Bohemian Rhapsody: Freddie we still love you

Dopo anni di incertezze ha visto finalmente la luce uno dei biopic più attesi di sempre: Bohemian Rhapsody. Il film ripercorre una parte della vita di una delle band più iconiche e importanti di tutti i tempi, i Queen, e del loro frontman, Freddie Mercury, leggenda immortale tanto che “l’unica cosa più straordinaria della loro musica è la sua storia”.

Inutile quindi sottolineare l’enorme aspettativa che grava sulle spalle di questo ambizioso progetto voluto dagli stessi membri superstiti dei Queen, Brian May e Roger Taylor, i quali annunciarono il film più o meno dieci anni fa. Da allora si sono avvicendati registi, ripensamenti, licenziamenti, cambi di rotta, difficoltà produttive, insomma un percorso a dir poco travagliato ma che alla fine ha avuto l’illuminazione. Di cosa stiamo parlando? Della scelta del protagonista che è ricaduta sull’attore americano di origini egiziane Rami Malek. Al principio doveva essere Sacha Baron Cohen, il quale però ha rinunciato. Interpretare un’icona della musica, un frontman inarrivabile con una voce e un talento unici e amato da milioni e milioni di fan in tutto il mondo è una responsabilità che avrebbe spaventato qualunque attore, ma non il giovane Malek. La sua performance è al centro della pellicola, la somiglianza fisica, incentivata da trucco e costumi impeccabili, sorprende e a tratti lascia a bocca aperta. Le sue movenze durante le scene musicali sono quelle di Freddie, il modo di stare sul palco, il microfono impugnato con la mezz’asta fino ad arrivare all’apoteosi del Live Aid 1985, quando i Queen diedero vita alla loro esibizione più memorabile.

Bohemian Rhapsody si concentra proprio sul periodo che va dal 1970 al Live Aid del 1985. Dalla prima scena in cui siamo di fronte a Freddie Mercury che sta per calcare il palco di Wembley, passiamo a un giovane Farrokh Bulsara intento a scaricare bagagli all’aeroporto di Heathrow e a lanciare occhiatacce a chi lo scambia per pakistano. In effetti il ragazzo ha origini parsi, nato nell’esotica Zanzibar da una famiglia indiana di religione zoroastriana, cresciuto a Bombay e all’età di diciotto anni trasferitosi a Londra. Farrokh vive con i genitori e la sorella, diviso tra la volontà del padre che vorrebbe fargli seguire le tradizioni parsi e il fermento artistico della capitale britannica dei primi anni settanta, in cuor suo sa già quale sarà il suo destino. Proprio i locali londinesi dove si esibiscono band in erba fanno da sfondo ai due incontri che cambieranno per sempre la vita del giovane Bulsara: da una parte Brian May (Gwilym Lee) e Roger Taylor (Ben Hardy), con i quali fonderà i Queen e dall’altra Mary Austin (Lucy Boynton), l’amore della sua vita nonostante l’omosessualità.
Nella prima metà del film assistiamo alla genesi del mito ma anche alle difficoltà di quattro ragazzi, nel frattempo si è aggiunto come bassista John Deacon (Joseph Mazzello), che inseguono un sogno. Dopo il primo singolo di successo, Killer Queen, il mercato discografico richiede un’altra hit e un altro album. Quello che ha in mente Farrokh, ormai ribattezzato Freddie Mercury (Rami Malek), diventerà una delle pietre miliari nella storia non solo del gruppo ma della musica: Bohemian Rhapsody. Stroncata dalla critica e dalle radio, sarà osannata dal pubblico di tutto il mondo dal 1975 fino ai giorni nostri. Nella seconda parte l’attenzione si sposta sugli anni del grande successo, i tour mondiali, gli eccessi ma anche i tormenti di Freddie. I rapporti con gli altri membri della band scricchiolano e si rompono dietro la scelta del frontman di farsi accerchiare da collaboratori discutibili allontanandosi sempre più dai veri affetti, alla ricerca di un’effimera felicità. La svolta arriva con la scoperta della malattia, Mercury torna sui suoi passi, i Queen riprendono a suonare insieme e tutto il resto, come si dice, è storia.

Raccontare quindici anni in poco più di due ore di pellicola non è certo una sfida facile, se poi si tratta dei Queen e di Freddie Mercury l’impresa è alquanto ardua. Probabilmente è il motivo per cui il film si prende alcune libertà artistiche che i fan più attenti non si faranno sfuggire. La sceneggiatura di Anthony McCarten si piega ai tempi cinematografici, per esempio: Fat bottomed girls arriva troppo presto, We will rock you troppo tardi, la consapevolezza dell’AIDS è anticipata di qualche anno. Nonostante queste inesattezze cronologiche, il biopic di Bryan Singer, sostituito a fine riprese da Dexter Fletcher, è un omaggio a un pezzo di storia della musica coraggioso e pieno di impegno. Le scene dei concerti, le musiche, i costumi, la scenografia e il cast sono perfetti, ognuno incasellato al proprio posto, ma forse è proprio per questo che Bohemian Rhapsody non è la grande opera rock che poteva essere. Freddie era ed è lontanissimo da tutto ciò che può essere classificato, decodificato o catalogato. La sua personalità poliedrica ed eccentrica, l’originalità, il genio, il carisma, l’immenso talento come cantante, autore e musicista, la sua incredibile energia sul palco, quasi niente di tutto questo traspare in modo prorompente, come era lui, nonostante la magnifica interpretazione di Rami Malek. Ma non è un errore o una mancanza del film: semplicemente Freddie Mercury è inarrivabile.

Bohemian Rhapsody
Regia: Bryan Singer
Cast: Rami Malek, Ben Hardy, Gwilym Lee, Joseph Mazzello, Lucy Boynton, Allen Leech, Aaron McCusker, Aidan Gillen, Tom Hollander, Mike Myers
Sceneggiatura: Anthony McCarten
Fotografia: Newton Thomas Sigel
Montaggio: John Ottman
Costumi: Julian Day
Trucco: Charlie Hounslow
Scenografia: Aaron Haye
Musiche: John Ottman
Produzione: GK Films, New Regency Pictures, Queen Films Ltd, TriBeCa Productions
Distribuzione: 20th Century Fox Italy
Paese: Stati Uniti d’America, Regno Unito
Genere: biografico, drammatico, musicale
Durata: 134 minuti
Data uscita: 29 novembre 2018