Misery è ancora viva

Quando a un concerto sento richiedere quella canzone particolare del mio gruppo preferito, sempre la stessa, mi chiedo come dev’essere per un cantante sapere che tutti aspettano quel momento, cantare come in un rito sciamanico le parole di un pezzo solo.

Croce e delizia, piacere e sofferenza, catena che libera e che ti lega allo stesso tempo. Immagino un concerto senza questa canzone, la furia degli elementi, lo scontento del pubblico, il malumore dei gruppi organizzati, le proteste dei fan, non di tutti però, solo dei numeri uno, quelli della prima ora, anzi del numero uno, quello che conosce tutte le canzoni a memoria, anno di uscita dei singoli e posizione preferita del cantante quando scrive, perché lui lo ama alla follia.

Lo ama come solo Annie Wilkes sa fare, alla follia, appunto. La immagino al concerto, vicino al camerino che aspetta per chiedere ancora quell’ultima canzone, perché non può finire così. Non si possono tradire le aspettative dei fan. Vedo un’ascia tra le sue mani e un libro da dedicare, forse una motosega, come l’ha pensata Filippo Dini e vedo un teatro, il Bellini di Napoli e vedo una stanza, un letto, una finestra, una porta chiusa, un uomo disteso che si lamenta, fuori la bufera. Intono la canzone del mio gruppo preferito, sempre la stessa, sempre quella e nuotando nell’aria la canto come una litania, non potete non farla, non deludete le mie aspettative, vi prego. Vedo Annie che entra nella stanza, si spengono le luci. Misery non deve morire.
Questo libro di Stephen King del 1987, capolavoro di tensione, diventò nel 1990 un film che ancora oggi a guardarlo mette paura; la stessa sceneggiatura di William Goldman fu adattata poi per il teatro, anche perché si svolge quasi interamente in questa stanza, ricostruita da Laura Benzi, che io adesso vedo seduto in platea.
A portarlo in scena ci pensa il regista Filippo Dini con la traduzione di Francesco Bianchi, uno spettacolo lungo più di dure ore che però non soffre dello scorrere del tempo, dentro e fuori le scene. Tempo per noi, centocinquanta minuti in due atti e tempo per Paul Sheldon, lo scrittore interpretato da Aldo Ottobrino, mesi per lui, che trascorrono tra un letto e una sedia a rotelle. Tempo che scorre fuori dalla finestra grazie al gioco di luci di Pasquale Mari che per questo lavoro ha vinto il premio Ubu 2021.

A Napoli, al teatro Bellini va in scena un gioco al massacro tra i due protagonisti, Paul ad Annie, dove la vittima e il carnefice spesso si scambiano di ruolo. Complice loro suo malgrado è Misery, eroina dei libri dello scrittore che il suo creatore decide di far morire per dedicarsi a pagine di letteratura ben più seria.

In una stanza, uno spazio claustrofico viene raccontata la vita di Misery, i suoi amori, una possibile figlia e la vita di Annie Wilkies, l’infermiera disturbata, Arianna Scommengna, vestita in maniera sobria, come tende a sottolineare lo scrittore sempre da Laura Benzi. Misery non deve morire, Misery non può morire così a pagarne le conseguenze è lo sceriffo, Carlo Orlando, che dal libro al teatro, passando per il cinema era sulle tracce dello scrittore scomparso.

Meravigliosa la sequenza in cui lo sceriffo scopre che Paul è prigioniero in quel letto. La casa inizia a muoversi, gira su se stessa e cambiano gli ambienti, cambiano le luci. Lo sguardo dello spettatore segue Annie che si chiude in casa, l’uomo che prova a entrare, lo scrittore che tra la sedia a rotelle e il letto, urla di dolore, disperato prova a fare rumore mentre le musiche di Arturo Annecchino incalzano.
Tutto gira davanti ai nostri occhi, tutto gira intorno a noi. Siamo fuori, siamo dentro, siamo pazzi d’amore, siamo pazzi e basta.
Poi tutto finisce con un colpo d’arma da fuoco e noi siamo ancora qui con Paul Sheldon in una stanza su una sedia a rotelle a riscrivere la storia di Misery, senza la enne, perché la macchina da scrivere è un pezzo d’antiquariato come la vita di Annie, la sua scrofa e la madre morta, sempre presente nella sua testa.

Misery è un testo senza tempo in cui vengono indagati i meandri della mente umana che cerca le storie, le vuole, le brama, e che di fronte alla fonte di quelle storie non può far altro che innamorarsi e nutrirsi, anche a costo di distruggere per sempre chi alimenta i suoi sogni. Tra tutti gli scrittori che animano le creazioni di King, Paul Sheldon è il più forte, il più disperato. Prigioniero del suo talento e della sua vocazione, scopre se stesso nel viaggio all’inferno in compagnia di Annie”.

Il rapporto tra Paul Sheldon e Annie Wilkes appare fin da subito corrotto dalla pazzia, da una follia che sembra aver colpito entrambi i protagonisti, sempre sopra le righe in un gioco a tratti divertente di risposte e contro risposte che appaiono come i classici battibecchi tra innamorati. Amori che non sanno stare al mondo direbbe Giovanni Truppi e sarebbe d’accordo Lucia Mascino, presente in sala.

Una scelta che non favorisce la tensione, smorzata da tempi comici serrati, perfetti nell’incastro tra le battute che si riservano i due innamorati.
Paul ti amo, grida Arianna, anche io Annie, risponde Aldo con fare sarcastico.

 

Un rapporto malato, come malato può essere l’amore dei fan che vorrebbero i loro idoli cristallizzati nel tempo e nello spazio, come può esserlo quello di uno scrittore legato a un personaggio. Una donna instabile dall’inizio alla sua tragica fine e un uomo ferito nell’orgoglio, che deve tutto il suo successo a una creatura in cui non crede neanche un po’, e ferito nel corpo dopo un incidente mortale, gambe martoriate grazie al trucco di Cinzia Costantino.
Non fare di me un idolo mi brucerò, se divento un megafono m’incepperò,
Cosa fare non fare non lo so, cantavano i CSI.
Cosa fare e cosa non fare invece sembra saperlo il regista Filippo Dini che in un finale alternativo gioca ancora con una risata. Una strada alternativa alla tensione è possibile, andare contro chi voleva tremare ricordando lo sguardo di Kathy Bates che le è valso l’oscar come migliore attrice è possibile, deludere le aspettative dei fan del maestro del terrore è possibile, sopratutto se sono i numeri uno, quello che lo amano alla follia. Come solo Annie sa fare.
Non stiamo leggendo Stephen King, non stiamo guardando il film di Rob Reiner, siamo a teatro per la regia di Filippo Dini.
Una strada nuove per sprofondare nella pazzia è possibile, addirittura è possibile risalire.
Così Misery è ancora viva, noi siamo ancora vivi e possiamo uscire con il sorriso sulle labbra dal teatro, un sorriso sornione di chi sa però che una risata può seppellire.

MISERY
dal 09/11/2023 al 12/11/2023
Teatro Bellini
NAPOLI (NA)
ITALIA