La fabula di On the Road è semplice, un’infinità di episodi, divisi in cinque parti (il libro editato, non l’originale del rotolo), ambientati alla fine degli anni ‘40, durante un viaggio che è la somma di tanti viaggi fatti in macchina, autobus, autostop.
La prima parte riguarda il viaggio da New York a Chicago, poi Denver, San Francisco, Sabinal, Pittsburg, poi di nuovo New York e finisce nell’ottobre del 1947. Sal, cioè lo stesso Jack, è uno studente con ambizioni letterarie e fa conoscenza con Dean Moriarthy, cioè Neal Cassady, di Denver, un ragazzo appena uscito dal riformatorio, che vuole imparare a scrivere un libro, anche se pare avere interesse solo per una vita intensa, il sesso, la droga, la musica, conoscere il continente nordamericano…
La struttura del testo nella prima “traduzione” italiana
«Dean semplicemente correva attraverso la società, avido di pane e di amore»… Tradotto in italiano nel ’59 proprio così: “attraverso la società”. Nell’originale è «Dean just raced in society, eager for bread and love».
Come vedremo la musicalità della prosa di Kerouac, per lui un obbiettivo importantissimo, più della trama, nella traduzione del 1959 è completamente disattesa. È buffo vedere anche come nel terzo paragrafo o capitolo che dir si voglia della prima parte, mentre vi è una nota per l’acronimo YMCA, nulla di tutto ciò vi è per il capolavoro di Charlie Parker. «I ragazzi del Loop suonavano, ma con aria stanca, perché il bop era a metà strada fra il periodo Ornitologia di Charlie Parker e un altro periodo che avrebbe avuto inizio con Miles Davis».
Ornithology (Parker era chiamo Bird, l’uccello) è uno standard jazz introdotto nel 1989 nel Grammy Hall of Fame. Il pezzo originale (il libro editato, non l’originale del rotolo) dice: «The fellows at the Loop blew, but with a tired air, because bop was somewhere between its Charlie Parker Ornithology period and another period that began with Miles Davis».
La terza parte parla di quando Sal/Jack nel 1949 si fermò a Denver e poi del viaggio assieme a Dean/Neal da San Francisco a Denver, a Chicago e infine New York.
Nella quarta parte l’autore parla dell’incontro a New York, nell’estate del 1950, di Sal/Jack e Dean/Neal, poi del viaggio di Sal fino a Denver, infine del viaggio dei due amici in Messico dove avviene tra i due una rottura.
Nella quinta parte Kerouac racconta dell’ultimo viaggio da Città del Messico a New York, dove il protagonista incontra Laura, che sarebbe Joan Haverty, la seconda moglie dell’autore.
La schematizzazione che ho riportato è povera perché approfondirò la trama della traduzione del Rotolo del 1951, cioè la versione originale del libro tradotta magistralmente da Michele Piumini.
Il rotolo del ’51
«Ho raccontato tutta la strada». New York, 22 maggio 1951: così scrive Jack Kerouac in una lettera all’amico Neal Cassady, che di trova a San Francisco, sull’altra Costa. «Sono andato veloce perché la strada è veloce». Kerouac spiega che tra il 2 e il 12 aprile ha scritto un «romanzo di 125.000 [parole]…la storia parla di te, di me e della strada». Ha scritto «tutto su una striscia di carta lunga 120 piedi…infilata nella macchina da scrivere e senza paragrafi…fatta srotolare sul pavimento e sembra proprio una strada», pagina V dell’Introduzione di Howard Cunnell al Jack Kerouac, On the Road, il Rotolo del ‘51, tradotto da Michele Piumini e pubblicato dalla Mondadori nella collana Oscar Moderni nel 2019.
Il “rotolo” è un ulteriore elemento, il principale a onor del vero, che contribuisce alla creazione del mito. Cunnell in questa sua introduzione riporta perfettamente questo alone di leggenda, perché il sottoscritto a sedici anni – come lo stesso Cunnell, sempre a sedici anni – ne sente parlare nei ’90 a Benevento in questi termini riportati, ripeto “perfettamente”, dall’autore dell’introduzione: «Alan [amico di Cunnell] mi spiegò che Kerouac aveva scritto Sulla strada sotto l’effetto di benzedrina, su un lungo rotolo di carta da telescrivente e senza punteggiatura. Seduto al tavolo con il bepop trasmesso dalla radio in sottofondo, era partito in quarta. Tutta vita vera, dalla prima all’ultima parola: storie di viaggi per le strade americane con il folle amico Dean, di jazz, alcool, ragazze, droga, libertà. Non sapevo come fossero il bepop e la benzedrina, ma lo scoprii presto, e mi comprai un mucchio di dischi di Shearing e Slim Gaillard. Sulla strada è il primo libro che abbia letto – o di cui abbia sentito parlare – con colonna sonora inclusa.»
