Medea a Pompei: nessuno è colpevole, nessuno è innocente

Duemilaventitre, decine di anni di morti significative e noi siamo qui a Pompei cercando di trovare una motivazione, una ragione per la quale ha ancora senso raccontare la storia di Giasone, dei suoi figli e di Medea.

Vedo contorcersi in questo luogo millenario danzatrici che ballano, sudano, corpo a corpo a ricordarci la pelle che siamo, su quello che a prima vista sembra uno specchio d’acqua ma niente si muove, non ci sono riflessi. È un pavimento tirato a lucido, dove tutto diventa doppio, dove tutto è anche il suo contrario, il suo rovescio, la voce dissonante dentro di noi che ci chiede che strada vogliamo prendere. Tra le danzanti una donna sola vestita d’animale, un’anima d’uccello che porta il cibo ai suoi cuccioli, che vomita pur di sostenere, ricordo di quello che eravamo, ricordo della Colchide, terra natale di Medea, Laura Marinoni

Un prologo che sa di sogno, di origine e forze naturali, di un luogo altro, diverso, contrapposto a quello che invece ci troviamo davanti adesso nella Medea, di Euripide.

Medea ©ivan nocera per teatro di napoli
Medea ©ivan nocera per teatro di napoli

Una scenografia, quella di Marco Rossi, che sa di casa e soggiorno, di abitazione borghese con persone vestite bene, che profumano di festa per i costumi di Giovanna Buzzi. Due bambini giocano vestiti, travestiti come conigli, animaletti innocenti, bianchi, paffuti, delicati, quasi sacrificabili. Sanno di presagio, di destino annunciato, di incantesimo imminente. Per amore si uccide, per non amore anche.

Federico Tiezzi mette in scena la storia di Medea, la storia di Giasone, Alessandro Averone, distrutto dopo aver giocato le sue carte, male. 

Volontà e desiderio, vendetta e perdono. La chiave di volta è la scelta, come Alice che segue il Bianconiglio anche per Giasone è tardi è tardi, come Nio che sceglie la pillola rossa e resta nel paese delle meraviglie, così Medea sceglie la vendetta, rossa come il sangue, come di pareti macchiate, come di peccato ancestrale.

Medea ©ivan nocera per teatro di napoli
©ivan nocera per teatro di napoli

È la forza della tragedia greca. Nessuno è colpevole, nessuno è innocente, sicuro solo questi bambini coniglio. 

Tutti vittima delle proprie passioni, della bramosia che perseguita e ci rende lucidi nei nostri pazzi scopi. Medea sono io, Medea sei tu.

Giasone vuole il meglio per sé, per i suoi figli, per la sua sposa, forse, e racconta i suoi piani con fare sornione. Omette, deride, confonde Giasone, per i suoi scopi d’amore. 

Medea ©ivan nocera per teatro di napoli
©ivan nocera per teatro di napoli

La nutrice Debora Zuin racconta la vicenda di una madre barbara in terra straniera, cafona per amore, violenta per non amore, lucida non lucida. Costretta o non costretta poco importa. Se solo avessimo la lucidità, o la non lucidità. L’accettazione della fine. Mettere da parte la strada fatta per quella da fare, quando poi sprechiamo tempo invece a combattere addirittura noi stessi.

Splendida Medea persa nei suoi dubbi.

Essere lucida, razionale, fredda e portare a compimenti i suoi intenti. Seguire il suo obiettivo perché tradita, messa da parte, pronta all’esilio e dimenticata oppure andare oltre, ricordare chi si è stati e chi ancora si può essere nonostante le minacce di coccodrillo, Roberto Latini con le sue guardie del corpo a quattro zampe, animali famelici e respingenti.

Non c’è nessuno che lo sa, forse giusto Creonte, il padre di lei che ha poche colpe, come lei, come lui, come Medea a Pompei. Brutta fine la sua, come quella della figlia, colpevole d’amore. Quando la potenza della parola è più grande e immaginifica dell’occhio, che anche vuole la sua parte.

Medea ©ivan nocera per teatro di napoli
©ivan nocera per teatro di napoli

Siamo così tanto portati a schierarci in questi anni da una parte o dall’altra, bianco o nero, cattivo e buono, covid sì covid no che questa tragedia greca potrebbe porci più quesiti che soluzioni, più notti senza sonno che sonni tranquilli.

Nella sua lucida follia Medea ha ragione. Nelle sue ragioni Giasone segue un filo diritto, futuro certo, buona famiglia, nessun problema economico. Crollerà poi nella fatidica scoperta, sublime nel dolore e nell’angoscia. Ha ragione il padre di lei che vuole esiliarla e hanno ragione i Corinzi a pensarla diversa, estranea.

Hanno così senso le urla di sangue degli innocenti, se tutti abbiamo ragione i più deboli pagano. Si alzino le voci, cantino in coro Alessandra, Maddalena, Sebastiano, Valentina, Gaia così da non sentire le voci strazianti dei piccoli Matteo Paguni e Francesco Cutale. Sentire ma non vedere, immaginare, chiudere gli occhi davanti all’orrore tinto di rosso per le luci di Gianni Pollini.

Ha così senso il sangue lavato, il bagno di sangue, le lacrime insanguinate. Puliscono, purificano il nostro peccato, quello del padre convinto, del futuro sposo sicuro di sé, della donna amante e della donna amata. 

Tutti pecchiamo e tutti veniamo puniti nella Medea. Chi muore e chi è costretto a vivere con la morte, chi uccide tradito e chi viene ucciso, chi viene convinto e chi parte convinto.

Tutto questo è la Medea messa in scena al teatro di Pompei, sono passati più di mille anni e siamo ancora qui a parlare di violenza di genere. Siamo senza speranza perchè la passione è sempre più forte della ragione.

Medea
di Euripide
traduzione Massimo Fusillo
regia Federico Tiezzi

con (in ordine di apparizione) Debora Zuin (nutrice), Riccardo Livermore (pedagogo), Laura Marinoni (Medea), Roberto Latini (Creonte), Alessandro Averone (Giasone), Luigi Tabita (Egeo), Sandra Toffolatti (il nunzio), Francesca Ciocchetti (prima corifea), Simonetta Cartia (prima coreuta)

coro Alessandra Gigli, Dario Guidi, Anna Charlotte Barbera, Valentina Corrao, Valentina Elia, Caterina Fontana, Francesca Gabucci, Irene Mori, Aurora Miriam Scala, Maddalena Serratore, Giulia Valentini, Claudia Zappia

responsabile coro Simonetta Cartia
figli di Medea: Matteo Paguni, Francesco Cutale

seguaci di Creonte Pasquale Aprile, Giovanni Nardone, Salvatore Testa
portatori di Medea: Sebastiano Caruso, Moreno Mondì

coro: Andrea Bassoli, Alberto Carbone, Sebastiano Caruso, Alessandra Cosentino, Gaia Cozzolino, Sara De Lauretis, Carlo Alberto Denoyè, Lorenzo Ficara, Leonardo Filoni, Ferdinando Iebba, Althea Mara Luana Iorio, Denise Kendall-Jones, Domenico Lamparelli, Federica Leuci, Emilio Lumastro, Arianna Martinelli, Moreno Mondì, Alice Pennino, Edoardo Pipitone, Jacopo Sarotti, Mariachiara Signorello

produzione INDA – Istituto Nazionale del Dramma Antico

In copertina: Medea, Foto di Ivan Nocera © per Teatro di Napoli