Gli otto peccati capitali della nostra civiltà. Parte quarta

Il sesto peccato capitale della nostra civiltà è la TRADIZIONE DEMOLITA

Da questo capitolo in poi si comprende perché Konrad Lorenz è universale. Il suo pensiero non può essere collocato da qualche parte, è uno scienziato, vecchio stampo tra l’altro, e in quanto tale mette al primo posto l’oggetto dei suoi studi, l’umanità, e il suo fine ultimo è davvero dare dei consigli per migliorare il suo cammino. Se avete dei figli e volete spiegare loro l’importanza della tradizione e soprattutto salvare il rapporto che avete con loro (da un punto vi vista etologico, tradizione e rapporto genitori figli vanno a braccetto) allora prendete questo capitolo e spiegateglielo. Eh sì, va spiegato, non letto, perché credo che l’attuale evoluzione tecnologica abbia limitato di molto la capacità delle nuove generazioni di comprendere un testo del genere. Certo, se Lorenz fosse ancora vivo, a vedere frotte di esseri umani camminare in strada mentre chattano sui tablet, sarebbe impazzito, o magari se fosse entrato in un bar, pieno di gente che beve ma che non parla perché è sul tablet, avrebbe sicuramente detto: mi sa che non si torna più indietro. 

Alla base di ogni sviluppo culturale c’è un accumularsi di tradizione.  L’accumulazione della tradizione è un fenomeno tipicamente umano ed è dovuto a capacità umane che gli altri mammiferi non hanno, due delle quali sono il pensiero astratto e il linguaggio discorsivo. Dal momento che l’uomo è stato capace di creare dei simboli, di conseguenza ha potuto tramandare la sua esperienza. Questa trasmissione di qualità acquisite ha fatto sì che l’evoluzione culturale fosse di gran lunga più rapida della filogenesi. Abbiamo quindi un’evoluzione binaria, da una parte la “cultura” dell’uomo, dall’altra la “specie” dell’uomo, e la prima è più rapida della seconda. Il metodo mediante il quale alcuni fattori vengono conservati, però, è simile: «Selezione in base a un’approfondita sperimentazione». Lorenz fa anche notare che la selezione che «definisce le strutture e le funzioni di una cultura è meno rigorosa di quella che opera nella filogenesi. Perché l’uomo, nel suo progressivo rendersi padrone della natura che lo circonda, si sottrae a un numero sempre crescente di fattori selettivi».

Copertina del libro di Lorenz intitolato L'anello di Re Salomone
“L’anello di Re Salomone” (qui in edizione Adelphi), sicuramente il testo più conosciuto di Konrad Lorenz.

E aggiunge che nell’evoluzione di una cultura avviene una cosa che non esiste nella filogenesi, cioè la formazione di «forme lussuose di vita» o meglio di strutture nate non per scopi utilitari, nel senso di non utili al fine della conservazione della specie. Secondo Lorenz la sacralità nasce allorquando la tradizione seleziona quali usi e costumi devono rimanere nel patrimonio permanente di una cultura. A suo avviso anche alcune scoperte razionali, tramandate per tanto tempo, possono acquisire carattere religioso. Qui potremmo fare l’esempio del maiale. Secondo la tradizione contadina del sud Italia, ma credo di tutta l’Italia, il maiale si mangia d’inverno e non d’estate. Effettivamente mangiare maiale d’estate affatica il cuore. Questa regola igienico alimentare è razionale, ma in alcune religioni come l’Islam diventa sacra. «Un esame approfondito mostrerà però che la massima capacità di conservare ciò che in una determinata situazione ha dato dei buoni risultati è una qualità d’importanza vitale dell’apparato cui spetta, nell’evoluzione culturale, una funzione analoga a quella del genoma nell’evoluzione specifica».

