Lo scrittore Tiziano Papagni nasce quarant’anni fa a Pavia, la sua è una vita adolescenziale travagliata a causa dei litigi famigliari ed è proprio nella scrittura che trova conforto. Oggi la sua produzione letteraria lo ha condotto alla pubblicazione, con LFA Publisher, dell’opera L’angelo dalle ali spezzate.
Tiziano, la sofferenza serve per essere più forti e la scrittura è qualcosa di terapeutico per te, una sorta di “culla”?
Sì, la mia sofferenza mi ha reso forse più forte anche se, a
volte, capita di cadere nella stessa sofferenza di quando iniziai a scrivere
per rifugiarmi dai conflitti famigliari, non posso negarlo. Voglio essere il
più trasparente possibile, affinché possiate ” leggermi” dentro.
Ho sofferto anche per amore, voglia di dare amore ma mai corrisposto, e ho
avuto solo un grande amore nella vita, lontano da me geograficamente,
purtroppo, acceso tra nord e sud.
La “culla”, quindi, è di gran lunga un sollievo per me, perché trovo
la mia dimensione, la mia pace e, soprattutto, la mia “casa “.
Di che cosa parla L’angelo dalle ali spezzate? Inoltre, quell’angelo potresti essere tu, Tiziano, a cui è stata negata un’adolescenza spensierata e gioiosa?
Il mio libro parla di una donna da me conosciuta, quindi personaggio veritiero e non inventato, che assapora la felicità con il suo compagno poi divenuto marito. Insieme, trascorrono un periodo di piena e pura felicità. Un amore limpido, anche nella loro intimità. Cosa succede poi?
Il mistero. Il marito la lascia senza un perché né una ragione, la donna quindi passa momenti bui, di depressione assoluta, fino ad arrivare ad odiare l’uomo. Non può dimenticare i fantastici ricordi ma, nello stesso tempo, “grida” nell’anima parole che prima non avrebbe mai pensato fossero dirette a lui, al suo amore. Abbandonata, si ritrova con i figli e loro sono la gioia che possiede.
É un libro di poesie romanzato e posso dire che, forse, mi ci rispecchio un po’: date le mie sofferenze, ci sono molte congruenze. Se prendiamo in esame il titolo del libro, le mie “ali” sono state spezzate, non potendo più spiccare il volo per altri lidi.
Per te essere diventato scrittore ha rappresentato una sorta di riscatto?
Io credo che qualunque persona soffra nella vita, prima o poi, agguanti il proprio riscatto.
Per quanto concerne la mia persona, posso affermare che… sì!
Diciamocelo tranquillamente, esserlo diventato mi ripaga di tutto quanto di negativo ho dovuto affrontare.
L’adolescenza tribolata, l’amore sfumato, gli amici che, dopo aver saputo della mia malattia, ti lasciano in disparte.
Sì, perché ho una patologia neurologica che ha condizionato non poco la mia vita.
Ora, mi riprendo la rivincita con determinazione, perché chi non ha mai creduto in me, chi mi ha sempre schernito, dovrà ricredersi.
Hai deciso di affidarti alla poesia… Come definiresti il tuo stile?
Sì, la poesia è tutto per me, come musica che ti trasporta dolcemente per non abbandonarti. Questo l’ho provato, appunto, sulla mia pelle.
Adoro Petrarca e le poesie dallo stile arcaico, amo anche lo stile libero, buttando giù su un pezzo di carta versi come un fiume in piena.
Lo stile arcaico è stato una sorta di “brodo primordiale” prima che esplodessi con la poesia. Mi piacciono le rime ABAB oppure ABC/CBA.
Di solito scrivo in ottonari (quartine).
Trai ispirazione da qualcuno o qualcosa in particolare?
L’ispirazione la traggo quando sono immerso dalla tristezza.
Si sa, i poeti, la maggior parte, scrivono quando sono avvolti da questo stato d’animo.Leopardi è un esempio lampante. Non è però sempre cosi, perché a volte quando sono immerso nella natura non ascolto nessuno, il mio mondo in quel preciso momento è poesia-natura. Se poi scrivo in un luogo ove c’è stato un ricordo con una persona lo associo. Mi è capitato spesso.
Ecco da cosa traggo le mie opere.
Hai mai pensato, Tiziano, di scrivere un romanzo? In caso, sarebbe autobiografico
Un romanzo? Perché no. Anzi, per dirla tutta ho già iniziato a costruire una scaletta. Con calma e senza date impellenti lo scriverò. No, non sarà autobiografico, bensì fantasy. Uno scrittore, credo, dev’essere come una sorta di massaia che manipola la farina, uova e poi, piano piano, impasta e crea. Senza fronzoli. Ora dico che non sarà autobiografico, magari dopo cambio idea…non è detto. Comunque, un romanzo è in programma.
Prima ancora, però, vorrei scrivere un libro sulla violenza sulle donne, se ne parla poco. È un problema grave, un cancro della nostra società.
Un’ultima domanda Tiziano: vi è uno stralcio dei tuoi versi che ritieni particolarmente caro e che vorresti commentare?
La solitudine
la crepa che devastò la mia anima e che distrusse la mia dignità.
La richiesta d’amore
ecco l’eco di un aiuto a cui nessuno prestò attenzione.
Visi con quel dannato sorriso
quel dannato maledetto sorriso
non ho bisogno di quel sorriso.
Non ho bisogno di voi, della vostra pietà delle vostre luride convinzioni.
Siete voi a non capire che io sono al di sopra
siete solo dei poveri burattini.
Io a costo della mia solitudine sono vera.
Continuerò ad esserlo anche se dovrò combattere ogni giorno con il vostro maledetto sorriso.
Questo verso mi sta a cuore. La donna, dopo aver sofferto ed esser stata lasciata da suo marito, vede nelle facce della gente commiserazione, falsità.
Lei è vera, senza grilli per la testa, e vive la vita nel suo stile, in compagnia del vero.
Disprezza le persone che fanno finta di preoccuparsi di lei indossando una maschera dal maligno sorrisetto.