Uno dei titoli più apprezzati dal pubblico del Biografilm Festival è il francese Le Brio, commedia diretta dal regista e attore Yvan Attal, giunto al suo quinto lungometraggio, che affianca la madrina della manifestazione Camélia Jordana, già apprezzata in Due sotto il burqa di Sou Abadi e vincitrice proprio grazie a Le Brio del César per la migliore promessa femminile, allo straordinario veterano come Daniel Auteuil.
Camélia Jordana interpreta Neïla Salah, una studentessa al primo anno di legge della prestigiosa Panthéon II Assas di Parigi che viene presa di mira dal cinico e intollerante professor Pierre Mazard (Auteuil) il primo giorno di lezione, non solo e non tanto per essere arrivata in ritardo ma per le sue evidenti origini straniere, il suo abbigliamento poco elegante e la provenienza dal la banlieue, in questo caso il sobborgo di Créteil. Lo stesso, non a caso, dove è cresciuto Yvan Attal.
Gli smartphone degli altri studenti filmano però le provocazioni di Mazard che diventa virale sui social media mettendo nei guai l’uomo, costretto ad affrontare la commissione disciplinare con il serio rischio di perdere l’incarico. L’unica via di uscita è preparare Neïla per la prestigiosa competizione di retorica tra Atenei: se la giovane farà una bella figura, il professore sarà perdonato dei suoi atteggiamenti poco ortodossi in aula. Mazard, facendo leva sull’orgoglio e sull’ambizione della ragazza, riesce a convincerla a partecipare alla gara.
L’eloquenza contro la discriminazione
La struttura narrativa di Le Brio non è certo originale: due personaggi agli antipodi per storia e caratteristiche che mal si sopportano ma che, avendo un obiettivo comune, condividono un percorso capace di cambiarli attraverso la reciproca conoscenza. Il campo di battaglia della commedia è la lotta ai pregiudizi, alle etichette sociali e identitarie imposte dal luogo di provenienza, dalle cerchie di amici e familiari ma anche e soprattutto da noi stessi. Classificazioni che ostacolano su grande scala l’integrazione, se pensiamo alla questione mai risolta delle seconde generazioni dei migranti, e frenano i sogni e le ambizioni a livello personale. L’arma sono le parole e, più in generale, la conoscenza condensata nella letteratura e nella filosofia, Arthur Schopenhauer in testa con le sue strategie per riuscire a convincere l’interlocutore, al di là della verità.
Dopo altri film francesi che hanno da vari punti di vista raccontato il rapporto studente-professore soprattutto nel contesto dell’aula scolastica, come Un giorno nella vita e La classe, Le Brio si concentra sul confronto umano e dialettico tra Neïla e Mazard e sulle posizioni che questi incarnano. Un confronto che permette ai due personaggi di avvicinarsi, conoscersi e alla fine apprezzarsi, nonostante le rispettive zone d’ombra e fragilità. Attal non allarga lo sguardo sul macro – la rappresentazione della vita della protagonista nel sobborgo di Creteil è infatti volutamente aproblematica – ma fa del “micro” percorso di Neïla Salah un esempio positivo di integrazione e determinazione diretto a un pubblico multirazziale e culturale.
Le Brio è un feel good movie che invita a non arrendersi di fronte ai pregiudizi e soprattutto a non cedere alla tentazione di arrendersi in partenza, facendosi piuttosto guidare da ambizioni, sogni e motivazioni, anche quando non sono le più nobili. Daniel Auteuil e Camélia Jordana sostengono i loro personaggi con due performance carismatiche e convincenti. Il ritmo è sostenuto, la scrittura dei dialoghi brillante, peccato lo snodo narrativo sia alla fine risolto in maniera fin troppo affrettata e il film non abbia il coraggio di sfruttare gli spunti offerti dal personaggio politicamente scorretto di Daniel Auteil soprattutto all’inizio del film.