Torna al Biografilm Festival 2019 il grande documentarista cileno Patricio Guzmán, che già nel 2015 aveva conquistato con La memoria dell’acqua (El botón de nácar) tre premi, tra cui quello per il miglior film. Guzmán, celebrato quest’anno anche con il Celebration of Lives Award 2019, porta al pubblico La Cordillera de los sueños, che a Cannes ha ottenuto l’Œil d’or (ex aequo con For Sama, sempre in cartellone al Biografilm Festival), ultimo di una serie di riconoscimenti internazionali che hanno costellato la sua carriera.
Esule dal suo paese dopo il colpo di Stato di Pinochet del 1973, Patricio Guzmán – che oggi risiede in Francia – mantiene ancora saldo il suo sguardo sul Cile, dove ha realizzato la maggior parte dei suoi film e ha fondato il Festival del Cinema documentario. La Cordillera de los sueños chiude la trilogia della memoria aperta con Nostalgia della luce, ambientato nel deserto di Atacama, e appunto La memoria dell’acqua, girato nel sud del Cile, in Patagonia, sulle tracce del popolo indios dei Selknam ormai praticamente estinto.
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La Cordillera de los sueños chiude la trilogia su memoria e territorio
La luce, l’acqua e ora la Cordigliera delle Ande, che occupa l’80% del paese, isolandolo e al contempo proteggendolo dal resto del mondo. Anche in questo ultimo documentario, il cineasta costruisce una connessione tra gli elementi naturali del territorio cileno e gli orrori e i soprusi della dittatura di Pinochet, responsabile di uno strappo difficilmente riparabile nella popolazione. Popolazione che oggi non sembra essere pronta o disposta a confrontarsi con le ferite di un passato forse troppo recente, lontana da quelli che erano stati i valori del paese nel periodo pre-golpe.
La voce over di Guzmán accompagna le splendide immagini della catena montuosa cilena che, immobile e imponente nella sua ancestralità, è spettatrice silenziosa della vita di un paese che, per il cineasta e gli altri artisti interpellati, è in grave crisi di identità e alle prese con forte diseguaglianze sociali.
Intervistando gli scultori che lavorano la pietra della Cordigliera per realizzare opere d’arte, il regista invita a non trascurare, ma anzi a preservare un patrimonio naturale così bello e prezioso, oggi ceduto in larga parte a privati e stranieri per lo sfruttamento del rame. Allo stesso modo, visitando l’archivio del filmmaker Pablo Salas, che ha coraggiosamente documentato gli anni della dittatura – ad esempio gli scontri di piazza tra militari e manifestanti – Guzmán esorta la civiltà cilena – e tutti noi – a dissotterrare la memoria e a farla propria per capire meglio chi siamo e dove stiamo andando. Ed è proprio alle rocce della Cordillera andina che il documentarista affida la speranza per il futuro delle nuove generazioni cilene.