Disperata e disposta a tutto pur di salvare il matrimonio, una donna cinese assume una professionista per andare sotto copertura e interrompere la relazione del marito e quella della sua amante; con un avvicinamento sorprendentemente intimo, a metà tra documentarismo e cinema verité, Mistress Dispeller segue il dispiegarsi di questo dramma familiare esplorando tutti gli angoli di un (in)solito triangolo amoroso.
Da qualche tempo a questa parte, in Cina è nata una nuova industria che si occupa di aiutare le coppie a rimanere sposate di fronte all’infedeltà. Wang Zhenxi è una di queste professioniste, una dissipatrice di amanti, che viene ingaggiata per mantenere i legami del matrimonio e rompere le relazioni che lo mettono in discussione con ogni mezzo necessario. Con un approccio ravvicinatissimo rispetto a drammi privati – solitamente nascosti dietro porte chiuse delle proprie abitazioni – Mistress Dispeller segue un caso reale di infedeltà e il conseguente tentativo di Wang di riportare sui binari un rapporto coniugale in profonda crisi.
La loro storia sposta l’attenzione dello spettatore tra marito, moglie e amante, per esplorare i modi in cui le emozioni, il pragmatismo e le norme culturali si scontrano per dare forma alle relazioni romantiche nella Cina contemporanea.
“Amo le storie d’amore da sempre. Essendo cresciuta a Hong Kong, la sezione romantica del nostro negozio di film a noleggio era sempre il primo posto in cui andavo a guardare. Sono diventata grande guardando Camera con vista, Notting Hill, Moulin Rouge e Lost in Translation e, come accaduto a molti altri nel mondo, queste visioni idealizzate del romanticismo hanno plasmato la mia” dice Elizabeth Lo, regista dell’opera.
E aggiunge: “Tuttavia, l’esperienza dell’amore all’interno della mia famiglia era notevolmente diversa da quella che vedevo rappresentata in questi film, legata com’era al sacrificio, al dovere e a ciò che rimaneva non detto. Come regista, volevo vedere questo tipo specifico di amore attraverso la mia telecamera, e usare una crisi di infedeltà come ingresso per scoprire in che modo le emozioni vengono espresse e vissute nella mia vita.”
Il film è ambientato nel mondo del mistress dispelling, una nuova “industria dell’amore” specializzata nel porre fine alle relazioni tra i coniugi sposati e i loro amanti, emersa nell’ultimo decennio in Cina in risposta all’aumento dei tassi di adulterio (cresciuti di pari passo con l’economia del Paese); per un compenso che può partire da decine di migliaia di dollari, un dissipatore di amanti viene in genere assunto per due o tre mesi da uno dei due sposi per infiltrarsi nella vita dell’amante, al fine di ottenere la sua fiducia sotto falsa identità e influenzarlo nelle decisioni, per poi fare in modo che sia l’amante stesso a porre fine alla relazione di sua spontanea volontà.
I clienti della professoressa Wang sembrano adorarla e fidarsi di lei – comprese le amanti, con cui riesce al termine del percorso a stringere amicizia – e questo permette alla regista di ottenere un accesso privilegiato nei confronti di tutti quegli aspetti che altrimenti rimarrebbero questione privata, nascosta dalla vergogna e dal pudore familiare.
Nel filmare questa storia d’amore frammentata, Elizabeth Lo riesce a far emergere un qualcosa di indefinibile che riguarda la nostalgia, la solitudine e il rimpianto: rifuggendo dal movimento della macchina da presa e mantenendo le inquadrature fisse per un tempo non convenzionale, Lo costruisce un film del reale nel quale la signora Li e Fei Fei (rispettivamente moglie e amante) possano sentirsi abbastanza a loro agio da rivelare gli strati più profondi di loro stesse, mentre lottano con carenze che appartengono al vissuto di ognuno di noi: la repressione delle emozioni, la difficoltà di espressione, l’eccitazione della conoscenza, il timore dell’abbandono.
Il film riesce poi a sorprendere, e a diventare qualcosa di più di un curioso esperimento, quando Lo imbastisce con maestria un discorso che scavalca gli orizzonti del feuilleton, mostrando come l’industrializzazione cinese non risparmi neanche il mercato dei sentimenti, quasi come se il controllo e la distorsione del reale riguardasse l’essere umano prima ancora del cittadino (e a questo proposito non sono affatto casuali i frequenti intermezzi che mostrano agenzie d’incontri e spazi urbani completamente asserviti alla creazione di relazioni matrimoniali).
Per i paesaggi sconfinati della Cina, la regista sceglie una colonna sonora che spazia dalla Madama Butterfly di Puccini alla band indie francese Odezenne, per trasmettere l’eterna attrazione tra connessione e conformità, dovere e desiderio, passato e presente; estremi che abitano in ognuno di noi e che definiscono in maniera molto coerente la Cina di oggi.