Torna in concorso, con About Endlessness, a Venezia 76, Roy Andersson, il regista svedese che nel 2014 vinse a sorpresa il leone d’Oro con un film dal titolo wertmülleriano, Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza.
About Endlessness (OM DET OÄNDLIGA – SULL’INFINITO) è una riflessione sulla vita umana in tutta la sua bellezza e crudeltà, splendore e banalità. Trasportati in un sogno, siamo guidati dalla gentile voce narrante di una Sherazad. Momenti irrilevanti assumono lo stesso significato degli eventi storici: una coppia fluttua su una Colonia devastata dalla guerra; mentre accompagna la figlia a una festa di compleanno, un padre si ferma per allacciarle le scarpe sotto una pioggia battente; ragazze adolescenti ballano all’esterno di un caffè; un esercito sconfitto marcia verso un campo di prigionia. Ode e lamento al tempo stesso, About Endlessness è un caleidoscopio di tutto ciò che è eternamente umano, una storia infinita sulla vulnerabilità dell’esistenza.
Regista svedese dallo stile personalissimo, Andersson mette al centro del suo universo filmico l’essere umano cercando di mostrare le dinamiche affettive che s’instaurano nelle relazioni quotidiane. Se Una storia d’amore, suo esordio del 1970, mantiene i canoni di un cinema convenzionale, saldamente ancorato alla regia tradizionale, il suo allontanamento dal set, durato venticinque anni e causato da un flop al botteghino, ha raffinato il suo sguardo rendendolo unico e dirompente. Quella che è considerata la sua trilogia “sull’essere un essere umano” culmina con la consacrazione del Leone d’Oro per Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza del 2014: il regista porta all’estremo la sua poetica pittorica cercando, nella sua opera, che ogni inquadratura sia la migliore possibile.
About Endlessness (l’infinità del titolo è quella dei segnali dell’esistenza umana), promette di ricalcarne lo stile: è ancora una volta una raccolta di quadri viventi, apparentemente scollegati, giocati sul paradosso e sulla giustapposizione di tragedia e humour urticante. “È una riflessione sulla vita in tutta la sua bellezza e crudeltà, il suo splendore e la sua banalità”, specifica il regista. Il racconto mette sullo stesso piano fatti insignificanti, come la vicenda di un prete che, dopo aver perso fede e speranza, cerca conforto in uno psichiatra interessato solo a non perdere l’autobus, ed eventi storici, come un esercito sconfitto che marcia verso un campo di prigionia. “Il tema principale del mio lavoro è la vulnerabilità degli esseri umani”, ha detto il regista. “Penso che la verità sia spesso buffa. Sono stato ispirato da Miloš Forman, Jiří Menzel e altri autori cechi che ci hanno mostrato l’esistenza in tono umoristico dipingendo non perdenti, ma persone un po’ perdute.”
“La cornucopia è il mitico corno di una capra, ed è ricolma di simboli di ricchezza e abbondanza. – continua il regista – Di solito è rappresentata traboccante di prodotti e di frutta di ogni genere: un’abbondanza generosa che, secondo il mito, non diminuisce mai, perché vera e propria rappresentazione dell’inesauribilità infinita. È stato il mito greco a ispirarmi a unire tutte queste scene, tutti questi temi in uno stesso film. Io voglio sottolineare la bellezza di essere vivi e umani, ma per dimostrarlo ci vuole un contrasto, bisogna rivelare anche il lato peggiore.“
Cercare di trovare un senso nello scorrere della vita
immersa nel quotidiano porta al totale fallimento: il regista mostra i suoi
personaggi in modo statico, rinchiusi in set che non mutano, che portano alla
consunzione, eliminando ogni artificio tecnico dell’istanza narrante. Non c’è
via d’uscita, anche se il personaggio si rivolge allo spettatore che rimane
spiazzato da questa visione totalmente in antitesi al linguaggio
cinematografico iperattivo contemporaneo. Viene messa in discussione la società
capitalistica priva di valori, portata all’autodistruzione, dove la vita umana,
i sentimenti e il bene comune vengono annientati in nome dell’accumulo di
ricchezza. Il paradosso della vita nella fragilità.
About Endlessness è un film
sull’infinità dei segni dell’esistenza.
OM DET OÄNDLIGA (SULL’INFINITO)
Venezia 76 Concorso
Regia: | Roy Andersson |
Produzione: | Roy Andersson Film Produktion (Pernilla Sandström, Johan Carlsson), Essential Films (Philippe Bober), 4 1⁄2 Fiksjon (Håkon Øverås) |
Durata: | 76’ |
Lingua: | svedese |
Paesi: | Svezia, Germania, Norvegia |
Interpreti: | Jan-Eje Ferling, Martin Serner, Bengt Bergius, Tatiana Delaunay, Anders Hellström, Thore Flygel |
Sceneggiatura: | Roy Andersson |
Fotografia: | Gergely Pelos |
Montaggio: | Johan Carlsson, Kalle Boman, Roy Andersson |
Scenografia: | Studio 24 |
Costumi: | Julia Tegström, Isabel Sjöstrand, Sandra Parment |
Suono: | Robert Hefter |