Nella splendida cornice del Teatro Grande di Pompei torna per la sua sesta edizione il Pompeii Theatrum Mundi, la rassegna estivo del Teatro Nazionale di Napoli con un programma in equilibrio precario tra classico e contemporaneo.
Apre le danze Clitennestra, per la regia di Roberto Andò in un adattamento dal La casa dei nomi, romanzo di Colm Toibin che racconta della moglie di Agamennone che fa del desiderio di vendetta la sua ragione di vita, una donna simbolo considerata da sempre l’anti Penelope, perfido mostro riabilitata da filosofi e scrittori. L’ago della bilancia tra matriarcato e patriarcato, pendente inevitabilmente da un lato, tornato in equilibro in tempi più vicini.
In bilico tra ciò che siamo stati e quello che avremmo potuto essere, le figure classiche vengono come trasportate ai giorni nostri rendendo così una tragedia lontana nel tempo fatto di cronaca. I personaggi legati al loro destino diventano protagonisti delle loro azioni.
Nessuno esce vincitore nel dramma greco, nemmeno gli stessi dei che vengono qui ridimensionati. Qualcuno ci crede, come Agamennone, Ivan Alovisio, che sacrifica la figlia per un vento favorevole di sangue e guerra. Altri ancora ripudiano, rifiutano l’idea stessa di dio. Clitennestra, una splendida Isabella Ragonese, donna, madre, cospiratrice, amante, folle.
Tutti, lontani dal fardello divino, diventano umani, vicini a noi. E così, all’interno del antico teatro romano, con il Vesuvio in lontananza che la fa da padrone, da vero deus ex machina, diventiamo vendetta e passione.
Amore oltre l’amore. Amore per una figlia, Ifigenia, Arianna Becheroni, che muore per mano di un padre, per un destino non scritto, voluto da dei spauracchi che non esistono. Lei ingannata per amore, questo sentimento così forte, meraviglioso e meschino, violento e dolce, miele e fiele, lei venuta per incontrare uno sposo non sposo, Achille, Denis Fasolo.
Ogni gesto è conseguenza di un altro. Clitennestra, donna infedele e colpevole, è un personaggio divisivo, umano nelle sue contraddizioni, nei suoi errori , nei suoi gesti. Fedrifraga tradita, assassina assassinata. Lei che tesse fili spezzati, riannoda lacci staccati, lei che seduce Egisto, Federico Lima Roque, viene sedotta dalla vendetta. Una sete implacabile, una sete vigliacca che alimenta e non toglie.
Ogni personaggio è una stecca di biliardo che spinge palline che spingono altre palline, in una danza forsennata curata da Hubert Westkemper. Pedoni che mangiano pezzi più grandi e importanti, feriscono e uccidono in fontane colorate, sui ponti di navi che portano a casa, su letti e piazzali messi lì per noi da Gianni Carluccio, alle scene e alle luci.
Fantasmi che tornano nelle notti senza sonno, che raccontano fattarielli come donne anziane di un popolo ormai dimenticato, Katia Gargano.
Sono spettri, presenze che accompagnano i protagonisti di questa triste vicenda dall’inizio alla fine. Prima ancora degli spettatori ci sono loro ad attendere, come echi lontani di quello che saranno e diranno. Presenze oscure guardano da lontano il pubblico pagante che guarda loro cercando di capire chi siano.
Anime pie a un funerale, ospiti a un banchetto di nozze mai avvenuto, solo sognato, pregato, illuso. Vittime, complici, testimoni. Pregano per Agamennone, vittima degli dei macchiato del più grave dei reati. Piangono per Cassandra, Cristina Parku, catturata, dono prezioso, bottino di guerra, concubina, il cui dono profetico sarà causa di morte, vestita di rosso da Daniela Cernigliaro ai costumi.
Sono vicini ad Elettra, Anita Serafini, pazza di troppe verità conosciute , di notti trascorse in letti macchiati di oltraggio.
Tutti colpevoli, tutti innocenti, tutte anime vere. Uomini e donne che credono, che hanno creduto, non più solo burattini nelle mani degli dei. Sofferenze, drammi, vite, quelle dei giorni nostri. Le loro storie sono le nostre storie, personaggi che vivono profondamente la loro condizione. Proprio perché allontananti dagli dei, artefici del proprio destino, diventano immortali e vivi. Come lo siamo noi quando si spengono le luci e possiamo finalmente applaudire questa macchina meravigliosa che si chiama teatro, che rappresenta la vita che mette in scena se stessa da sempre e speriamo per sempre.
CLITENNESTRA
da La casa dei nomi di Colm Tóibín
adattamento e regia Roberto Andò
con Isabella Ragonese (Clitennestra), Ivan Alovisio (Agamennone), Arianna Becheroni (Ifigenia), Denis Fasolo (Achille), Katia Gargano (donna anziana del popolo), Federico Lima Roque (Egisto), Cristina Parku (Cassandra), Anita Serafini (Elettra)
coro: Luna Cenere, Luca De Santis, Eleonora Fardella, Sara Lupoli, Paolo Rosini, Antonio Turco
popolo: Nunzio Abbruzzese, Pia Castiello, Francesca Cercola, Flavio D’Andrea, Giovanni D’Apice, Valentina Di Leva, Vincenzo Di Leva, Michele Iazzetta, Domenico Pio Longobardi, Giovanni Martino, Giulia Martone, Ines Mennella, Pasqualina Pasqua, Giulia Piscitelli, Maria Teresa Romita, Carmela Ruocco, Alfonso Sibilo, Francesca Pia Russo, Giuseppe Staiano, Salvatore Testa, Giancarlo Tramontano
scene e luci Gianni Carluccio
costumi Daniela Cernigliaro
musiche e direzione coro Pasquale Scialò
suono Hubert Westkemper
coreografie Luna Cenere
trucco Vincenzo Cucchiara
parrucchiera Sara Carbone
aiuto regia Luca Bargagna
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Campania Teatro Festival – Fondazione Campania dei Festival