Maura Maffei è una delle tantissime scrittrici che erano presenti al Salone del Libro 2018. La fiera libraria torinese s’è svolta quest’anno dal 10 al 14 maggio, sempre presso il Lingotto di Torino. Il bilancio è davvero ottimo. Nonostante alcuni problemi economici e organizzativi, i risultati in numeri parlano chiaro: 144.386 visitatori dentro ali stand e 25.000 persone presenti al Salone Off (spazi allestiti a Torino città o provincia, che coinvolgono il pubblico con dibattiti letterari, reading, performance di poesia e contest di letteratura). Non sarà un caso che nella giornata di sabato 13 l’entrata al Salone è stata bloccata per almeno un’ora per mancanza di spazio. I visitatori aumentano ormai di anno in anno e questo grandioso festival dei libri sta ormai diventando una delle fiere apicali in ambito europeo e mondiale. Anche le vendite, stimate in percentuali o grossolanamente calcolate, sono state ottime per tutte le maggiori casi editrici italiane.
Anche gli incontri nelle sale (per i fortunati che sono riusciti ad accedervi, almeno facendo riferimento ai pareri del web) hanno registrato dati da sold out: 91.000 persone presenti nelle varie sale, in cui era suddiviso il Salone.
Ma non è questa la sede per riepilogare tutti i nomi presenti all’edizione di quest’anno. Basti solo citare: Saviano, Augias, Eduardo Limonov (l’intellettuale russo dissidente), il premio Nobel per la letteratura Hertha Muller, Bertolucci e Guadagnino, Paolo Giordano, Fabio Volo, Michele Serra, Sgarbi, Bignardi, il premio Strega europeo Ferdinando Aramburu, per citarni soltanto alcuni.
Partecipare al Salone per una scrittrice
Lasciamo per un attimo da parte tutti questi nomi cforse più noti al grande pubblico, altisonanti e importanti: in questa intervista vogliamo occuparci di una scrittrice, Maura Maffei, che ha partecipato per la sesta volta al Salone del Libro e cui abbiamo chiesto, in qualche modo, un suo parere personale sulla grandiosità di questa manifestazione e sui suoi effetti.
Maura Maffei scrive da 25 anni romanzi. I suoi soggetti preferiti sono preferibilmente storie romanzate ambientate nell’Irlanda cristiana perseguitata dai cattolici anglicani. L’isola di Smeraldo è il contesto principale da cui nascono i suoi romanzi, anche se, alcuni, specialmente il penultimo (La Sinfonia del Vento, 45° Parallelo Edizioni 2017), pur vedendo come protagonista un irlandese espande la sua storia in terra ligure. Per quanto riguarda la sua figura, giunta ormai al suo settimo romanzo, si possono aggiungere alcune brevi note presenti sulla sua biografia su Parallelo45edizioni.
Ha scritto parecchi romanzi a partire dal primo edito nel lontano 1993 (“Il traditore“, edizioni La Marna). Da quel momento ha pubblicato nell’ordine: “Le lenticchie di Esaù” (Marna, 2003), “La lunga strada per Genova” (Marna, 2007), “Feuilleton” (Edizioni della Goccia, 2015). Nel 1999 ha pubblicato per i tipi della prestigiosa casa editrice Coiscéim di Dublino un romanzo in gaelico d’Irlanda, intitolato “An Fealltóir”.
Per quanto riguarda gli ebook ricordiamo il romanzo “Astralabius” (vincitore del torneo letterario “IoScrittore” 2012) e la tragedia “An Nuachar – Lo sposo” (Marcelli, 2014). Fra i riconoscimenti internazionali ricordiamo il premio al 56° Concorso Letterario Internazionale “San Domenichino – Città di Massa” 2015 con il romanzo inedito “La sinfonia del vento”. Inoltre è conoscitrice ed esperta della lingua celtica irlandese e ha scritto più di 200 articoli dedicati all’Irlanda per la rivista Keltika.
Maura Maffei è una scrittrice di qualità capace con i suoi romanzi di appassionare, intrigare e coinvolgere il lettore in un turbine d’emozioni. Si tratta di testi storici e fiabeschi, che consentono al lettore di oggi di sognare e di emozionarsi contemporaneamente. Un esempio dell’incanto letterario della sua narrativa è nella trilogia irlandese “Dietro la tenda“.
