La notizia di questa produzione circolava già da mesi. Da qualche giorno la rete HBO ha lanciato il trailer della nuova serie Tv “The Plot Against America”, ispirata all’omonimo romanzo di Philip Roth. Sulla pagina FB ufficiale dedicata allo scrittore troverete il trailer e qualche informazione. Una grande occasione per i tanti estimatori di un autore che ha lasciato un vuoto incolmabile scomparendo nel 2018. Un vuoto che qualcuno ha cercato di colmare scavando nella sua vita newyorkese.
Macchinazioni americane
The Plot Against America, testo del 2004, è stato pubblicato e tradotto per l’Italia da Einaudi. In questo libro Roth crea una storia alternativa in cui al posto di Roosevelt viene eletto un presidente filo-nazi. Il tutto ambientato nella Newark degli anni Quaranta, la città del New Jersey in cui lo scrittore è nato. Newark e la sua comunità ebraica sono una presenza costante nell’opera con forti tratti autobiografici di Roth. Per coloro che non conoscono lo stile di Roth sarà una bella sorpresa scoprire il suo modo di raccontare cose come sesso e politica. Colpirà il giudizio spesso “colorito” sulla politica e la società americana; a volte condito da sarcastiche considerazioni, e comunque sempre intessuto di critica per il moralismo e le discriminazioni che la caratterizzano.
Nelle battute iniziali di La macchia umana (“The Human Stain”, 2000) – un altro romanzo in cui ricorre i concetto di “macchinazione” – vi leggiamo, circa l’anno 1998: “L’estate in cui Coleman mi fece le su confidenze su Faunia Farley e il loro segreto fu, […], l’estate in cui il segreto di Bill Clinton venne a galla in ogni suo minimo e mortificante dettaglio […]. Nell’aula del Congresso, sulla stampa e alla televisione, i cialtroni tronfi e morigerati, smaniosi d’incolpare, deplorare e punire, facevano i moralisti a più non posso […]; tutti ansiosi di celebrare gli astringenti riti purificatori che avrebbero estirpato l’erezione dell’esecutivo, rendendo così la situazione abbastanza confortevole perché la figlia decenne del senatore Liebermann potesse riprendere a guardare la tivù col suo imbarazzato paparino. No, se non siete vissuti nel 1998 non sapete cos’è l’ipocrisia.”
Philip Roth uomo di strada
Carattere schivo, non facile, nel ritratto dei suoi ultimi tempi a New York, ci sono le abitudini, gli oggetti; ma ci sono anche storie curiose, articoli sul privato. I suoi lati inediti hanno colmato lo spazio vuoto lasciato nei lettori in lutto, in questo anno e mezzo dalla sua dipartita. Per esempio, è venuto fuori un Philip Roth uomo della strada. Parliamo della sua amicizia con Enrico Andelman, figlio della guerra, cresciuto in Italia, venditore di libri, proprietario di una bancarella a Manhattan. Adelman conobbe Roth nel 1989 e gli chiese di firmare alcune copie dei suoi libri. Alla fine, sono state migliaia le copie di libri di Roth firmate dallo scrittore in persona, che hanno fatto la fortuna del libraio Adelman. Si tratta di una storia che ci dà una immagine positiva di uomo famoso, che non ha mai nascosto i propri difetti, e che, anzi, anche su questi ha costruito i suoi racconti.
Un libro da Newark
La serie Tv “The Plot Against America” è ambientata nella città natale di Roth, Newark. Come il romanzo da cui è tratta; come Pastorale americana, considerato il capolavoro di Roth. Si tratta di una città del New Jersey, non lontano dalla “Grande Mela”. Questo posto, che probabilmente, negli anni 40/50 era poco più di un anonimo sobborgo, ha dato un discreto contributo alla letteratura americana. Qui nacque, tra l’altro, Leslie Fiedler, alfiere della nuova critica americana a partire dagli anni Sessanta.
Roth visse la sua infanzia e adolescenza in un quartiere che si chiama Weequahic, abitato soprattutto da famiglie di religione ebraica come la sua. Abbiamo imparato a conoscere questi luoghi sin dai tempi del suo folgorante terzo romanzo intitolato Lamento di Portnoy (“Portnoy’s Complaint”, 1969). Se vogliamo possiamo definirlo un romanzo di formazione fuori dal comune. Un ritratto dello scrittore da giovane in chiave ironica, tragicomica, addirittura grottesca, nella forma di lunga confessione, o meglio, d’un lamento, dove il confessore post-moderno non può che vestire i panni alto-borghesi di un analista.
Volete iniziare Roth? Cominciate da qui. Eccolo: il “giudío” dal toupet corvino e crespo, dalla canappia ingombrante che – egli ne è convinto – non può che presentarlo da subito come discendente della gente di Israele. Un marchio di fabbrica. Ecco il lascivo, libidinoso adolescente ebreo di Weequahic, Newark, che spiattella tutto al dottor Spielvogel: amori, masturbazioni, contrasti familiari, finzioni politiche e intellettuali.
Proprio a quel tempo, la definizione di ciò che è “pop” stava ridisegnando tutte le mappe della critica. Secondo Leslie Fiedler il linguaggio della critica, negli anni Settanta in particolare, non era appropriato a giudicare la nuova letteratura, le nuove forme espressive, quelle che venivano definite del Postmoderno. Questo per lui implica il superamento del divario tra critica e pubblico, ma soprattutto tra artista e pubblico come tra professionista e amatore nel campo dell’arte. È quanto si legge in un suo saggio breve pubblicato nel 1972, dal titolo Cross the Border – Close the Gap. In questo lavoro nato come discorso all’Università di Freiburg nel 1968, e successivamente pubblicato su Playboy Magazine, Fiedler cita tra gli altri esempi di nuove forme, Lamento di Portnoy. Definisce il Portnoy “sconcertante”; l’arte di Roth è “esplicita, volgare, festante, schifosa e patetica allo stesso tempo”. E lui è per Fiedler “il maestro del romanzo ‘leggero’, il romanzo con la minima interiorità – ironicamente presentata come confessione a uno psichiatra”. Con la sua narrazione insomma Roth ci fa il solletico dato che “il suo libro non ha un significato preciso, non più di un qualsiasi altro giochino osceno”. “Io sono un ebreo fricchettone”, Roth insisteva, “non un savio”.
Leggete questo libro “immorale”, lo troverete divertente.