È un po’ il libro italiano del momento, M. Il figlio del secolo, di Antonio Scurati, pubblicato da Bompiani lo scorso settembre. Per certi versi potremmo definirlo “una soggettiva del fascismo”, dove a raccontarcene i fatti, in forma di romanzo, è il duce in persona. Già dall’incipit (M si affaccia su Piazza San Sepolcro il giorno della fondazione) si coglie la portata dell’opera; un’opera ambiziosa che si basa su una prolungata ricerca tra documenti e memorie.

Incontro con Scurati
Si è concluso da poco Bookcity Milano 2018. Un catalogo ricchissimo di incontri che ha offerto un quadro ampio dell’attuale scenario letterario ed editoriale. E quando si dice attuale, in questo caso, lo si intenda anche in un senso “politico”. Quadro che dimostrerebbe come piccoli e medi editori intenti a promuovere pubblicazioni di interesse, e con un occhio più ai contenuti che alla “confezione vendita”, sono capaci di dare opere di grande respiro e di portare alla ribalta il meglio in fatto di autori. C’erano alcuni grandi temi quest’anno, sotto i quali far ricadere la messe di incontri e dialoghi aperti a tutti, in tanti luoghi della città di Milano capaci di segnalarsi come stazioni permanenti di cultura e riflessione. E dio solo sa quanto abbiamo bisogno tutti di riflettere di questi tempi. Uno di questi punti, che vale davvero la pena di segnalare, è il Memoriale della Shoah di Piazza Edmond Jafra. Qui – una volta semplicemente via Ferrante Aporti 3 -, in una sezione della Stazione centrale, c’era il binario 21, il marciapiede da cui tanti cittadini milanesi, privati dei loro diritti e traditi dallo stato, hanno iniziato un viaggio di sola andata.
Qui domenica 18 novembre, Ferruccio De Bortoli ha dialogato con Antonio Scurati.
Milano e il fascismo. L’indifferenza
Cosa c’è in via Ferrante Aporti numero 3? Se aveste chiesto questo a un milanese del dopoguerra, per una cinquantina d’anni ben pochi vi avrebbero risposto con certezza e correttezza. E a Piazza Sansepolcro cosa successe nel marzo del 1919?
Milano è la città nella quale il fascismo è nato ed è cresciuto robusto e belligerante; la città nella quale il sanguigno romagnolo, il rozzo maestrino di provincia, l’innominato, ha inziato la sua scalata nella politica e nel giornalismo (in questo fu, per certi versi, un precursore); la città nella quale la grande borghesia industriale e il fascismo, nonostante la reciproca diffidenza, hanno stretto un patto sciagurato (un fatto particolarmente odioso per Scurati). Figura chiave di questa scalata, una intellettuale di ottimi natali: Margherita Sarfatti. (Rampolla di una famiglia israelita veneziana, fortemente legata per più di un decennio a Mussolini; il quale dopo un clamoroso voltafaccia personale non eviterà a lei e alla sua famiglia la tragedia dell’esilio e della deportazione: e anche questo dovrebbe dirci qualcosa sulla stoffa dell’uomo M).
Il recupero di una memoria comune ma non condivisa
Per Scurati il lavoro di ricostruzione si è basato anche e soprattutto sulla memorialistica di coloro che del fascismo furono convinti sostenitori. Disconoscerne il ruolo sarebbe come chiudere gli occhi sull’epoca fosca e violenta che l’Italia ha vissuto per un ventennio, fino alla sconfitta bellica. Non si può chiudere gli occhi sulla fascinazione che il regime esercitò sulle masse; così come non possiamo chiudere gli occhi sulle colpe della monarchia che non fermò quella cosa embrionale, poco più che carnevalesca che fu, secondo alcuni storici, la marcia su Roma. Sulle colpe di uno stato liberale che non aveva gli anticorpi per comprendere dove ci avrebbe portato questa “storia italiana” – le leggi razziali, la guerra… Non bastò il massacro del deputato Giacomo Matteotti (aveva qualcosa del “fanatico”, dice Scurati, con quelle solitarie arringhe contro Mussolini, circondato dai suoi sgherri in un parlamento sordo e grigio).
“La cosa che mi ha commosso leggendo gli scritti di Turati e di tutta di quelle personalità pur colte e intelligenti, è che non si erano rese conto di ciò che stava realmente succedendo” – dice Scurati. E con questo, a mio avviso, ha detto quasi tutto sul “fascismo eterno”.
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