Maura Maffei, come avete avuto modo di leggere, non è una scrittrice esordiente e nemmeno è la prima volta che fa il suo ingresso al Salone del Libro. Cerchiamo di capire tramite questa intervista, che ci ha gentilmente concesso, le emozioni della partecipazione al Salone e con che sguardo critico valutarlo. Soprattutto comprendere l’impatto che ha comportato la presenza delle grandi corporazioni editoriali sui dati di vendita delle case editrici di peso specifico minore.
Analizziamo inizialmente il contesto generale del Salone. La prima domanda che vorrei farle è l’emozione cha ha provato quando le è stata comunicata la possibilità di partecipare e invece l’emozione che ha provato dentro di sé, durante le giornate trascorse a Torino.
“Questo è per me il sesto Salone del Libro cui partecipo attivamente come autrice. Dato che ho appena festeggiato 25 anni di carriera. È sempre una grande emozione, come se fosse la prima volta. A essere sincera, negli ultimi due anni ho vissuto l’esperienza del Salone del libro con profonda gioia, perché le case editrici per cui pubblico attualmente, Edizioni della Goccia e Parallelo45 Edizioni, hanno deciso di allestire lo stand insieme per permettermi di avere un settore tutto mio, con i miei 7 romanzi di soggetto irlandesi più recenti, editi dall’una e dall’altra. Lo considero un grande onore e una forma di gentile attenzione e valorizzazione del mio lavoro”.
Come seconda domanda le vorrei chiedere da persona che ha vissuto dentro gli stand, se può confermare le code chilometriche descritte in vari siti, giornali e blog e quindi anche una carenza organizzativa. Ad esempio, nel suo caso, ha mai ravvisato disagio o difficoltà presso i lettori, che le si avvicinavano?
“Anche noi, come espositori, abbiamo vissuto un po’ di disagio, soprattutto nei primi giorni. Ebbene, il venerdì in particolare io e il mio direttore editoriale (D. Indalezio) abbiamo raggiunto lo stand con mezz’ora di ritardo (alle 10,30, quando la manifestazione apriva i battenti alle 10…) per le code ai metal detector: forse sarebbe stato meglio prevedere qualche operatore in più per permettere agli espositori di aprire per tempo il loro stand. Nei giorni successivi, però, tutto è rientrato e non abbiamo più trovato intoppi. Parlando con il pubblico, non ho raccolto particolari lamentele da parte delle persone che incontravo“.
Lei era al Salone per far conoscere tutti i romanzi della sua saga irlandese o soltanto l’ultimo, edito da 45° Parallelo edizioni o ha avuto la possibilità di presentare anche il romanzo successivo?
“Avendo pubblicato sette romanzi nell’arco di due anni e mezzo, cosa che è avvenuta non per scelta mia, ma per tante ragioni (un ottimo rapporto con entrambe le case editrici che mi hanno chiesto novità, una trilogia da pubblicare in tempi brevi e un primo premio internazionale vinto con un inedito), è chiaro che considero recenti e interessanti per il pubblico tutti questi titoli, che hanno riscosso un buon successo. Il mio libro più venduto è stato “La Sinfonia del Vento” (Parallelo45 Edizioni), vincitore del primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale San Domenichino – città di Massa, inserito da “Sul Romanzo” tra i migliori libri editi nel 2017 e ristampato per ben 5 volte in 10 mesi! Ma è stato seguito a ruota dal recentissimo “Le grandi acque” (Edizioni della Goccia), uscito proprio il 10 maggio (la tipografia ce l’ha consegnato allo stand) come novità per il Salone del Libro”.
Che effetto ha avuto la saga irlandese di “Dietro la Tenda” sul pubblico? C’è stato interesse per queste storie fiabesche eppur storicamente improntate?
