Ralph Waldo Ellison ha scritto Uomo invisibile (edito in Italia da Einaudi) in cinque anni ed è stato l’unico libro che ha vinto nel 1953 il National Book Award.
L’autore americano esplora lo “stereotipo”, l’universo dell’opinione rigidamente precostituita e generalizzata, che soppianta le individualità e rende i diversi delle entità invisibili. Il nome, il cognome, la storia e i sentimenti di una persona scompaiono di fronte all’idea che una parte della società, in questo caso i bianchi, ha di un’altra parte della società, i neri. Il volume quindi tratta questioni sociali e intellettuali che riguardano la realtà afroamericana, compresi i rapporti con il marxismo e con quello che alcuni definiscono il “nazionalismo nero”, nato dall’attivismo del sindacalista Marcus Garvey che in seguito predicherà il ritorno dei discendenti degli schiavi in Africa.
Storia letteraria e protesta sociale
Uomo invisibile è un capolavoro letterario e allo stesso tempo una penetrante opera di protesta sociale. La rivista Time lo inserirà tra i cento migliori libri del secolo scorso – pare abbia influenzato addirittura la formazione del presidente Barack Obama.
Luciano Gallino nella sua illuminante prefazione al libro, richiama un’intervista del 1955 apparsa su Paris Review in cui l’autore lo dice a chiare lettere di “non scorgere alcuna dicotomia tra arte e protesta”. Sempre nella prefazione, Gallino riporta questa opinione di Ellison: “Anche Le memorie del sottosuolo di Dostoevskij sono, tra altre cose, una protesta contro le limitazioni del razionalismo ottocentesco; Don Chisciotte, La condizione umana, Edipo Re, Il processo – tutte queste opere incorporano una protesta, perfino contro le limitazioni della vita stessa. Se la protesta fosse antitetica all’arte, che cosa ne dovremmo fare di Goya, Dickens e Twain?”
La storia è scritta in prima persona e non trapela mai il nome del protagonista, ma è chiaro che vi è molta autobiografia. Nel prologo un afroamericano si dichiara invisibile e di avere una collezione di 1639 lampadine. Racconta tra l’altro di vivere abusivamente in una sezione dimenticata del seminterrato di un “condo” affittato solo ai bianchi – sin dal primo capitolo vi troverete di fronte a questo male sociale, il già citato stereotipo.
Il giovane racconta di essere stato uno studente modello, che un giorno, dopo avere scritto un bel discorso sul bisogno di umiltà da parte dei neri nella loro sacrosanta lotta per i diritti, è invitato a leggere queste sue opinioni innanzi a un pubblico di bianchi, leggerà il suo discorso dopo avere partecipato alla Battle Royal, un incontro di pugilato tra neri, dove lui combatte bendato contro altri neri a loro volta bendati, un tutti contro tutti innanzi a un pubblico di soli bianchi. Alla fine dell’incontro riceve una borsa di studio che gli permetterà di frequentare un istituto – per soli neri.
La difficile strada di un intellettuale di colore
Dopo una serie di delusioni nel mondo universitario, dove tocca con mano che l’unica maniera di fare carriera è sottomettersi ai bianchi, il protagonista parte per New York, in tasca ha delle lettere di raccomandazione preparate da chi sembrava fosse dalla sua parte, ma ben presto scopre che nelle lettere c’è scritto esplicitamente di tenerlo alla larga da qualsiasi ambito scolastico o lavorativo. Allora il protagonista tenta la strada della fabbrica dove, dopo varie vicissitudini, entra in contatto con la “Confraternita”, di ispirazione marxista. Gli piace l’ambiente, si coltiva, diventa un oratore, riesce a fare proseliti ma si attira da una parte le invidie dei compagni e dall’altra le antipatie dei nazionalisti neri che reputano la “Confraternita” un’organizzazione al soldo dei bianchi. C’è un punto chiave nella storia: durante un funerale il protagonista veste di nero e porta degli occhiali neri come tutti i presenti, ma i compagni della “Confraternita” lo scambiano per un altro, quindi lui riflette su questo: alla confraternita probabilmente non interessa la sua individualità, ma il fatto che la sua pelle sia nera.
Dopo il funerale ad Harlem scoppia una rivolta razziale in cui si vedono confrontarsi la Confraternita e i nazionalisti neri. Il cerchio si chiude, in contesti diversi: tornano i neri che si confrontano ma questa volta sul ring della strada.
A questo punto la storia torna al presente del prologo, dove il narratore accende le sue 1639 lampadine, sottoterra, all’insaputa della compagnia elettrica.