Brevi appunti cinefili #1 – En guerre + Shoplifters

En guerre
★★★★

Stèphane Brizé (La legge del mercato, Una vita) si prende la briga di muovere il sedere e portare la sua preziosa macchina a spalla in mezzo agli operai di una multinazionale tedesca in odor di licenziamento, con l’obiettivo di filmare una trattativa sindacale utilizzando segni e codici tipici del reportage bellico.
Il risultato? Un film potentissimo, che in un’epoca brutta e sciatta come la nostra riafferma la necessità di un cinema che si oppone strenuamente alla semplificazioni e alle scarnificazioni di certo populismo becero e arrogante.

En guerre è una grande opera, asciutta e netta, che guarda senza timori alle contraddizioni del nostro tempo senza nascondersi mai dietro al patetismo, facendosi carico della scelta – tutt’altro che scontata – di percorrere la strada meno agevole, ma che conduce dritta dritta al nocciolo della questione: affrontare con grande consapevolezza un tema dalla fortissima complessità strutturale, raddrizzando le storture massmediologiche e riaffermando la superiorità etica (ed estetica) della settima arte sul racconto emotivo fornito dalla televisione e dalla carta stampata.

Un film istantaneo e fatalmente destinato a un precoce invecchiamento? Può essere, ma considerando che qualche settimana fa undici milioni di connazionali hanno spalancato le porte del Ministero del Lavoro a un certo Luigi di Maio, direi che mai come oggi esiste l’obbligo morale di produrre opere come quella di Brizé, che non ha paura di sporcarsi le mani e di giocare a carte scoperte di fronte a un pubblico sempre meno propenso al dialogo e incapace di convogliare la rabbia nella giusta direzione.

 

Shoplifters
★★★

Senza girarci troppo intorno: il miglior film di Hirokazu Kore-Eda.

Ammetto di avere più di un problema con il cinema del giapponese, ma devo riconoscere che in questo caso il regista riesce con grande abilità a distendere il racconto su un tappeto narrativo dalle trame semplici ma allo stesso tempo convincenti, le cui maglie si allargano centrifugamente e in maniera inesorabile sino al raggiungimento di un finale dal montaggio alternato che mostra il controcampo dell’incoerenza, familiare e sociale.

Un film che sa essere profondamente politico e a suo modo persino spiazzante, senza mai diventare delatorio o, peggio ancora, dispensatore di una comprensione calata con benevolenza dall’alto di un piedistallo; peccato per la consueta risma di sottofinali all’insegna del didascalismo e qualche ruffianeria dosata nei centroventi minuti – troppi – di durata.

E dunque? Bello questo Shoplifters (in Italia uscirà nel corso della prossima stagione col titolo di Un affare di famiglia), ma la Palma d’oro stona un po’.

Shoplifters (Hirokazu Kore-eda)
Shoplifters (Hirokazu Kore-eda)