Presentato alla 79esima Mostra del Cinema di Venezia in concorso, The Son è il secondo titolo della trilogia familiare che il drammaturgo francese Florian Zeller adatta per il grande schermo dalle sue acclamate opere teatrali: La Mère del 2010, Le Père del 2012 e Le Fils del 2018. Il primo, The Father, ha segnato il debutto di Florian Zeller alla regia e al contempo il suo ingresso nella Hollywood che conta. Ottiene, infatti, il premio Oscar 2021 per il miglior script non originale insieme a Chistopher Hampton (sceneggiatore di Le relazioni pericolose ed Espiazione), co-sceneggiatore anche di The Son. Torna per un cammeo anche il protagonista di The Father, Anthony Hopkins, che nel 2021 porta a casa la seconda statuetta come miglior attore.
Il punto di vista di The Son è, in realtà, sempre quello di un padre. Peter (Hugh Jackman), avvocato di successo, ha da poco avuto un bambino con la compagna Beth (Vanessa Kirby), quando l’ex moglie Kate (Laura Dern) gli chiede di prendersi cura del figlio Nicholas (Zen McGrath), che dopo il loro doloroso divorzio non vuole più stare con lei e vive un malessere difficile da decifrare.
Peter, deciso a non compiere con Nicholas gli stessi errori che suo padre (Anthony Hopkins appunto) ha fatto con lui, cerca di ristabilire un rapporto con il figlio. La convivenza però non porta gli esiti sperati. Peter, come del resto l’ex moglie, non sembra avere gli strumenti per comprendere la gravità e la profondità del disagio psichico di Nicholas, che salta la scuola, sta sempre solo e confessa di sentirsi inadatto alla vita.
Laddove The Father riusciva a trovare soluzioni visive e narrative potenti per rappresentare la condizione mentale del protagonista, The Son si limita a percorrere gli stilemi del convenzionale dramma di interni, procedendo col pilota automatico verso un prevedibile finale. Zeller mantiene una rispettosa, ma fin troppo prudente, distanza dal disturbo di Nicholas e preferisce concentrarsi sulle dinamiche – certamente credibili – che agitano gli adulti, in particolare il padre. L’amore e le buone intenzioni che animano Peter, Kate e Beth non bastano per affrontare la depressione, ci dice il drammaturgo, ma tutto resta in superficie. L’adattamento di Zeller questa volta non incide, non concede respiro cinematografico a uno script ripiegato su sé stesso, dove anche un buon cast non spicca.