FEFF 20: cinema-therapy

Udine – durante il FEFF c’è un’intera città che respira, persone che vivono la gioia di un evento fresco e giovane, che trasformano le proprie abitudini per vestirle sulle orme tracciate dal festival.
La rassegna è un vero catalizzatore, una centrifuga, un eccezionale calderone emotivo nel quale ribolle cultura, bellezza, allegria!
Entrando a Teatro durante le giornate del FEFF o anche semplicemente passeggiando per le vie del centro, trasformate in un allegro caravanserraglio di colori, forme e movimenti (con l’intera via centrale adattata a una neo Chinatown), si assiste a flussi continui di giovani che da tutto il mondo si riuniscono per scambiarsi opinioni e confrontare/mescolare visioni e culture differenti. Un’esplosione pacifica di curiosità e fame di conoscenza che rende tangibile il valore di una manifestazione

che ormai non appartiene più solo agli appassionati, ma ha contagiato anche moltissimi scettici. E ha dato l’esempio di come la cultura possa essere ancora tema di discussione, fonte di aggregazione, spinta imprenditoriale vincente, solo con l’energia delle idee e la forza della professionalità organizzativa.

Adifferenza di molte altre cose, il FEFF lascia dietro di sé molta nostalgia e un senso di vuoto durante tutto l’anno…
Ed entrare al Teatro Nuovo Giovanni da Udine (con i suoi milleduecento posti sempre gremiti) è, ancora una volta, come frequentare una sala di Tokyo, Manila o Seul.
Novità 2018: oltre al premio del pubblico al miglior film, il Gelso d’Oro, e al premio degli accreditati Black Dragon (Gelso Nero), ci sarà il Gelso Bianco alla miglior opera prima/seconda assegnato da una giuria di esperti.

Inoltre, prende il via un nuovo evento annuale dal titolo “Discovering the past: Asian Film History” che quest’anno sarà dedicato al cinema filippino nella seconda guerra mondiale.
Iniziamo la panoramica sui titoli finora proposti:
Our time will come di Anni Hui, Hong Kong: sulla carta si presentava come un “filmone”, ma sullo schermo si sgonfia da subito. Manca il respiro epico, regia&foto sono alquanto piatte e risulta confuso nei toni da seguire. Grossa delusione. Voto: 5

Side Job di Hiroki Ryuichi, Giappone: delicatissima incursione nel reale del quotidiano che ha nel tocco registico un grande valore aggiunto. Un collage di giornate che segue con poesia l’intimità di persone comuni incrinata dalla storia (tsunami, Fukushima, …). Un piccolo, grande film. Voto: 7/8

Chungking Express di Wong Kar-wai, Hong Kong: uno degli inizi più belli mai visti, senza paura di smentita. E uno stile (regia, montaggio, fotografia) che lascia a bocca aperta. Due episodi incrociati: il primo è un condensato di adrenalina e meraviglia, il secondo sconta un po’ la sua ripetitività pur mantenendo momenti di pura poesia. Imperdibile. Voto: 8+

Take me to the Moon di Hsieh Chung-Yi, Taiwan: il classico film giovanilistico, grazioso, piacevole, scorrevole. Una ricetta collaudata, gestita con leggerezza, buon mestiere e la giusta dose di sentimentalismo. Voto: 6 ½

The 8 year engagement di Zeze Takahisa, Giappone: già dai primi minuti si mostra  pericolosamente superficiale nella scrittura e immaturo nella tecnica cinematografica.

Dear Ex di Mag Hsu & Hsu Chih-yen, Taiwan: un filmetto, nulla più che un passatempo con nessun interesse di rilievo. Il soggetto avrebbe meritato una maggior struttura e un’idea di regia ben più solida. Voto: 5

The battleship Island – director’s cut: di Ryoo Seung-wan, Corea del Sud: senza parole, chapeau! Storia intensa, densissima, piena di risvolti e avvincente; regia di livello mondiale, scene d’azione e di massa da lasciare veramente senza fiato. Effetti credibilissimi, la giusta dose di retorica e attori super. Non manca un clamoroso omaggio a Ennio Morricone. Bello, senza se e senza ma! Voto: 9