“Sono stupita anch’io dell’interesse che riscuote presso il pubblico l’Irlanda, con la sua storia travagliata, con i suoi paesaggi mozzafiato e con il senso epico e leggendario degli eventi. In particolare la nostra trilogia “Dietro la tenda” – dico “nostra” perché firmata a quattro mani con lo scrittore di madrelingua irlandese Rónán Ú. Ó Lorcáin – continua a essere apprezzata, ristampata e richiesta perché è un affresco accurato, anche se romanzato, dell’Irlanda delle Leggi Penali, uno dei periodi più bui della dominazione inglese sull’Isola di Smeraldo: siamo nel XVIII secolo. Mi rendo conto che ai lettori piacciono le storie di difficoltà, personale e sociale, e di riscatto perché è bello sognare che il nostro cielo da grigio si tinga di azzurro e di rosa…”.
Molte dichiarazioni di editori di grande spicco internazionale e anche quelli di importanza minore hanno confermato un’ottima impressione per quel che riguarda i dati di vendita, è possibile confermare anche per voi questa tendenza oppure il ritorno delle grandi case editrici ha spiazzato gli editori più piccoli e ne ha causato un decremento delle vendite?
“Io pubblico per 2 case editrici indipendenti, anche se ben distribuite in tutte le librerie, a livello nazionale. È evidente che i miei editori abbiano preferito l’edizione dello scorso anno in cui, mancando i grossi marchi i cui libri sono già presenti senza ordinarli nelle librerie italiane, il pubblico ha prestato un maggiore interesse per gli stand e il catalogo delle case editrici meno note. Per quanto mi riguarda, come singola autrice, lo scorso anno ho venduto al Salone solo pochi libri in più rispetto a quest’anno (129 nel 2017 e 115 nel 2018) “.
Rispetto a Bookcity a Milano, il Salone non si lancia in una spettacolarizzazione culturale, ma si pone da sempre come un luogo di incontro per addetti del settore editoriale, letterario e librario, con l’idea di puntare più sulla qualità delle proposte che sulla quantità (parola del direttore Lagioia), anche a lei è sembrato così?
“Non posso fare un confronto perché non ho mai partecipato a Bookcity: l’unica fiera in cui accompagno a Milano Edizioni della Goccia è il Salone della Cultura, a gennaio. Se devo essere sincera, per il mio lavoro, il Salone del Libro di Torino è strutturato in maniera senz’altro utile. Si dialoga con i lettori, con altri editori, con giornalisti che ti intervistano, con librai che decidono di adottare i tuoi libri, con biblioteche che ti chiamano a presentarli in serate o eventi, con gli autori che pubblicano nella tua stessa scuderia, con persone che conosci magari solo via social e a cui dai finalmente un volto e una voce. Dato che non avrei tempo per andare ad ascoltare le presentazioni dei grandi nomi della letteratura mondiale, per me il Salone di Torino è perfetto così com’è!”.
Quest’anno è stata introdotta la novità significativa della sala dedicata agli appassionati di videogiochi. In una kermesse culturale e libraria come questa, secondo Lei che funzione può avere l’aggiunta di un tipo di cultura poco collegata con il libro? A tal proposito, fra i nuovi settori a cui è stato dato spazio c’è alla possibilità di effettuare controlli oftalmici, non vedo un po’ fuori luogo questa presenza?
“Non amo i videogiochi, quindi li troverei comunque fuori luogo. Sono, invece, una grande appassionata di giochi da tavolo in scatola e sono felice di trovare al Salone di Torino lo stand delle ditte che li pubblicano o li distribuiscono per il mercato italiano. Rispetto a un videogioco, il gioco da tavolo ci mette in relazione con le altre persone (ne abbiamo bisogno, in questa società un po’ autoreferenziale e individualistica) e può stimolare la nostra fantasia come un libro. Tra l’altro, molti sono tratti da romanzi di successo, come “Il Signore degli Anelli” di Tolkien o “I Pilastri della Terra” di Follett… Sarei felicissima se da uno dei miei romanzi venisse tratto un gioco da tavolo! Non ho visitato personalmente gli stand dei giochi in scatola, ma sono stati abbondantemente apprezzati – e saccheggiati! – da mia figlia Eloisa…”
Riservandole uno spazio minimo di riflessione, secondo Lei una kermesse di questo tipo è davvero un buon viatico per l’editoria italiana, sia quella delle grandi corporazioni che quella delle case editrici in via di sviluppo? Sì o no? Può darcene una spiegazione.
