Marta Lamalfa presenta il suo libro “L’isola dove volano le femmine”

A quel tempo, per i settecentotredici abitanti di Alicudi, il mondo era di cinque chilometri scarsi, che nessuno sapeva contare.

… Altro non c’era.

Dopo il mare, c’era solo un disegno che marcava i loro confini, messo là per nascondere il vuoto. Non poteva essere altro, bello com’era.

Qualcuno diceva che oltre il mare ci si poteva andare. Che gli arcudari non erano soli. Che ce n’erano altri, come loro. Forse meglio di loro.

Questo l’incipit del secondo capitolo del romanzo d’esordio e di formazione di Marta Lamalfa,L’isola dove volano le femmine” , edito da Neri Pozza.

 

 

Ho incontrato l’autrice di questo romanzo in occasione della presentazione che si è svolta presso la libreria Ubik di Catanzaro.

L’incontro è stato moderato e ha visto Marta Lamalfa in dialogo con Doriana Righini e Cinzia Pustorino.

Si è  parlato di Magare o Mahare, identità femminile, cultura mediterranea e di Alicudi, isola che contiene tutti i codici di una cultura al tempo isolana e mediterranea.

Perché Alicudi?

È presto detto: Alicudi fa parte della cultura visiva e, di conseguenza, dell’immaginario della scrittrice.

Leggiamo sul sito di Neri Pozza “Le isole Eolie sono sempre state parte del mio immaginario. Dalla casa dei miei genitori in Calabria in cui vivevo da bambina erano, come per la mia protagonista, il limite visivo del mondo.

Lo spunto di partenza che l’ha spinta a scegliere Alicudi è la storia particolare che l’isola ha vissuto, storia di un’allucinazione collettiva legata alla coltivazione della segale Sega cornuta e degli effetti collaterali all’epoca sconosciuti.

Uno spunto che, come l’autrice stessa ha dichiarato in un’intervista con Giulia Carla de Carlo del Segnalibro, ha costituito l’occasione per conciliare due temi: Da un lato ci parla dei problemi degli ultimi deboli e delle popolazioni dimenticate; dall’altro inserisce un po’ di fantastico, di un mondo che sta altrove.

Le allucinazioni sono la via attraverso cui l’autrice introduce l’elemento del fantastico.

Protagoniste di molte di queste allucinazioni erano le “Mahare Arcudare”, le femmine che volano.

Le Mahare diventano il simbolo, all’interno del romanzo, del desiderio di libertà e di autodeterminazione della donna mediterranea intrappolata nella cultura patriarcale di inizio ‘900.

Dove si radica questo mito e quanto riesca ad influenzare il sistema socio culturale delle Eolie, è presto detto.

Basta parlare con gli abitanti delle Isole per capire la permanenza di una cultura arcaica e affascinante.

“Mahare Arcudare”, anche chiamate le streghe di Alicudi, erano donne vestite di nero in grado di trasformarsi in animali, solcare i mari e determinare la sorte dei pescatori e il loro ritorno sulla terra ferma.

Le “Mahare” si dice che tramandassero l’arte della “tagliata”, ovvero un rito propiziatorio, una sorta di benedizione che veniva impartito ai pescatori.

Ancora oggi, sia ad Alicudi che a Lipari, in tutte le imbarcazioni è presente un tagliatore, ogni tre pescatori, in grado di esercitare il suo potere sul mare.

Negli ultimi anni, il mito delle Mahare Arcudare è stato interpretato come simbolo di emancipazione femminile e resistenza alle strutture patriarcali. Questa interpretazione ha trovato riscontro in molte persone ed opere, in particolare in donne come Marta Lamalfa.

Gli abitanti di Alicudi del romanzo di Lamalfa, sono mostrati in tutta la loro fragilità, nella loro condizione di membri di una popolazione dimenticata, abitanti di un territorio aspro soggetto nella maggior parte dei casi, alle leggi della fame e della povertà.

Le Mahare che popolano le allucinazioni degli abitanti di Alicudi ne ” L’isola dove volano le femmine” non rappresentano solo un desiderio delle donne di emancipazione dalla cultura patriarcale, ma anche un desiderio di riscatto, di libertà e come l’autrice stessa ha dichiarato, volare via da un posto, da cui è difficile uscire, rappresenta una speranza enorme.

Marta Lamalfa. Foto © Ljdia Musso

L’incontro con Marta e il suo libro è stato frutto di una serie di coincidenze causate in gran parte da un background culturale comune. Quando l’ho conosciuta ho avuto la conferma di ciò che ho sempre pensato, ovvero che le storie più straordinarie nascono spesso da personalità ricche di contrasti. Mi sono trovata difronte ad una donna in un corpo esile di ragazza, vestita nei toni del blu e del rosso su un fondo bianco, un motivo che mi ricordava quelli ornamentali delle ceramiche del Mediterraneo.

Da fotografa e giornalista, abituata a catturare volti e identità, coltivo un interesse particolare per le combinazioni insolite e Marta rappresentava un perfetto connubio di opposti, una forza gentile.

Nel corso dell’intervista le ho rivolto poche domande. In particolare ero interessata a come la stesura di questo romanzo avesse modificato la sua percezione del femminile e di se stessa e ho compreso che per Marta Lamalfa, scriverlo è stata l’occasione più che di una riscrittura, di una definizione del femminile.

Un po’ com’è avvenuto per me, che ho puntato la fotocamera contro me stessa in una serie di autoritratti, Marta ha rivolto la penna verso la sua interiorità, usando la scrittura come strumento di esplorazione  e di autodeterminazione.

L’isola dove volano le femmine è sicuramente un romanzo di formazione, un viaggio introspettivo di una giovane donna alla scoperta di sé. L’Autrice non esclude di continuare a scrivere anche se, con quest’opera, intende chiudere un cerchio aperto da troppo tempo. Mi confida che ha un sogno, quello di tornare a visitare Alicudi, l’isola che ha dato vita al suo lavoro e non esclude la possibilità di organizzare nuovi incontri con i lettori, anche nel resto d’Italia.

Voi siete pronti a scoprire questa bravissima autrice calabrese, originaria di Palmi, e il suo universo narrativo? E se ve lo chiedessero, sapreste indicare tre oggetti che portereste su un’isola deserta?

Vi lascio con questo quesito e con poche note biografiche sull’autrice, il resto dovrete scoprirlo da soli.

Buona lettura

Marta Lamalfa è nata a Palmi, in Calabria, nel 1990. Vive a Roma, dove lavora per un’organizzazione umanitaria. È laureata in Lingue mediorientali, si è specializzata in Editoria e scrittura e ha studiato pianoforte a livello accademico. Ha frequentato il laboratorio annuale della Bottega di Narrazione, scuola di scrittura creativa diretta da Giulio Mozzi e Giorgia Tribuiani.