a Satnam Singh
De rerum natura, nella natura delle cose, sulla natura delle cose, sul rapporto tra l’uomo e la natura e le nostre responsabilità personali. La natura come madre, divina e cattiva, avvolgente e magnanima.
Prima di Cristo, già Lucrezio ci metteva in guarda affinché prendessimo coscienza della realtà, delle nostre voglie e passioni che non sempre riusciamo a comprendere ma che seguiamo fino alla fine. Paura? Terrore? Desiderio e bramosia? Come cacciatori inesperti con pallottole calibro 9 distruggiamo quella stessa vita che ci ha salvato la vita, abbiamo la memoria di un pesce rosso, l’empatia di una terra ormai bruciata dal sole troppo caldo. Forti, ci sentiamo forti e padroni della natura.
Siamo la controfigura dell’ingegner Cane a sparare sentenze da un pulpito, come tanti politici dei nostri tempi. Pronti a buttarci da un ponte sullo stretto di Messina. Pronti a schiantarci su lastre di cemento, senza più alberi dal tronco rosso. Tra palazzi e grattacieli camminiamo su marciapiedi incontaminati che le banchine, quelle di ghiaccio, non esistono più.
Lucrezio, i suoi versi e la natura, madre natura, la madre terra, l’origine di tutto e il tutto a cui possiamo sperare di tornare sono lo spunto di partenza, il trampolino di lancio per il drammaturgo Fabio Pisano e il regista Davide Iodice che per la settima edizione della rassegna estiva Pompeii Theatrum Mundi portano in scena nella magnifica cornice del Teatro Grande di Pompei le nostre ansie più grandi.
I temi del De Rerum Natura si vestono di attualità e i sei libri di Lucrezio diventano sei racconti legati tra loro per sensibilità e tematiche, questioni attuali e piccoli grandi eroi quotidiani. Tutti siamo parte del problema e tutti possiamo essere parte della soluzione. Sei storie, sei lati di una stessa pietra che rotola pronta a schiantarsi contro di noi, sei facce di un meteorite chiamato uomo che porterà a tragiche conseguenze. Sei tasselli, dadi di un macchinario pronto a tranciare il braccio di un uomo, di un giovane lavoratore morto in nome del profitto. Mano d’opera agricola vittima del caporalato e di quel profitto che sarà croce e delizia, ma sopratutto croce per i nostri giorni a venire. Quei giorni che ci vedranno tutti affetti da solastagia, una nuova ansia tra quelle che proprio non ci mancavano. Nostalgia di casa, quando quella che credevi essere la tua casa cambia tutto intorno in modo negativo.
Quel senso di perdita che proviamo ogni qualvolta un ghiacciaio si scioglie come il Pico Humboldt in Venezuela, un albero viene tagliato, una città viene sommersa dall’acqua piovana o un letto di un fiume diventa morte. Tutto questo è causa del cambiamento climatico che è causa dell’uomo, l’unico vero distruttore di mondi. Non ci sono soluzioni, abbiamo solo questo pianeta. There is no planet B. Sottotitolo di questo nuovo De Rerum Natura, cento minuti, un unico atto a fare da megafono. omaggio alle nuove generazioni che non ci stanno, ribelli e briganti senza futuro, no future. Nuova generazione, ultima generazione, movimenti che gridano muti perché non sentiamo le loro battaglie di impegno sociale ed ecologico. Da una ragazzine di Stoccolma alle donne anziane di Lesbo, dalle terre laziali alle miniere d’oro africane un solo urlo si alza tra i frammenti portati in scena, sono le menti migliori di una generazione. Dove le nostre hanno fallito, loro ci credono ancora. La storia di un bracciante e il suo datore di lavoro richiamano alla mente la tragica morte di Satnam Singh.
Un operaio batte forte la sua vanga e al ritmo incessante di un tamburo, di un cuore malato, chiede la pioggia, vuole la pioggia per una terra bruciata dalla alte temperature mentre un vuoto caporale si prende gioco di lui, che invece non molla, che ancora ci crede, come Fabio Pisano che sul finale ci invita a seguire le stelle, a guardare il cielo, costellazioni e disegni nelle caverne. Possiamo ricominciare da qualche parte? Non ci arrendiamo, siamo pronti a vivere su un albero, a fare della nostra casa un nido, ad essere nido per gli altri animali. Dovremmo essere tutti Julia Butterfly Hill,dovremmo essere tutti Greta Thunmberg. E con il giovane drammaturgo ci credono i ragazzi del progetto speciale Orchestria di musica inclusiva della scuola elementare del teatro e i dieci attori che si alternano sul palco a raccontare le sei storie legate tra loro dai versi di Lucrezio e da una madre natura, a volte partecipe, a volte spettatrice, bianca d’avorio, bianca di polvere. Qualche volta cercata e subito rivenduta, troppo preziosa per non essere sfruttata. Trovata da minatori africani alla ricerca dell’oro, come abitanti del futuro che rovistano tra le nostre rovine, quelle che lasceremo. Quelle che troveranno. Alla fine è tutta colpa del capitalismo.
È una guerra continua contro i ministri dello stato messi in crisi da una giovane attivista italiana. Politici che perdono il filo del discorso e si perdono in un mare di carte e scartoffie e palazzinari cinici e venali che non credono, non capiscono, distratti e succubi del potere. Mentre una giovane donna vive sulla Luna, tra i rami di quella che sarà casa sua per più di settecento giorni, un’orsa polare e il suo cucciolo vengono uccisi, vittime di ricercatori, vittime della stupidità umana, vittime della paura che sempre ci frega. There is no planet B, è l’unico che abbiamo, dovremmo imparare a prendercene cura, avremmo dovuto imparare. Futuro, una bella parola che a tanti è stata negata, a tutti verrà negata se non faremo qualcosa. “Non volete ascoltare quello che chiede la Natura col suo grido imperioso?”
DE RERUM NATURA
[There is no planet B]
liberamente ispirato al De Rerum Natura di Tito Lucrezio Caro
adattamento e regia Davide Iodice
drammaturgia Fabio Pisano
con (in o.a) Aida Talliente (La Natura/Prima Donna di Lesbo/Mamma Orsa), Ilaria Scarano (Seconda donna di Lesbo/Emilia), Carolina Cametti(Terza donna di Lesbo/La donna sull’albero), MariaTeresa Battista (Venere), Greta Domenica Esposito (Ragazza), Sergio Del Prete (Ministro/Pacific Lumber), Wael Habib (Bracciante/altre figure), Giovanni Trono (Padrone/altre figure), Marco Palumbo (Striato, altre figure), Emilio Vacca (Protele, altre figure)
e con la partecipazione straordinaria di ORCHESTRÌA: Marco Fuccio, Giancarla Oliva, Chiara Alina Di Sarno, Giuseppina Oliva, Tommaso Renzuto Iodice, Simone Rijavec, Laura Errico, Alessandro La Rocca, Paola Gargiulo, Antonella Esposito, Massimo Renzetti, Guglielmo Gargarella, Dmitry Medici, Nicolas Sacrez, Lucrezia Pirani, Melina Russo, Giulio Sica, Francesco Cicatiello, Alina Shost, Giulia Caporrino, Daniele Rensi, Ilaria Giorgi, Giulia Albero, Giorgio Albero.
scene maschere e pupazzi Tiziano Fario
costumi Daniela Salernitano
luci Loic Francois Hamelin
musiche originali Lino Cannavacciuolo
assistente alla regia Carlotta Campobasso
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale
Grazie a Sara Angela Fontanarosa per le foto