Lorenz qui ci tiene a specificare che eliminare date norme comportamentali da una cultura può essere pericoloso per l’esistenza della cultura stessa. Intende dire che è molto difficile comprendere quali norme siano conseguenza di una logica e quali norme si siano trasformate in semplici superstizioni.  «Credere che faccia parte del patrimonio stabile di conoscenze dell’umanità soltanto ciò che è comprensibile per via razionale, o addirittura soltanto ciò che è scientificamente dimostrabile, è un errore che comporta conseguenze disastrose.  Ed è anche l’errore che induce la gioventù illuminata dalla scienza a gettare a mare l’ingente tesoro di conoscenze e di saggezza contenuto nelle tradizioni di tutte le antiche culture e nelle dottrine delle grandi religioni universali».

Chi crede di potere cancellare una cultura per fabbricarne una nuova mediante la scienza o un’ideologia, fa lo stesso errore di chi crede di poter creare in laboratorio un nuovo essere vivente. La convinzione che la scienza possa creare dal nulla ha già dato i primi effetti deleteri. «La posizione di gran parte dei giovani di oggi», Lorenz si riferisce agli anni della contestazione giovanile, «verso i genitori è caratterizzata da una forte dose di presuntuoso disprezzo e senza alcuna traccia d’indulgenza. La rivolta della gioventù attuale è basata sull’odio: un odio così forte da ricordarci da vicino il sentimento di odio più pericoloso e più difficile da sradicare, l’odio nazionalista. In altre parole, la gioventù in rivolta reagisce nei confronti della generazione precedente allo stesso mondo in cui di solito un gruppo culturale o etnico reagisce nei confronti di un gruppo straniero e nemico».

Lorenz ritiene che all’origine di tutto ciò ci sia una sorta di disfunzione del processo di sviluppo. Lui dice che la contestazione di quegli anni, anche se molti giovani ideologi l’hanno razionalizzata dandosi come obiettivo l’imperialismo occidentale, non agendo alla stessa maniera contro l’altro imperialismo, quello sovietico, testimonia il fatto che le sue origini sono nella contrapposizione genitori figli nata da un troppo veloce sviluppo culturale e tecnologico. Per millenni i figli sono cresciuti vedendo il padre lavorare. La vittoria dell’industria sul piccolo artigianato e sul mondo contadino ha sottratto la figura del padre dall’ambiente domestico e questo ha avuto conseguenze sul più antico sistema di coesione umana, la gerarchia, che non va intesa con un significato militare (altra disfunzione) bensì come i semplicissimi ruoli all’interno di una famiglia: il padre, la madre, il primo figlio, il secondo e così via dicendo.

La donna ha chiesto libertà e indipendenza, cose legittime, cioè un ruolo, ma già lo aveva, è stato il sistema capitalistico a togliere la figura del padre e a soppiantare quello della madre spingendo poi la donna alla reazione che ha creato un’ulteriore disfunzione, è scomparsa anche lei dalla famiglia. «Il riconoscimento della superiorità gerarchica non è d’impedimento all’amore. Tutti noi dovremmo ricordare che, quando eravamo bambini, le persone dai noi predilette non erano quelle di rango uguale o inferiore al nostro, ma quelle che consideravamo superiori e a cui eravamo sottomessi». E ancora: «Vedere nell’esistenza di un naturale rapporto gerarchico tra due uomini una frustrazione che diventa impedimento alla formazione di sentimenti affettivi è una delle colpe maggiori della dottrina psuedo-democratica. Dove manca questa gerarchia non potrà esservi neppure la forma più naturale di amore, quella che normalmente unisce fra loro i membri di una famiglia. A causa di questo principio educativo della non frustrazione, migliaia di bambini sono diventati dei nevrotici infelici». Infatti, un ragazzo in età puberale cerca la gerarchia, non trovandola nella famiglia, egli entra nelle bande giovanili con tutte le conseguenze che ben si conoscono. «Soltanto quando si ama una persona dal più profondo dell’anima, e al tempo stesso la si rispetta, si è in grado di fare propria la sua tradizione culturale». In sostanza, eliminare la tradizione significa tornare indietro nel processo evolutivo comportamentale, continuando a tenere in mano però dei pericolosissimi giocattoli tecnologici moderni.  Un po’ come mettere una pistola in mano a un uomo delle caverne. E ora pensate ai ragazzini che si armano fino ai denti ed entrano nei college americani facendo stragi. Quella non è semplicemente l’America, quello è il futuro.  

