In Gli otto peccati capitali della nostra civiltà (ed. Adelphi), siamo agli inizi degli anni settanta, l’autore, l’etologo Konrad Lorenz fa un intervento alla radio. Lui è un naturalista, ma il taglio che dà al suo discorso è quello di un sermone. Lorenz parla degli otto peccati capitali della nostra civiltà come otto sono in origine i peccati nella chiesa romana – l’ottavo era la tristezza.
L’esimio etologo venne pertanto subissato di lettere in cui gli veniva chiesto di scrivere un saggio che riportasse per interno il suo discorso. Così nasce questo libro, che a mio avviso a distanza di più di quaranta anni è una doverosa lettura giacché Lorenz dimostra, da un punto di vista naturalistico, quanto la tanto sbandierata ideologia del turbo capitalismo sia semplicemente sbagliata, porta all’estinzione della specie.
Il primo capitolo è una sorta di introduzione…
Lorenz parla delle «caratteristiche strutturali e disfunzioni dei sistemi viventi», questo il titolo, i peccati sono «otto processi distinti collegati da un rapporto di causa-effetto» che senza una delucidazione sulle caratteristiche sopradette difficilmente si comprendono nella loro drammaticità.
La sua scienza, l’etologia, studia i comportamenti sia animali sia umani come «funzioni di un sistema che deve la sua esistenza e la sua forma specifica a un processo storico svoltosi nel corso della filogenesi, dello sviluppo dell’individuo e, nel caso dell’uomo, dell’evoluzione culturale». Ogni sistema ha pertanto delle funzioni che sono i comportamenti, il motivo per cui in un sistema ci siano determinati comportamenti è oggetto di studio in termini di scienza naturale. In questi sistemi c’è da considerare anche la componente del “divenire organico” che si basa su, primo, processo di mutazione, secondo, ricombinazione dei geni, terzo, selezione naturale. Quest’ultima, la selezione naturale, è un concetto tanto amato dai fautori del turbo capitalismo. Lorenz spiegherà perché non hanno capito. La selezione naturale determina «un vero e proprio processo cognitivo attraverso il quale l’organismo incorpora l’informazione contenuta nell’ambiente». Parliamo dell’adattamento, cioè di come il soggetto comprende l’ambiente e tenta di sopravvivere. Se il cervello si nutre solo di un tipo di comunicazione, quale quella televisiva, che è veloce e sintetica, consequenzialmente troverà difficoltà ad affrontare altri tipi di comunicazione, quale la lettura.
Il compito dell’etologo, di fronte a un sistema di comportamenti, ai comportamenti in senso stretto, è porsi la seguente domanda: a che scopo? Se un carnivoro ha le zanne, l’etologo si chiede perché, lo scopo. La risposta è: per il comportamento di afferrare la preda. Ma l’etologo va oltre, a che scopo le zanne sono arcuate? Per dilaniare la carne. E così via dicendo. Proviamo a porre questa domanda all’uomo civilizzato, ai suoi comportamenti. «Quale scopo possono avere per l’umanità il suo smisurato moltiplicarsi, l’ansia competitiva che rasenta la follia, la corsa ad armamenti sempre più micidiali, il progressivo rammollimento dell’uomo inurbato, ecc?» La spiegazione di Lorenz è di una lucidità sconvolgente, la riporto: «A un esame più attento quasi tutti questi fatti negativi si rivelano però essere disfunzioni di meccanismi comportamentali ben determinati che in origine esercitavano probabilmente un’azione utile ai fini della conservazione della specie. In altre parole, essi vanno considerati alla stregua di elementi patologici». Alla base del comportamento sociale dell’uomo, c’è il suo sistema organico che è il più complesso in natura. Comprenderlo potrebbe sembrare arduo e difficile giacché si sono susseguiti “molteplici e imprevedibili fenomeni patologici” che si sono sovrapposti al comportamento umano e lo hanno modificato.
Ma Lorenz ci spiega che «lungi dal costituire un ostacolo insormontabile ai fini dell’analisi di un sistema organico, una sua disfunzione patologica rappresenta spesso la chiave per poterlo comprendere». La storia della medicina ci insegna che si è sempre partiti da uno stato di malattia per comprendere la disfunzione patologica che ha portato poi i medici a scoprire determinati sistemi organici. Grazie allo studio della tiroide e ai primi tentativi di curarla si è compreso che le «ghiandole a secrezione interna formano un sistema in cui tutte le componenti interagiscono secondo un rapporto di causa-effetto. Ogni secrezione che le ghiandole endocrine immettono nel circolo ematico esercita sull’organismo un’azione assolutamente specifica, che può riguardare il ricambio, i processi della crescita, il comportamento o altro».
Due ormoni possono essere antagonisti e far sì che interagendo possano muovere due muscoli, cioè un arto. Anche se antagonisti, quindi, c’è un’armonia. E finché c’è armonia, non si «nota che il sistema delle ghiandole endocrine si compone di funzioni parziali».