Parlo sempre da autrice, perché io non ho gli stessi investimenti economici delle mie case editrici: per me il Salone del Libro di Torino è utilissimo e mi sono già prenotata per l’edizione del prossimo anno, se i miei editori vorranno ancora ospitarmi!
Infine, so che anche Lei ha una figlia un po’ più grandicella della generazione millenials. Alcuni dati statistici hanno evidenziato che il pubblico di maggio di maggior fascia presente oscillava fra i 35 e 65 anni, mentre era di gran lunga minore quello 15-25. Che spiegazione si può dare a questo dato? Una spia di arretratezza culturale e smartphonizzazione in atto o c’è dell’altro?
“C’è sicuramente dell’altro! A mio parere, per quella fascia d’età non ci sono molte proposte interessanti: le grandi case editrici pubblicano per loro titoli di cassetta, tutti uguali gli uni agli altri, perché se uno di questi libri ha venduto, si presume che i ragazzi siano disposti a mangiare sempre la stessa minestra. Riflettendo anche sulle letture che sono state imposte a mia figlia Eloisa (oggi ventunenne) quando frequentava il Liceo Classico, lei che è una grande lettrice le ha subite con noia perché erano sì grandi libri, di grandi autori ma poco avvincenti, poco adatti a invogliare alla lettura. I ragazzi hanno bisogno di sognare, quando leggono un libro: se sognano a 15 anni, s’innamoreranno dei libri per tutta la vita e, una volta cresciuti, sapranno leggere testi con problematiche ben più profonde e scottanti. Ma se leggono solo di tragedie, d guerre, di stermini, di Resistenza e di Anni di Piombo, che non hanno vissuto sulla loro pelle, troveranno ogni libro terribilmente “barboso”. Io non amo il fantasy, come genere letterario, ma capisco come mai, con queste premesse, i ragazzi appena sono liberi di leggere ciò che vogliono scelgano un autore come Martin di “The Game of Throne” piuttosto che Pavese de “La luna e i falò”… Non sono stati educati a leggere, passano dai libri illustrati per l’infanzia agli autori più impegnativi del Novecento, senza che gli stia stato donato, dalle famiglie e dalla scuola, il tempo di sognare. Nel mio piccolo, ho pubblicato io pure un libro per questa fascia d’età. Si tratta de “Le grandi acque”, appena uscito, con cui celebro i miei primi 25 anni di carriera. In quest’ultimo romanzo ho narrato il viaggio dei 7 Cavalieri d’Irlanda per conquistare un regno. Dovranno giungere alla quarta delle Isole Aran, la cosiddetta Isola dei Beati, che non c’è, in realtà, e che non si può vedere se non con gli occhi del cuore. Sotto la narrazione letteraria ho nascosto molte metafore: sono convinta che esse alimentino come cibo dell’anima gli ideali dei giovani.”
L’ultima, poi, davvero la lasciamo andare: può dire di essersi divertita?
“Mi sono stancata moltissimo, sono arrivata al termine del Salone senza voce a forza di parlare – e dire che ho un diploma di conservatorio di soprano lirico! – ma è stata ancora una volta un’esperienza fantastica. MI piace moltissimo parlare con la gente e credo che un libro debba essere un’occasione di dialogo tra chi lo ha scritto e chi lo leggerà. Compito dello scrittore è quello di suscitare domande e di rispondervi secondo l’onda della vita che gli è passata addosso, secondo le ferite che ha subito nel cuore e secondo i grandi slanci in cui si è impegnato per ritrovare luce. Non ha importanza se il lettore risponderà a quelle stesse domande in maniera diametralmente opposta: l’importante è averle suscitate e continuare a suscitarle in una società che si ferma sempre meno a riflettere, a meditare, e si accontenta dell’abbaglio delle apparenze.”
Insomma Maura Maffei in questa sua intervista ci dice che il Salone del Libro, la connessione di idee e libri, sia social che dal vivo, sono tutte componenti emozionanti e fondamentali, che confermano una sacrosanta verità: la letteratura è in Italia una pratica sociale da conservare e incrementare con sempre più festival e kermesse culturali. E’ tutto quello che ci resta come popoli di tradizione secolare di fronte alla società del “nonsense” che ci troviamo a vivere.
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