Questo è stato per decenni il biglietto da visita di On the Road: la storia del rotolo su cui era stato scritto in un solo flusso di parole – il meme diremmo oggi, la minima unità culturale che si trasmette come un virus per imitazione. Piccola parentesi per gli appassionati di musica: nella raccolta The Story of the Clash, troverete una foto di Joe Strummer alla macchina da scrivere che rimanda al meme di cui sopra.
On the Road quindi al momento della pubblicazione in America venne diviso in cinque parti. E non solo. Pare che sia stato lo stesso Kerouac – dopo anni di rifiuti da parte delle case editrici – non solo a tradire l’idea stessa del rotolo continuo ma anche a tagliare molte scene di sesso, sia omosessuale che tra adulti e giovani ragazze, minorenni, pertanto pedofilia. Anni dopo il poeta Allen Ginsberg, amico di Kerouac, avrebbe sostenuto che l’idea originale del rotolo era folle, ma un giorno sarebbe stato pubblicato per quel che era.
Il mito del rotolo però è, per l’appunto, un mito. Dalla corrispondenza di Kerouac oggi sappiamo che ci impiegò del tempo per scrivere On the Road. A cinquanta anni dalla «pubblicazione del romanzo, tuttavia, nell’immaginario culturale collettivo Jack Kerouac e Sulla strada restano associati al resoconto a prima vista delirante di una storia vissuta davvero: l’interminabile rotolo di carta che si dipanava dalla macchina da scrivere come la strada immaginaria; le magliette sudate battendo freneticamente i tasti, stese ad asciugare in casa come bandiere della vittoria. La sferragliante pratica dattilografica di Kerouac si affianca alle furiose pennellate di Jackson Pollock e ai vertiginosi e vorticosi fraseggi di Charlie Parker al sax contralto: una trinità che rappresenta l’esplosione di una nuova cultura post bellica apparentemente fondata su sudore, immediatezza e istinto, più che su gavetta, abilità e sfiancante esercizio.»
I diari di viaggio di Kerouac
C’è tuttavia dell’altro e questo oggi lo sappiamo grazie ai diari di Kerouac.
Kerouac viaggiando tra il 1947 e il 1950 attraverso gli States e il Messico raccoglieva materiale per una storia e ne scriveva in questi termini: un libro «al quale continuo a pensare…di due ragazzi che girano la California in autostop alla ricerca di qualcosa che non riescono a trovare davvero, e così si perdono sulla strada…». Questi due ragazzi sono lo stesso Jack che ha perduto il padre, e l’amico fraterno Neal Cassady, che il padre lo sta cercando. Cunnell ci fa ancora notare, sempre nella stessa introduzione: «Quando pensiamo a Jack Kerouac, l’inverosimile avventura delle tre settimane d’aprile continua a dominare la nostra immaginazione. Il rotolo originale di Sulla strada è il documento chiave della storia di uno dei romanzi più famosi e importanti degli ultimi cinquant’anni, nonché uno dei prodotti più significativi, acclamati e provocatori della letteratura americana contemporanea. Queste pagine vogliono tracciare una storia della composizione e pubblicazione di Sulla strada. Una storia di lavoro, ambizione e rifiuto, ma anche di trasformazione. Sono gli anni in cui Kerouac si trasforma da giovane romanziere promettente nel più grande scrittore sperimentale della sua generazione. Le opere chiave sono due: il rotolo originale di Sulla strada e Visioni di Cody, iniziato nell’autunno dell’anno in cui Kerouac scrisse il rotolo. Essendo il fiore di campo da cui crescerà il giardino magico di Visioni di Cody, il rotolo rappresenta il testo cardine della storia di Jack Kerouac e del suo posto nella letteratura americana. Senza dimenticare, naturalmente, che questa è anche la storia di Neal Cassady».
L’incipit dell’On the Road editato e dato alle stampe è il seguente: «I first met Dean not long after my wife and I split up. I had just gotten over a serious illness that I won’t bother to talk about, except that it had something to do with the miserably weary split-up and my feeling that everything was dead. With the coming of Dean Moriarty began the part of my life you could call my life on the road».
