Il 2017 verrà ricordato tra le altre cose come il ritorno sul grande schermo di due autori capitali della letteratura di genere: Stephen King e Agatha Christie. Se lo scrittore americano resta un fonte costante di ispirazione per cinema e serie televisive, che lo ha visto quest’anno trionfare sia al botteghino con la nuova trasposizione di It, che con alcune produzioni Netflix come Il gioco di Gerald, ma registrando anche con il tonfo de La torre nera, era invece da un po’ di tempo che la regina del giallo all’inglese risultava latitante, almeno sullo schermo cinematografico: i film del 2017 da Agatha Christie, ovvero, in rigoroso ordine di uscita, Mistero a Crooked House e L’assassinio sull’Orient Express, ci offrono l’occasione di affrontare in un breve excursus le caratteristiche peculiari, ed anche le criticità, legate alla trasposizione cinematografica dei romanzi firmati dalla scrittrice di Torquay.
La difficoltà di trasporre Agatha Christie sullo schermo
Esiste una difficoltà intrinseca legata al nome di Agatha Christie, e più in generale sul cosiddetto “giallo all’inglese”, nel momento del passaggio al cinema: a differenza del teatro, che ha desunto diverse opere di successo tratte dai libri della scrittrice, con il caso clamoroso di Trappola per topi rappresentato ininterrottamente ogni giorno dal 1974 fino a oggi, al cinema Agatha Christie ha conosciuto alterne fortune. Il giallo all’inglese, altrimenti detto anche whodunit (contrazione dell’espressione who done it, ovvero “chi lo ha fatto“), si fonda sull’investigazione e la risoluzione dei delitti mediante le capacità deduttive di un investigatore, invece che sull’azione come nel romanzo hard boiled o giallo americano. Questo comporta delle naturali complicazioni una volta trasposto sullo schermo, in virtù delle qualità prettamente letterarie messe in campo, che trovano maggiori difficoltà una volta tradotte in immagini: la dinamica del plot in un romanzo di questo tipo si dipana per lo più attraverso dialoghi tra i personaggi, e la rivelazione finale sull’assassino e su come sono stati compiuti i delitti viene svolta dal protagonista che spiega gli eventi, giacché in questa tipo di struttura drammaturgica il personaggio (o i personaggi) sanno più del lettore/spettatore. Due fattori che possono inficiare una buona sceneggiatura cinematografica, e richiedono una regia creativa e inventiva per fornire appunto sostanza visiva a un materiale così squisitamente letterario.
Ma se questo è un problema generico, vi è poi un “caso Agatha Christie”, legato alla sua vera o presunta “slealtà” nei confronti del lettore: per decenni i critici letterari hanno dibattuto sul modo in cui la scrittrice “ingannerebbe” i suoi lettori con depistaggi e false piste, fino ad arrivare al caso limite di un romanzo come L’assassino Roger Acroyd, che utilizza effettivamente un trucco – senza voler rivelare troppo per chi fosse curioso di scoprire di cosa si tratta, rimandiamo alla lettura dello stesso – che mette il lettore in uno stato di totale subalternità rispetto allo scrittore demiurgo, e che tra l’altro utilizzò anche Alfred Hitchcock in un film considerato minore anche per questo aspetto, Paura in palcoscenico. Date queste premesse, allora qual è il valore complessivo delle opere di Agatha Christie al cinema?
Agatha Christie tra cinema e serie tv
Tra cinema e serie televisive di ogni tipo realizzate nel corso dei decenni, l’elenco delle opere tratta da Agatha Christie è sterminato, a partire dalla trasposizione de Il misterioso signor Quin nel 1928, pertanto formulare un giudizio perentorio e definitivo su tale produzione è alquanto fuorviante. Certamente una parte di queste opere è rimasta vittima delle problematiche prima sintetizzate: la trama gialla perde di consistenza, i ritmi sono troppo placidi e ci si limita a una girandola di delitti a cui il personaggio investigatore offre la soluzione, senza che le virtù primigenie del linguaggio audiovisivo abbiano la possibilità di esprimersi compiutamente. Ma si farebbe un torto eccessivo alla scrittrice se imputassimo ai suoi formidabili intrecci la colpa di queste parziali cattive riuscite: a dimostrazione che la bravura di un regista fa sempre la differenza, le belle riduzioni dei suoi libri non mancano, in particolare la prima versione di Dieci piccoli indiani firmata da Renè Clair nel 1945, vincitore del Pardo d’oro al Festival di Locarno, lo splendido Testimone d’accusa di Billy Wilder del 1957, o la versione de L’assassinio sull’Oriente Express con un cast all star guidato dalla sicura regia di Sidney Lumet nel 1974, film diventati dei classici e amati giustamente da più generazioni di spettatori.
