Venezia 75 – Acusada

Siamo a Buenos Aires, Argentina, ambiente affluente, spazi e décor senz’anima, impassibili come il volto di Dolores: l’efferato omicidio è avvenuto, lo si intuisce, durante una serata free, dove tutto è possibile e nulla proibito, fra comuni ventenni, a vederli ragazzi di buona famiglia. Dolores vive la vita della studentessa agiata fino a quando la sua migliore amica viene assassinata brutalmente. Due anni più tardi, è l’unica sospettata di un crimine che, catalizzando l’attenzione mediatica, la pone sotto i riflettori.

Dolores trascorre le sue giornate preparandosi al processo, reclusa nella propria casa mentre i genitori fanno di tutto per difendere la figlia. Non basta avere il migliore avvocato; i genitori controllano ossessivamente tutto quanto ruota attorno alla ragazza: il suo sguardo, quello che fa, quello che mangia e chi vede. Ma mentre la data del processo si avvicina e la tensione cresce, nella famiglia si fa strada il sospetto e affiorano segreti.

Con le spalle al muro, sempre più isolata e proprio quando ogni minimo errore potrebbe risultare fatale, Dolores mette l’intera strategia a rischio.

Nel corso degli ultimi anni, sbalordisce vedere con quanta fascinazione sono seguiti i casi di cronaca nera proposti dai media. E doppiamente sbalorditi considerando che, a dispetto della consapevolezza del fenomeno e della sua costruzione, non ci si riesce a sottrarsi al suo effetto. Come spettatore, siamo tutti vittima di un senso di inquietudine costante: un interrogativo che riguarda la natura umana delle persone vere coinvolte in esperienze in cui il confine tra pubblico e privato è offuscato dalla violenza.

Gael García Bernal è Mario Elmo, conduttore televisivo specializzato in fatti di sangue e interviste in diretta con gli accusati. Nella scena più intensa del film, di fronte a lui vi è seduta un’impenetrabile Lali Espósito. Nel film è Dolores, accusata dell’assassinio dell’amica del cuore, forse per gelosia forse per vendetta, dopo che la vittima aveva postato un video sexy della compagna di scuola e confidenze.

Acusada è sia un giallo che un ritratto di tali questioni. Uno sguardo sul processo interno ed esterno che chiunque si ritrovi coinvolto in una situazione così complessa potrebbe vivere. Oltre agli aspetti strettamente connessi al crimine, le ripercussioni si allargano anche alla sfera familiare, sociale, politica e sessuale. Abbiamo accesso al crimine e alla sua storia sempre dall’interno, con un occhio puntato sulla sfera intima dei personaggi e dei loro conflitti.

Lo spettatore diventa, per così dire, il pubblico ministero, plasmando la propria verità sulla scorta delle informazioni fornite dalla sceneggiatura ma, soprattutto, sulla base dei gesti e del comportamento di una protagonista il cui mondo interiore ci è precluso, il cui volto è opaco come il dubbio stesso.

Il film è un lungo, teso racconto della fase processuale, il tempo infinito in cui Dolores attende la sentenza definitiva, lavora con avvocati e curatori di immagine per ripulire la sua aura di colpevole, mentre la famiglia ipoteca case e aziende. Il film dell’argentino Gonzalo Tobal non sceglie la strada dello svelamento, la ragazza non cede mai, neppure con l’amante-amichetto, alla tentazione della confessione, della verità, una qualunque. Sembra anzi la meno interessata di tutti a battersi per una decisa innocenza, preferisce l’ambiguità.

Il sospetto incrina i rituali e gli amori famigliari, la colpa, se c’è, è qualcosa che brucia dentro ma non si mostra, se non quando si accendono i fari della Tv, di confessione o non confessione, unico luogo sacro (assieme ai social) che rende oggi credibili tutti, vittime o colpevoli.

Il cinema è forse in grado di svelare una fragile verità che sfugge tanto alla logica della giustizia quanto a quella delle argomentazioni? Il film è il ritratto di una società sopraffatta da nuove forme di comunicazione e di esposizione che si ripercuotono sulle relazioni sociali e interpersonali in un modo che non siamo ancora in grado di comprendere. Una società nella quale i fatti vengono sempre più diluiti nella battaglia delle opinioni e la verità, o quanto resta di essa, è confusa dalle parole che hanno più presa sullo spettatore.

 

 

Regia: Gonzalo Tobal
Produzione: Rei Cine (Benjamin Domenech, Matías Roveda, Santiago Gallelli), K S (Hugo Sigman, Matías Mosteirin, Leticia Cristi), Telefe (Axel Kuschevatzky), Piano (Julio Chavezmontes)
Durata: 108’
Lingua: spagnolo
Paesi: Argentina, Messico
Interpreti: Leonardo Sbaraglia, Lali Espósito, Inés Estevez, Daniel Fanego, Gerardo Romano, Gael García Bernal
Sceneggiatura: Gonzalo Tobal, Ulises Porra Guardiola
Fotografia: Fernando Lockett
Montaggio: Alejandro Carrillo Penovi
Scenografia: Sebastián Orgambide
Costumi: Laura Donari
Musica: Rogelio Sosa
Suono: Guido Berenblum