La traduzione italiana del ’59 va così: «La prima volta che incontrai Dean fu poco tempo dopo che mia moglie e io ci separammo. Avevo appena superato una seria malattia della quale non mi prenderò la briga di parlare, sennonché ebbe qualcosa a che fare con la triste e penosa rottura e con la sensazione da parte mia che tutto fosse morto. Con l’arrivo di Dean Moriarty ebbe inizio quella parte della mia vita che si potrebbe chiamare la mia vita lungo la strada».
Nel rotolo originale i nomi non erano stati cambiati. Al momento non ho la versione inglese dell’incipit del rotolo, ma la magistrale e strabiliante traduzione dell’originale fatta da Michele Piumini rende l’idea su come il rotolo viaggiasse su binari diversi, un’altra dimensione, una idea di letteratura molto più originale, basti solo soffermarsi sulla ripetizione iniziale, un tocco di parlato unico che, sono sicuro, farà vivere questo incipit nelle nostre memorie per sempre: «Quando conobbi conobbi Neal mio padre era morto da poco… Ero appena guarito da una malattia grave della quale mi limiterò a dire che aveva certamente qualcosa a che fare con la morte di mio padre e la mia atroce sensazione che tutto fosse morto. Con l’arrivo di Neal cominciò davvero quella parte della mia vita che potremmo chiamare la mia vita sulla strada». In quel “conobbi conobbi” si può vedere, sentire, Kerouac esitare prima di partire, esplodere.
Genesi del romanzo
Il romanzo precedente (il suo primo libro), intitolato La città e la metropoli, era terminato con la morte del padre. Questo vuol dire che On the Road era stato probabilmente concepito come una continuazione. Cunnell asserisce che ci vorrebbe un intero volume per rendere giustizia alla mole di materiale prodotta da Kerouac tra il ’48 e il ’51, mentre lavorava al secondo romanzo. Abbiamo del romanzo tre principali proto-versioni, “Ray Smith Novel of Fall” scritta nel 1948, poi la “Red Moultrie/Vern Pomery jr”, dell’anno successivo, e infine “Gone On The Road” del 1950. Si dovrebbe poi aggiungere una pletora di taccuini e appunti. Da queste bozze e taccuini emerge che la prima intenzione di Kerouac era stata di scrivere un romanzo tradizionale che si basasse sull’interpretazione di ricordi o meglio la creazione di elaborati retroscena che servissero a spiegare le motivazioni che spingevano i suoi personaggi a mettersi in strada. Kerouac cominciò il romanzo prima di mettersi in viaggio, poi poco alla volta i viaggi da lui intrapresi presero il sopravvento sull’idea iniziale. Cunnell spiega: «I crocevia tra il libro immaginato e le esperienze vissute sono i luoghi in cui il profilo di Sulla strada prende forma».
John Clellon Holmes avrebbe poi detto «scriveva lunghi e intricati periodi melvilliani … Avrei dato qualsiasi cosa per scrivere una prosa così travolgente, eppure lui la gettava via, ricominciava, falliva di nuovo nel suo intento, si deprimeva ed era sempre più perplesso». Cunnell aggiunge, pagina IX e X dell’introduzione: «Salvo quegli scrittori, come Melville, Dostoevskij e Joyce, che lo avevano senza dubbio influenzato, nell’immaginario di Kerouac la narrativa, anche e soprattutto quella ben scritta, era legata a questa cultura autocensoria. Le vecchie forme narrative offuscavano il significato, impendendo di scavare sotto la superficie. “Sulla strada” è l’inizio del processo tramite il quale Kerouac smantella ciò che ha imparato come narratore per poi applicarlo radicalmente, allo scopo, ha scritto Holmes, di poter “liberare l’intera gamma della sua coscienza sulla pagina».
In sostanza il lavoro di Kerouac non si concentrava sulla sottrazione, ma neanche tendeva a un furioso lavoro di getto. Kerouac ricercava l’atto creativo, il momento, il movimento dell’anima su carta. Come Prassitele secoli prima aveva tentato di fare con le sue statue, rendendo il languore, la spossatezza, l’abbandono…e fermarlo! Chi e cosa hanno, infatti, veramente influenzato la scrittura di Kerouac, sono state le lettere sgangherate in un inglese improbabile del suo amico – ex galeotto, vagabondo marchetta, ladro di macchine e aspirante scrittore – Neal Cassady.