Una domanda di desiderio al teatro Tin di Napoli

Che cosa fa l’uomo nella vita? Desidera.

Di passioni umane e delle sue inevitabili conseguenze racconta il drammaturgo Manlio Santanelli al Teatro Tin di Napoli per la regia di Roberto Giordano.

Una goccia d’acqua può far traboccare un vaso, una piccola pietra in cima a tante altre piccole pietre può far cadere una torre. L’equilibrio tra le parti è quanto di più misterioso possa esistere e può bastare un soffio di vento a far crollare un castello di carte, un messaggio da lontano a far aprire varchi e anfratti nella vita di Emilia e Tommaso, marito e moglie da più di vent’anni.  Un sorriso all’improvviso e ho visto la mia fine sul tuo viso, sul viso di Federica Aiello che guardando negli occhi Carlo Di Maio racconta di uno strano messaggio. Una mail di un vecchio compagno di scuola che le chiede il permesso di desiderarla.

Una domanda di desiderio può diventare essa stessa desiderio. E come si risponde a questa domanda? Possiamo noi essere il desiderio di qualcuno in maniera inconsapevole per tutta una vita. Quanto saperlo può turbarci o ammaliarci? Bloccare questo pensiero sul nascere servirebbe a qualcosa? Vietare e non dare permessi, non accettare, fermerebbe il pensiero o come una valanga finirebbe per diventare sempre più grande e incontrollato, ingestibile.

Essere il desiderio di qualcuno. Saperlo. Raccontarlo. Uno tsunami è un’onda che entra nel porto, abbatte difese. Corrompe. Come in una partita a domino, nella relazione di coppia dei protagonisti, questa mail svelata diventa colpo che fa cadere tutti i pezzi. Una reazione a catena che porta rivendicazioni e verità mai davvero capite, forse nemmeno sapute.

 

Federica Aiello e Carlo Di Maio posizionano tessere da buttare giù, frasi che colpiscono, ricordi che tornano e feriscono.

Due persone che si conoscono bene sanno dove puntare, come fare fuoco e continuare nel  gioco del chi sono io e chi sei tu.

Due sedie sul palco diventano parole non dette, oggetti e soggetti di scena. Musica e danza, ballo e sostanza. Direzioni sulle quali muoversi, binari che inevitabilmente possono prendere percorsi diversi o camminare vicini senza però mai toccarsi, mai sfiorarsi. E quando ci provano, come Emilia ci prova, non si incontrano. Emilia, Federica, che tenta tra cambi di registro, tra ironia e sensualità, tra un sorriso e uno sguardo sexy a smuovere Tommaso, Carlo, a scuotere dalle fondamenta un uomo a suo modo tutto d’un pezzo, rigido nelle sue posizioni.

Tradimenti, segreti, bugie. Chiarimenti, spiegazioni. Parole, parole, parole.

Parlano Federica Aiello e Carlo di Maio, si confrontano Emilia e Tommaso, eppure sembra sempre che non si capiscano davvero.  E noi seduti in questo splendido gioiello che è il teatro Tin guardiamo un po’ anche noi stessi. Sorridiamo alle continue allusioni, ridiamo e ci ritroviamo nei due protagonisti. Tutti siamo stati Emilia, tutti almeno una volta siamo stati il desiderio di qualcuno. Tutti siamo stati Tommaso, deboli e forti nella nostra debolezza.

Tutti viviamo in relazione. Restiamo, andiamo. Ci spogliamo nudi di fronte all’altro cercando di riconoscerci. Proviamo a capire, sbagliamo, correggiamo. Ci sediamo, di nuovo. E ci adattiamo, troviamo motivi e scuse e accuse e di nuovo scuse senza ritorno. Ma quando abbiamo deciso che restare era più importante che andare?