Babylon, le ragioni di un flop immeritato

Il 19 gennaio è arrivato nelle sale italiane Babylon di Damien Chazelle, oltre  tre ore di rutilante spettacolo ambientato a cavallo tra gli anni Venti e Trenta, nel passaggio dal cinema muto a quello sonoro. Doveva essere uno dei titoli di punti della stagione, si è rivelato un colossale fiasco con meno di 20 milioni di dollari incassati a fronte di un budget di 100 milioni stimati, e uno scarso riscontro fin qui nella stagione dei premi. Per Chazelle, premio Oscar per La La Land, considerato a 37 anni uno dei talenti più in vista in quel di Hollywood, un brutto smacco, e c’è chi già fa paragoni con altri illustri talenti decaduti e reietti come Michael Cimino, con pesanti ricadute per la carriera. Noi ci schieriamo subito: Babylon è un capolavoro, uno dei film più importanti degli ultimi anni, e qui proviamo a spiegare perché a nostro avviso la sua cattiva accoglienza fosse quasi inevitabile.

It’s not american dream

Ai pragmatici statunitensi, si sa, piace raccontare storie di successo, di persone che nonostante tutti gli ostacoli della vita ce la fanno: è l’American Dream, gli Usa come terra di opportunità per chiunque ha un’idea, un sogno da realizzare. Ebbene, Babylon va nella direzione opposta, racconta il viale del tramonto di un’epoca e chi ha contribuito a edificarla, la fine della gloria, la decadenza inevitabile: un film triste e disperato dietro la patina di euforia, in cui lo forma si fa sostanza, lo stile si fa contenuto. Ecco allora che in Babylon va in scena uno spettacolo ininterrotto che non risparmia eccessi, volgarità, squilibri e deragliamenti, con situazioni che ti aspetteresti in film di natura comico-demenziale come quelli dei Frat Pack. Ma qui non si ride, quando la giostra si ferma resta per i protagonisti lo spaventoso abisso delle proprie fragilità, debolezze, disillusioni.

Un film contro l’industria di oggi?

Ma c’è una ragione ancora più profonda per cui Babylon non poteva che essere un flop: Chazelle ha realizzato un’opera ferocemente anti borgese, anti intellettuale e anti moderna, intesa quest’ultima come la moderna Hollywood. La scelta di mascherare con un tono da commedia una narrazione da tragedia svela l’intento del regista di stare dalla parte dei suoi protagonisti, viziosi ma liberi, dissoluti ma sinceri, trasgressivi ma genuini, un vero e proprio dito nell’occhio alla odierna Hollywood che vuole moralizzare la società, testa di ponte di una cultura liberal che promuove la woke culture e il politicamente corretto in ogni ambito, più per ipocrisia che per sincera adesione. La Hollywood con i party che iniziano alle 18 e finiscono alle 22, con il menù vegano e biologico, con i discorsi ecumenici a favore di ogni minoranza identitaria. Così pervicacemente dalla parte giusta da risultare antipatica. Questa è la vera colpa di Chazelle, aver dichiarato guerra ai nobili, edificanti intenti dell’industria odierna schierandosi con chi sta dalla parte sbagliata, non giudicandoli come dei mostri puntando il dito, ma restituendoli in tutta la loro profonda umanità. Era Babylon, ma era autentica, con tutto il suo carico di fragilità dietro la follia.