell’opera e del pensiero di Pasolini nelle stagnanti acque della nostra letteratura: “Irrompere, confermano i dizionari, vuol dire entrare a forza impetuosamente, senza stratagemmi e senza maschere, senza chieder permesso, senza aspettare un avanti, tanto più quando chi entri in tal modo non sia il tipo da poter essere mandato indietro e là resta. Semmai saranno gli altri a doversi mettere da parte”.
L’unicum poetico di tutte le opere
E’ difficile separare la poesia di Pasolini dalle sue opere sia di prosa, sia cinematografiche e dagli stessi saggi critici, come afferma anche Andrea Zanzotto, postulando “che in fin dei conti Pasolini non sia mai uscito dalla poesia” e che la sua opera sia “un unicum poetico”. “Puntò cioè alla «poesia totale», intesa come superamento delle consolidate partizioni del campo artistico in una superiore unità mai smentita come unità «superpoetica» e forse la identificò nel cinema. Tutto questo, senza perdere di vista il parlare-scrivere, o meglio l’«affabulazione» come fattore essenziale della poesia. Allo stesso modo Pasolini nelle sue operazioni sui generi letterari perseguì una interscambialità sempre sotto il segno del poetico, persino ai tempi della rivista «Officina» quando fece suo programma dichiarato portare la poesia al livello della prosa, contro l’opposto canone tipico del nostro Novecento.”
Pasolini è il poeta dello scandalo, che vuol dare scandalo, perché senza scandalo non si dà poesia, che è parente della fede, di una qualche fede.
La critica e la poetica
Pasolini inizia la propria esperienza poetica nei primi anni quaranta, scrivendo versi nel dialetto friulano di Casarsa e traducendo in casarsese poesie di altri autori, soprattutto stranieri.
Nei saggi di Empirismo eretico spiegherà che “la poesia è, rispetto al cinema, un’evocazione da stregone, un intervento lessicale, che – per la natura stessa del mezzo – nomina le cose, ma non può mostrarle nella loro realtà, piene della loro fisica gloria.”
Lo scrittore , nella sua poesia, non è stato sempre limpido, e nelle sue “prose civili” si è dimostrato contraddittorio ed eretico, bastian contrario di tutto e di tutti, corsaro spina nel fianco dei benpensanti; ma certo un letterato di alta statura.
Lo afferma anche Antonello Trombadori (“In morte der sor Pavolo”, in La palommella), quando scrive che era grande come Belli, non solo come artista ma soprattutto come uomo perché : “Quell’altri stanno tutti a mezz’artezza”, e inoltre dice che, dopo la sua orribile morte :
Non è ffenito er ballo.
Ce semo noi, fijjacci de mignotte,
che sfojjanno li libri di Pier Pavolo
jj’ammollamo er cazzotto callo callo
e jje scropimo l’assi sotto ar tavolo.
Quindi Pasolini soprattutto farà più danno da morto , per una società benpensante e borghese che da vivo. Sicuramente è stato così.
L’unicità e la grandezza dell’ opera pasoliniana
Giorgio Manacorda ha scritto che Pasolini è “un gigante che ci obbligò a pensare”, e anche coi suoi ragazzi di vita aveva avuto una notevole capacità pedagogica. Alberto Moravia ci farà notare che : “La sua fine è stata al tempo stesso simile alla sua opera e dissimile da lui. Simile perché egli ne aveva già descritto, nella sua opera, le modalità squallide e atroci, dissimile perché egli non era uno dei suoi personaggi, bensì una figura centrale della nostra cultura, un poeta che aveva segnato un’epoca, un regista geniale, un saggista inesauribile.”
Eppure il poeta in una lettera ad un ragazzo di Codignola ha scritto :
Sono avaro, quel poco che possiedo me lo tengo scritto nel cuore diabolico.
L’attualità politica del suo pensiero :
“Il fascismo, voglio ripeterlo, non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l’anima del popolo italiano: il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie, appunto, la televisione), non solo l’ha scalfita, ma l’ha lacerata, violata, ‘bruttata’ per sempre…”
Le raccolte poetiche riunite nella “Bestemmia” :
- La meglio gioventù (poesie friulane)
Poesie a Casarsa (1941-53)
Suite furlana (1944-49)
Romancero (1947-53)
Le ceneri di Gramsci (1957)
L’usignolo della chiesa cattolica (1958)
La religione del mio tempo (1961)
Poesie in forme di rosa (1964)
Trasumar e organizzar (1971)
La nuova gioventù (1975)
Poesie (1945)
Diari (1945)
I pianti (1944)
Dov’è la mia patria (1949)
Tal cuor di un frut (1953)
Dal diario (1945-47)
Il canto popolare (1952-53)
Sonetto primaverile (1953)
Roma 1950 (1960)
Poesie dimenticate (1965)
Poesie disperse I (1942-1971)
Poesie disperse II (1941-70)
Poesie inedite (1943-73)
Qualche poesia :
Da “La meglio gioventù”:
Poesie a Casarsa (1941)
“Fontana di aga dal me pais.
A no è aga pì frescia che tal me pais
Fontana di rustic amòur”.
Fontana d’acqua del mio paese
non c’è acqua più fresca che nel mio paese
fontana di rustico amore.
Da “L’usignolo della chiesa cattolica”:
La crocifissione (1958)
Bisogna esporsi (questo insegna
Il povero Cristo inchiodato?)
La chiarezza del cuore è degna
Di ogni scherno, di ogni peccato.
Di ogni più nuda passione
(questo vuol dire il Crocifisso?
Sacrificare ogni giorno il dono
Rinunciare ogni giorno al perdono
Sporgersi ingenui sull’abisso).
Da “Poesie incivili”:
Alla mia nazione (1960)
Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico
ma nazione vivente, ma nazione europea:
e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti
governanti impiegati di agrari, prefetti codini,
avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi,
funzionari liberali carogne come gli zii bigotti,
una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!
Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci
pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti,
tra case coloniali scrostate ormai come chiese.
Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti,
proprio perché fosti cosciente, sei incosciente.
E solo perché sei cattolica, non puoi pensare
che il tuo male è tutto male: colpa di ogni male.
Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo.
Da “Poesie inedite” (1964)
La diversità che mi fece stupendo
E colorò di tinte disperate
Una vita non mia, mi fa ancora
Sordo ai comuni istinti, fuori dalla
Funzione che rende gli uomini servi
E liberi. Morta anche la povera
Speranza di rientrarvi, sono solo
Per essa coscienza.
E poiché il mondo non è più necessario
A me, io non sono più necessario.
Da “Poesie disperse”:
Il poeta delle ceneri (1966-67)
E oggi, vi dirò, che non solo bisogna impegnarsi nello scrivere,
ma nel vivere:
bisogna resistere nello scandalo
e nella rabbia, più che mai,
ingenui come bestie al macello,
torbidi come vittime, appunto:
bisogna dire più alto che mai il disprezzo
verso la borghesia, urlare contro la sua volgarità,
sputare sopra la sua irrealtà che essa ha eletto a realtà,
non cedere in un atto e in una parola
nell’odio totale contro di esse, le sue polizie,
le sue magistrature, le sue televisioni, i suoi giornali.