Il primo motivo di una ironia che poi nel procedere della storia si rivelerà molto amara, sta proprio nel titolo di questo ultimo romanzo dell’australiano Torsten Krol: Callisto fa pensare al superlativo greco “kallistos” che vuol dire qualcosa come “bellissimo”; parola che nel caso di questa storia individua una insignificante cittadina, da qualche parte del Kansas. Il luogo in cui si svolge questo “intrigo americano”.
Odell Deefus è un giovanottone americano, ignorante, al limite “stupido”, piuttosto stereotipato, se vogliamo. Ma ciò che più conta è che dal momento in cui questo imberbe ammiratore di Condoleeza Rice in fuga dalla famiglia resta a piedi a Callisto, gli cadono addosso una serie di sciagure contro cui non ha altro che la propria pellaccia di ingenuo e fiducioso aspirante servitore della democrazia. Sì, perché a Callisto egli pensa bene di arruolarsi per andare a fare il suo dovere in Iraq (ma le motivazioni sono soprattutto di natura economica).
Nell’oscura cittadina di Callisto, Odell si imbatte in Dean Lowry un misterioso personaggio che cela in casa maleodoranti segreti. Dean esce tragicamente di scena – la “colpa” è proprio di Odell – lasciando l’ospite in un ingarbugliato intrigo fatto di predicatori televisivi (“teo-con” per usare una definizione in voga), poliziotti ambigui, agenti della CIA sospettosi e anche pericolosi, e la sorella, Lorraine Lowry, una losca figura di donna. Della quale, naturalmente, Odell finisce per innamorarsi…
In tutto questo bailamme di cospirazione, Odell si muove con la disinvoltura dinoccolata e con l’autostima eccessiva tipica del più tipico dei cretini; riesce però a suscitare una forma mista di divertimento e tenerezza nel lettore. E solo in questo, visto che, pedina in un gioco cinico che chiama in causa tutto il peggio dell’America da cartolina del terrore a cui sembriamo oramai abbonati, tutti lo osteggiano, lo odiano, lo dileggiano e soprattutto lo usano (“Odell è un nome da negro…”, tanto per incominciare).
La drammatica esplosione che distrugge la casa in cui si è oramai abusivamente insediato e che quasi lo leva di mezzo segna una cesura: quando Odell riapre gli occhi ha di fronte il quadro della “guerra tra civiltà” che complica in un esagerato, cupo, inestricabile ordito i fili della sua storia di scapestrato tardo-adolescente sempre pronto a credere nelle buone intenzioni degli altri.
Si potrebbe addirittura chiamare in causa la lezione di moderni pensatori come Dahrendorf, tra coloro che hanno messo in luce il paradosso della lotta senza quartiere al terrorismo, condotta in nome di un modello di civiltà – quello occidentale –, ma in cui si finisce per fare a se stessi proprio quei danni che il terrorismo non arriverebbe a fare (leggi: controllo e limitazioni alle libertà personali). Ma chiamare in causa tutto questo pare, più che esagrato, superfluo. Krol ha un modello di fronte ed è quello di Guantanamo; in una visione peggiorativa ha giocato a calare il suo scanzonato personaggio in questo marasma umano e tecnologico, per vedere attraverso i suoi occhi ingenui, per raccontarlo attraverso la sua lingua incerta. Aldilà dei toni, le tinte sono spesso intrise di un sarcasmo feroce, a tratti di un pessimismo distruttivo.
Per capire poi che lingua parli Odell, basti riprendere la nota del traduttore (F. Pacifico), che sintetizza quella che pare una calzante impressione sul libro: “Non mi assumo nessuna responsabilità per questa storia, il gran bifolco ventunenne Odell Deefus, non sa l’inglese. Purtroppo per me ha vissuto una storia talmente incredibile – a causa della immaginazione pervertita post-televisiva, post 24, post Prison Break, post South Park, post Patrioct Act, del suo autore – che è costretto, davvero costretto, a raccontarla. La consecutio temporum praticamente non c’è; proverbi e modi di dire sono quasi sempre storpiati […]. Nella traduzione, per passare dalla lingua white trash a quella di Dante ho dovuto prendere molte decisioni arbitrarie…”.
Insomma, Krol rimodella il suo giovane Holden del terzo millennio sulle figure dell’oggi filtrando dalla melassa massmediatica, tutte le infinite serie televisive che finiscono per formare la sotto-cultura di riferimento di Odell (una specie di Fox-generation). A tutto questo il ragazzo non ha da contrapporre che un libro per l’infanzia – l’unico libro da lui letto, letto e riletto – intitolato Il cucciolo; Krol traccia così la possibile traiettoria di un incubo tutto americano e ce la porge, crudamente. …E noi ci siamo divertiti a leggerla..
Nota sull’autore
Torsten Krol vive da qualche parte nell’immenso continente australiano. Non si sa nulla di lui, a parte il fatto che comunica solo via e-mail e che prima di Callisto è stato autore di The Dolphin People (2006).
Dal 2006 al 2019 è stato autore di undici romanzi, di lui non si sa ancora nulla. Qui una intervista a Krol.
(Questo articolo è comparso in Whipart.it la prima volta nel settembre 2007)