Il Biografilm Festival 2019 porta in Concorso da Cannes il doc Diego Maradona del regista premio oscar Asif Kapadia, sull’ascesa e caduta del Pibe de Oro, mentre in Storie italiane viene presentato Maurizio-Il sarrismo: una meravigliosa anomalia, opera prima di Francesco Inglese dedicata all’allenatore Maurizio Sarri. Filo conduttore e co-protagonista di entrambi i titoli: la città di Napoli, la sua vitale complessità, la sua ossessione per il calcio.
Maradona e Napoli
Diego Armando Maradona, dopo le tumultuose stagioni al Barcellona, approda al Napoli il 5 luglio 1984, voluto fortissimamente dall’allora presidente Ferlaino per trasformare una squadra a rischio retrocessione in una formazione proiettata verso traguardi mai sognati fino ad allora. Appena atterrato, Diego dichiara di cercare pace e tranquillità per potersi esprimere al meglio. Non le troverà mai veramente. Ben altro è in serbo per lui.
Dopo la consacrazione raggiunta con i documentari su Ayrton Senna e Amy Winehouse, Asif Kapadia ricostruisce la parabola di genialità e auto-distruzione di un’altra icona mondiale, Maradona, che prende forma proprio negli anni italiani trascorsi a Napoli (1984-1991): anni cruciali per la sua carriera e la sua vita personale. Anni che hanno forgiato il mito radicato nell’immaginario calcistico di Napoli e non solo.
Il regista anglo-indiano lo fa con assoluta perizia tecnica e ricerca documentale, assemblando un tappeto visivo che non concede pause, montato avendo a disposizione un repertorio di più di 500 ore di filmati – in buona parte inediti – girati da due cameraman Juan Laburu e Gino Martucci.
Un campione, due anime
Entriamo così in un San Paolo gremito per assistere alla presentazione del campione alla città. Scopriamo Maradona intento a giocare con la moglie e con le figlie. Lo seguiamo quando assapora la trasgressiva vita notturna nei locali di Napoli. Lo vediamo trascinare la squadra partenopea alla conquista di due scudetti e della ribalta europea.

Attraverso immagini di archivio, servizi Rai, filmati privati e radiocronache, Kapadia racconta l’uomo privato e quello pubblico, in perenne lotta. In voce off scorrono, inoltre, brevi estratti di interviste fatte dal regista allo stesso Maradona e tra gli altri alla sorella, all’ex moglie Claudia Villafane, al preparatore atletico Fernando Signorini, al compagno di squadra Ciro Ferrara, al biografo ufficiale Daniel Arcucci.
Le loro testimonianze sostengono il ritratto di Kapadia di un campione dalle due facce: da una parte, la persona Diego, umile e affettuosa che si è fatta carico della famiglia fin dall’adolescenza portandola via dalla poverissima favela Villa Fiorito di Buenos Aires; dall’altra, la figura pubblica Maradona, il campione ribelle, l’idolo, facile preda delle tentazioni e delle proprie debolezze. Vizi che a Napoli esplodono definitivamente, consegnandolo alla dipendenza dalla cocaina e ai controversi legami con la camorra della famiglia Giuliano.
Uno degli aspetti più interessanti del documentario è il rapporto di amore e poi di odio che Maradona intreccia con il nostro Paese, ma in particolare il rapporto unico ed esclusivo che stabilisce con Napoli. Diventa il simbolo del riscatto di una squadra e di una intera città, assurgendo a bandiera del popolo del Sud che negli stadi del Nord Italia viene sbeffeggiato e insultato (gli striscioni “Lavatevi”). Il campione argentino è santificato nella città partenopea restando però alla fine schiacciato da tanta, troppa, venerazione e dai demoni interiori che prendono il sopravvento.
Le ultime pagine italiane, dal Campionato del Mondo chiuso con la sconfitta della nazionale argentina alla squalifica per doping nel 1991, scrivono la solitudine del campione, ora detestato e lasciato solo nelle bufere giudiziarie, sportive e personali, e ne restituiscono un percorso di formazione dai risvolti inevitabilmente malinconici e dolorosi, dove nonostante la caduta, resiste il Mito.

Maurizio Sarri, l’anomalia del sistema
A lasciare un’impronta indelebile a Napoli è stato senz’altro anche l’allenatore Maurizio Sarri, protagonista dell’opera prima di Francesco Inglese Maurizio-Il sarrismo: una meravigliosa anomalia.
Sarri nasce a Napoli, da sempre si dichiara tifoso della squadra della città, anche se poi si trasferisce da piccolo in Toscana, da dove proviene la sua famiglia. È una personalità unica nel mondo del calcio per le sue idee calcistiche e per il suo atteggiamento agli antipodi del divismo con le sue tute al posto della giacca e cravatta. Laureato, lascia il lavoro in banca per inseguire la sua passione più grande – il calcio – dedicandosi esclusivamente ad allenare. Dopo una lunga gavetta nelle categorie minori, la panchina dell’Empoli rappresenta il trampolino di lancio, ma sono le tre stagioni a Napoli a segnare la svolta decisiva per la sua carriera. E per la città partenopea, che ritorna a sognare dopo il ciclone Maradona.
Sarrismo è dunque una filosofia di gioco votata alla spregiudicatezza, basata sull’armonia dell’organizzazione, ma anche un modo di essere, “espressione sanguigna dell’anima popolare della città di Napoli e del suo tifo”, come scrive la Treccani che ha inserito il sarrismo tra i neologismi della lingua italiana. Il Comandante, come viene soprannominato il mister, è un uomo acculturato e al contempo ruvido, quasi sgradevole e senza peli sulla lingua, che fa discutere con dichiarazioni controverse. L’idea con cui conquista i napoletani è la rivoluzione della bellezza, la “presa del palazzo” in un’ottica quasi anti-sistema.
A narrare la storia di Maurizio Sarri e la sua influenza su Napoli è il lavoro di Francesco Inglese che si rivolge allo spettatore con la voce narrante dell’attore Massimiliano Gallo e con interviste a varie personalità, artisti e addetti ai lavori, tra cui il sindaco di Napoli De Magistris, lo scrittore Maurizio De Giovanni, Federico Buffa, Paolo Condò, Lele Adani, il direttore della Rai di Napoli Francesco Pinto, Andriy Shevchenko, oggi ct della nazionale ucraina, Gianfranco Zola, secondo di Sarri al Chelsea; Edoardo Bennato e Anastasio, che già prima dell’inizio della lavorazione del documentario aveva dedicato una canzone all’ex allenatore del Napoli.
La metropoli partenopea sembra essere costantemente alla ricerca di un capopopolo, dopo Maradona è stata la volta di Sarri. Le storie non si concludono sempre con un lieto fine, lo spettro del tradimento (il passaggio alla Juve?) aleggia pesante, ma c’è una piccola, grande, eredità che merita di essere raccontata.