Nei libri della Christie si sono succeduti svariati personaggi nelle vesti investigative, ma i più amati e noti sono essenzialmente due: chi forse ha sofferto di più nel passaggio dalla carta allo schermo è Hercule Poirot, un personaggio che effettivamente sembra possedere una natura bidimensionale, quasi irreale da dare vita in carne ed ossa nel modo in cui viene descritto dalla sua creatrice nei romanzi; da qui emerge la difficoltà degli attori a interpretarli, a partire proprio da Albert Finney nel citato film di Lumet. Poirot è stato incarnato in vari film e serie televisive, da Peter Ustinov al più recente David Suchet, forse il più credibile nel dare vita al “piccolo belga dalla testa d’uovo”, a dispetto del prodotto televisivo non proprio esaltante. Assai meglio è andata a Miss Marple, l’arzilla vecchietta in grado di risolvere enigmi e delitti grazie alla sua abilità nel conoscere e catalogare la natura umana, che ha avuto non solo tante incarnazioni celebri, a partire da Margaret Rutherford in una serie di vecchi film di culto, ma ha anche ispirato personaggi di successo del mondo audiovisivo: cosa altro è la famosa Signora in giallo incarnata da Angela Lansbury se non una diretta filiazione della mitica Miss Marple? E allora è giusto dare ad Agatha Christie il ruolo che merita nell’immaginario collettivo anche grazie al cinema e alle serie tv, seppur con le problematiche elencate dal punto di vista qualitativo: in fondo la vita stessa dell’autrice ha avuto tratti da film, e non è un caso che nel 1979 venne girato un film con Vanessa Redgrave intitolato Il segreto di Agatha Christie, ispirato alla misteriosa ‘fuga’ del 1926 della scrittrice, dopo la scoperta dei tradimenti del marito. Ed è giusto che anche il cinema dei nostri tempi torni a trattare un’autrice di questo calibro, raccogliendo l’eccitante sfida insita nel passaggio dal libro allo schermo.
Agatha Cristie, i film 2017: il ritorno dell’Orient Express e Mistero a Crooked House
Il ritorno di Agatha Christie al cinema nel corso del 2017 è conciso con il grande successo del nuovo adattamento de L’assassinio sull’Orient Express con la regia di Kenneth Branagh, anche interprete di Poirot: come nella precedente versione di Lumet, i vari personaggi sono incarnati da molti attori celebri di Hollywood, come Johnny Depp, Penelope Cruz, Michelle Pfeiffer e Judy Dench. Branagh aggiorna quel tanto che basta il testo sotto il profilo etio e morale, e si limita ad aggiungere un po’ di azione: il pubblico americano ha apprezzato enormemente, tanto che è già stato annunciato il prossimo film sempre con Branagh nei panni del detective belga, tratto da Assassinio sul Nilo.
Più in sordina è passato sui nostri schermi la bella riduzione di È un problema, forse non uno dei più noti tra i libri della Christie, anche per l’assenza di un investigatore “forte” come Poirot o Miss Marple: il film Mistero a Crooked House di Gilles Paquet-Brenner riprende le tipiche ambientazioni della scrittrice, il gusto satirico nella descrizione di personaggi appartenenti all’upper class, si inventa qualche bella soluzione di regia – il fuori fuoco nella scena dell’omicidio iniziale, un esemplare uso del montaggio libero e articolato in una sequenza fondamentale, che può mettere lo spettatore sulla traccia giusta – confezionando un film più che dignitoso, corroborato al solito da interpreti di classe, in particolare Glenn Close. Visto il buon successo di questi film, la speranza è che le nuove riduzioni dei romanzi della scrittrice inglese possano trovare regie sempre all’altezza, capaci magari anche di stravolgere e modernizzare (senza cedere al gusto kitsch del postmodernismo) il materiale di partenza per dare nuova linfa al genere. Un po’ come lo Sherlock di Conan Doyle incarnato da Benedict Cumberbatch in tv: ecco, quella è la dimostrazione di come si possano superare le difficoltà insite nel giallo all’inglese in maniera efficace, intelligente e visivamente accattivante. Un modello auspicabile da seguire anche per Poirot e gli altri formidabili personaggi nati dalla fantasia della Christie.