Venezia 75 – Suspiria, il non remake di Luca Guadagnino

Tra i titoli più attesi della 75esima Mostra del Cinema di Venezia c’è senza dubbio Suspiria di Luca Guadagnino, in cerca di un riconoscimento al festival nostrano dopo i fischi ricevuti al Lido dai primi due capitoli della sua “trilogia del desiderio” – Io sono l’amore e A bigger splash – ma anche dopo la ribalta internazionale ottenuta da Chiamami col tuo nome.

Ossessionato dall’originale Suspiria di Dario Argento, Guadagnino ha impiegato almeno dieci anni per realizzare la sua personale rivisitazione del capolavoro scritto dal maestro italiano dell’horror e Daria Nicolodi, co-prodotta da Amazon Studios che lo distribuirà in America prima di approdare su Amazon Prime Video.

 

Suspiria di Luca Guadagnino
Credit Alessio Bolzoni Courtesy_of_Amazon_Studios

 

Ambientato nel 1977 – anno di uscita del film di Argento – sempre in Germania ma a Berlino, anziché Friburgo, Suspiria si nutre apertamente del nuovo contesto scelto dal regista palermitano. Ci troviamo infatti in una Berlino ancora provata dagli orrori del secondo conflitto mondiale e lacerata al suo interno da un Muro che divide famiglie, oltre che due pezzi di mondo. È la stagione dell’autunno tedesco segnato dalle azioni terroristiche della Rote Armee Fraktion, seconda generazione della Banda Baader-Meinhof, tra rapimenti e dirottamenti aerei.

Ed è in questo clima non riconciliato e tumultuoso che Patricia (Chloë Grace Moretz), una delle allieve della prestigiosa Helena Markos Tanz Company, si reca dal suo psicoterapeuta, l’anziano Jozef Klemperer, sempre più in preda alla paranoia, con un diario in cui “vaneggia” di streghe alla guida dell’Accademia e di lotte intestine per assicurarsi il comando delle forze oscure. Patricia scompare subito dopo, sospettata di essere entrata a far parte della RAF, lasciando il dottor Klemperer – inseguito dal ricordo della moglie Anke, scomparsa negli anni delle deportazioni naziste – in preda ai dubbi, ma deciso a scoprire la verità sul destino della giovane paziente.

A sostituire Patricia arriva, non a caso, dall’America Susie Bannion (Dakota Johnson), aspirante ballerina autodidatta che non può contare su alcuna referenza o formazione accreditata perché cresciuta in una famiglia anabattista dell’Ohio. Dalla sua ha però un talento naturale tale da permetterle di entrare immediatamente nelle grazie della direttrice Madame Blanc (la musa di Guadagnino Tilda Swinton, un po’ Pina Bausch, un po’ Martha Graham e Mary Wigman), che le assegna subito il ruolo di prima ballerina nella sua famosa coreografia Volk, ideata durante il nazionalsocialismo. Ciò che accadrà in seguito nel film – altre sparizioni, il rapporto sempre più stretto tra Susie e madame Blanc, l’indagine dell’allieva Sara (Mia Goth) – non farà altro che legare sempre più in maniera indissolubile la dimensione stregonesca della scuola fin da subito esplicitata (al contrario dell’originale) a quella legata a un’esplorazione visiva dell’inconscio individuale e collettivo.

recensione di Suspiria di Luca Guadagnino

Photo: Sandro Kopp/Amazon Studios

Nel cinema di Guadagnino l’arte costituisce una componente fondamentale nei rapporti tra i suoi personaggi. E così è anche in Suspiria, dove la danza è sia potente espressione dei rituali di stregoneria che strumento di riappropriazione viscerale del corpo e della femminilità (gli anni Settanta sono centrali anche per il movimento femminista), simbolo di una necessaria rottura con gli schemi del passato.

Sostenuto dallo script di David Kajganichche, che già aveva firmato la sceneggiatura di A bigger Splash, dal montaggio del fidato Walter Fasano, dalla fotografia di Sayombhu Mukdeeprom e dai costumi di Giulia Piersanti (entrambi già in Chiamami col tuo nome), il regista palermitano si allontana dalle architetture e dai colori saturi del film argentiano per realizzare un’opera totalmente personale, omaggio ed estensione di quel mondo – rievocato da un cameo della protagonista dello Suspiria di Argento, Jessica Harper – che fa esplicito riferimento al lavoro e ai ritratti femminili del regista Reiner Werner Fassbinder

La mitologia delle Tre Madri (Mater Suspiriorum, Mater Tenebrarum e Mater Lacrimarum) è ripresa, metaforizzata e stratificata in più livelli di lettura che lo spettatore ha il compito di decifrare e ricomporre. Guadagnino mette molta carne al fuoco, forse troppa, imbastendo una riflessione per immagini che dal rimosso della coscienza tedesca sull’Olocausto arriva a toccare in maniera centrale il tema della maternità. Una madre che è figura insostituibile ma anche ambivalente, generatrice di arte, vita e morte. 

Il Suspiria di Luca Guadagnino è un horror cerebrale che, scandito in sei atti e un epilogo, mira più a disturbare che non semplicemente a spaventare. Più della tensione costruisce un’atmosfera inquietante, costantemente plumbea nei colori, nelle scenografie e nella musica affidata a Thom Yorke, puntando a scuotere con la rappresentazione dell’orrore.