Se l’arto si ferma, salta quest’armonia, allora si comprende il sistema composto di funzioni parziali. Lorenz si sofferma su questo perché «dal sistema endocrino e dalla storia delle ricerche eseguite su di esso, emergono indicazioni preziose per affrontare nel modo migliore il compito di interpretare nel suo insieme il sistema degli impulsi dell’uomo».
E aggiunge: «Appare evidente che nell’uomo le fonti autonome degli impulsi sono in numero straordinario, e molte di esse sono riconducibili a programmi comportamentali di derivazione filogenetica, ossia agli istinti».
Inoltre, ammettendo di avere avuto torto in passato definendo l’uomo «come essere dagli istinti ridotti», giunge ad affermare che «dopo uno studio sui mammiferi altamente evoluti, possiamo supporre che l’uomo disponga, rispetto agli altri animali, di un numero maggiore, e non già minore, d’impulsi prettamente istintivi». I sistemi parziali di un insieme organico agiscono reciprocamente in maniera cosi stretta che non è facile delimitarne le rispettive funzioni. Nessuna di esse può essere concepita al di fuori del sistema di appartenenza, e neanche le strutture dei sistemi parziali sono facilmente comprensibili.
Impulsi e circuiti regolatori
A questo punto Lorenz cita Paul Weiss per fare chiarezza su ciò che abbiamo appena detto: «È un sistema tutto ciò che è sufficientemente unitario da meritare un nome».
Nell’uomo questi impulsi sufficientemente unitari da meritare un nome sono tanti e il linguaggio lo dimostra: «Odio, amore, amicizia, ira, fedeltà, affetto, diffidenza, fiducia, ecc, esprimono tutte uno stato caratterizzato dalla tendenza ad assumere un dato comportamento. Lo stesso può dirsi per i termini coniati dall’etologia, come aggressività, gerarchia, territorialismo, ecc., oltre a quelli che indicano una data disposizione affettiva, come l’impulso alla cova, all’accoppiamento, al volo, ecc». In sostanza Lorenz dice che a ogni parola tra quelle suddette (chiaramente ce ne sono altre) corrisponde un reale sistema d’impulsi. Le parole suddette e i comportamenti che indicano, come i luoghi fisici da cui originano, funzionano all’interno di un sistema, ma non singolarmente. L’eccessivo amore rovina i bambini come l’eccessiva fedeltà abbiamo visto che conseguenze catastrofiche ha avuto durante il nazismo.
Per comprendere come questi impulsi funzionino, Lorenz parla dei “circuiti regolatori”. I circuiti possono essere di due tipi: precari o stabili.
1) Per comprendere il funzionamento del primo immaginiamo un apparato funzionale a,b,c,d, dove “a” aiuta “b”, “b” aiuta “c”, “c” aiuta “d” e “d” torna indietro ad aiutare “a”. Questo circuito è detto anche a “retroazione positiva”. Se si rafforza un elemento, si rafforzano tutti gli altri a valanga. Se se ne indebolisce uno, s’indeboliscono tutti gli altri fino all’estinguersi di ogni attività. Non appena lo si tocca si hanno pertanto due effetti estremi che distruggono totalmente l’armonia preesistente ed ecco perché è detto precario. Questi circuiti sono rarissimi in natura.
2) Il secondo circuito è detto stabile o a “retroazione negativa”. Il sistema precario è possibile trasformarlo in stabile «basta introdurre nel circuito un solo elemento che eserciti su quello successivo della catena un’azione inversamente proporzionale a quella che su esso stesso esercita l’elemento precedente».
Senza i circuiti regolatori la vita sul nostro pianeta non sarebbe stata possibile. Come abbiamo già detto il primo circuito è molto raro in natura ed è possibile osservarlo lì dove si ha un rapido incremento seguito da un rapido esaurimento. «Analoghe caratteristiche hanno alcuni disturbi patologici della società umana».
Lorenz comincia a elencare gli otto peccati della nostra civiltà
Il primo è la SOVRAPPOPOLAZIONE. La conoscenza che l’uomo ha acquisito porterà da una parte a lenire le sofferenze ma dall’altra sarà la sua rovina. Il destino che toccherà all’uomo è quasi sconosciuto ai sistemi viventi: l’autosoffocazione. Andando verso questa autosoffocazione si estingueranno dapprima quegli elementi spirituali tipicamente umani e che lo distinguono dagli altri esseri viventi, un processo che si può ben notare nelle profonde differenze che contrappongono le caratteristiche comportamentali dell’uomo che vive da solo in campagna e dell’uomo che vive in città. Quest’ultimo a causa della sovrappopolazione che lo circonda ha sviluppato un individualismo estremo a discapito di alcuni sentimenti quali l’accoglienza, l’amore, il calore umano e via dicendo. Se alle parole corrisponde un reale sistema d’impulsi, è chiaro che nell’uomo inurbato questo sistema è stato toccato proprio perché non prova più alcuni sentimenti. C’è un rapporto causa-effetto tra l’aumento della massificazione delle persone e l’aumento dell’indifferenza nell’individuo. E l’indifferenza non è di certo compatibile con quel sistema che ha regolato la vita fino ad oggi sul nostro pianeta.