Leonard Cohen sintetizza tutto ciò in versi, il suo bel pezzo “The Future”.

Il settimo peccato capitale della nostra civiltà è l’INDROTTINAMENTO

Il confronto tra un’idea e la realtà circostante è alla base del sapere. In sostanza prima ci si forma un’idea riguardo a una cosa, poi «con l’esperienza  e con i dati successivamente registrati dai nostri sensi si giudica, secondo che questi fattori coincidano o meno, se l’idea che ci eravamo formata è giusta o sbagliata».  In sostanza questo è ciò che in campo scientifico si definisce formulazione dell’ipotesi e verifica, e nella storia dell’uomo questo confronto tra la regola interiore e quella che vige nel mondo esterno «rappresenta probabilmente il metodo di gran lunga più importante grazie al quale un essere vivente è in grado di giungere alla conoscenza».

Si tenga presente però che l’ipotesi e la verifica non sono ben distinte ed è giusto che sia così, «Nell’edificio della conoscenza l’ipotesi è un’impalcatura, e il costruttore sa sin dall’inizio che nel corso dei lavori dovrà toglierla». Questa ipotesi deve essere provvisoria cioè deve dare la possibilità di essere confutata giacché la “verità” è «quell’ipotesi di lavoro che si presta meglio ad aprire la strada a un’altra ipotesi che riesce a spiegare di più». Se così non fosse, il sapere si fermerebbe, la conoscenza si fermerebbe, l’evoluzione dell’uomo si fermerebbe. Tuttavia noi ci rifiutiamo di accettare questo fatto considerando alcune cose come certezze. Se queste convinzioni che abbiamo le valutiamo da un punto di vista psicologico, non possiamo che indicarle a tutti gli effetti come una fede.
«Quando un’ipotesi è stata sufficientemente verificata a livello sperimentale così da meritare il nome di teoria, e quando si può presumere che questa teoria non venga più modificata nei suoi principi fondamentali ma soltanto completata da ipotesi supplementari, noi crediamo fermamente in essa. Questa credenza non è nemmeno dannosa, poiché una teoria così isolata conserva una sua verità in un determinato ambito anche qualora si dimostrasse meno universale di quanto non si credesse al momento in cui fu formulata».

Il nocciolo di questo ragionamento è comunque il seguente: si osserva la realtà, si fa una ipotesi e mediante la sperimentazione si cerca di raggiungere una teoria, e fin qui è tutto legittimo e fa parte dei meccanismi dell’evoluzione umana. Il problema sorge tra teoria e società di massa, cioè quando una teoria diventa una convinzione e viene supportata da tanta di quella gente da trasformarsi in dottrina che in quanto tale non può più essere messa in discussione. È con la dottrina insomma che si ferma il cammino del pensiero umano. E il pilastro portante della dottrina sono i mass media. 

«La maggior disponibilità degli uomini all’indottrinamento, l’aumento di individui uniti in un unico gruppo culturale, insieme con il perfezionamento dei mezzi tecnici di persuasione dell’opinione pubblica, provoca una uniformità di idee quale non si era mai vista in nessuna altra epoca della storia. Inoltre la capacità di suggestione esercitata da una dottrina ritenuta assolutamente vera cresce con il numero dei suoi seguaci, forse addirittura in proporzione geometrica. Già oggi un individuo che si sottrae deliberatamente all’azione dei mass media, per esempio della televisione, è considerato in molti luoghi un caso patologico. Tutti quelli che vogliono manipolare le grandi masse vedono di buon occhio questi effetti riduttivi della personalità. I sondaggi di opinione, la tecnica pubblicitaria e la moda abilmente orientata servono ai grandi industriali del mondo occidentale e ai funzionari di oltrecortina per conquistare lo stesso tipo di potere sulle masse».

L’ottavo peccato capitale della nostra civiltà è l’ATOMICA.

Lo riporto in due parole. Per Lorenz il riarmo è pericoloso, ma molto più facilmente evitabile di tutto ciò che ha illustrato fino ad ora.

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