Martina Zaccaro, in arte Pinocchio

Stamattina mi è arrivata una foto di qualche anno fa, io giovanissimo con una barba nera che Mangiafuoco levati proprio, non come oggi che potrei interpretare Geppetto in qualche bellissimo remake, magari al teatro Bolivar di Napoli. In braccio il mio piccolo nipotino Federico che pare proprio lui, il burattino più famoso del mondo, Pinocchio, bello come solo certi bimbi con le fossette, come solo certi burattini truccati da bambini.

In questa foto stiamo ballando a qualche festa di famiglia, una di quelle dove servono i piedi, mica di legno, come quelli  di un certo burattino che possono bruciare in un caminetto, che se ti appisoli un attimo son guai.
Guardandola ho dovuto nella mia testa, e non solo, canticchiare quel famoso motivetto che anche voi state pensando adesso e che grazie a Martina Zaccaro e alla sua compagnia POSTER Popolare d’Avanguardia mi accompagna da giorni. Mi porta con sé da sabato mattina quando negli spazi del teatro Bolivar, la regista e attrice ha portato in scena una sua versione inedita delle avventure di Pinocchio, il figlio che tutti vorremmo. Curioso, buono, ingenuo, simpatico, testardo da averci una testa di legno.

Il classico bambino con cui partecipare a una festa di famiglia e ballare tutta la serata. Un bambino da portare a teatro, magari un sabato mattina, fare merenda tutti insieme, con tantissimi bimbi. Il Bolivar era pieno, sembrava un’invasione aliena. Mamme, papà e pargoletti. Il futuro è quello che facciamo oggi con i ragazzi di domani. Il futuro è far conoscere oggi ai piccoli il teatro.

Tutti seduti, più o meno seduti, chi in braccio, chi appoggiato allo schienale, chi sulle punte, per assistere a uno spettacolo per grandi e piccini. Per rifarsi gli occhi, carichi di meraviglie con Pinocchio, Geppetto, il gatto e la volpe, la fatina e il grillo parlante, Lucignolo e la voce fuori campo di Mangiafuoco, che nella mia testa ha sempre la barba nera.

Sono solo per la mia strada, suggerisce Martina Zaccaro in arte Pinocchio, vestita di rosso con un pantaloncino blu e il trucco un po’ all’insù.
Ad accompagnare Martina ci sono Totò e Bennato, Benigni e tutti i grandi piccoli che lo hanno interpretato. C’è il grillo parlante, Antonio Ciorfito, un mattatore che ricorda tantissimo il grillo degli anni quaranta con quel tocco alla Jhonny Depp de La fabbrica di cioccolato, più un ombrello.

Salta avanti e indietro sul palco, di verde vestito, come un grillo vero e parla per tutto il tempo, del resto è parlante proprio per questo, dice Pinocchio in arte Martina Zaccaro. Insieme si trovano tra il pubblico, a rincorrersi tra i bambini che con sguardo trasognato richiamano l’attenzione del burattino con la mano cercandolo con gli occhi.
Il mondo di Collodi è troppo grande per essere racchiuso su un palco, c’è bisogno di un teatro intero. Ci sarebbe bisogno di un mondo intero.

Sono solo per la mia strada, grida un pinocchietto dalla faccia curiosa mentre un Mangiafuoco fuori campo gli chiede dove va, che cosa fa? E cosa risponde Pinocchio. Vado a scuola ovviamente e via con il naso che si allunga. C’è qualcuno che va a scuola? Noi andiamo a scuola, dicono i bambini mentre indicano a Martina la strada, i nomi delle scuole, le classi e le merende, gli amici e le maestre. Pinocchio incontra poi il gatto e la volpe, una coppia assurda, istrionica, divertente. Dottor House, Marco Fandelli e Catwoman, Milena Pugliese nella lavatrice di Tim Burton. I bambini ridono, il gatto ruba qua e là, la volpe fa la volpe, con scarsi risultati e insieme trovano Pinocchio.

Sono solo per la mia strada, continua a ripetere Martina Zaccaro. Anche se di noi ti puoi fidar, sottobraccio a camminar. Incontra poi la Fatina, sempre Milena Pugliese, questa volta più dolce e meno felina. Devi scegliere la strada giusta, devi seguire il tuo cuore. Il nostro cuore, quello che gioisce sentendo tutti questi bambini ridere, di cuore appunto, e partecipare allo spettacolo. Il cuore di Pinocchio, il cuore di Martina che continua a saltare da una parte all’altra del palco, tra il pubblico, parla con i piccoli, muove le mani di legno, omaggia Totò e ride di una risata buffa, coinvolgente.

Come il grillo parlante, sembra un grillo anche lei, con gli occhi che vanno su e giù, e l’espressione da burattino più espressivo che si sia mai visto. Più di un asino, più di Lucignolo, meno verde e più somaro, di nuovo Antonio Ciorfito, che vola in bicicletta tra i bimbi, quei bimbi che giocano con palloni colorati volanti. Dov’è il paese dei balocchi chiede un burattino di legno? Di là indicano dei piccoli spettatori.

Dove ti aspetta la fatina per trasformarti in un bambino, un bambino vero proprio come voleva tuo padre Geppetto, ancora quella vecchia volpe di Marco Fandelli. Proprio come ti aspetta tuo padre Geppetto alla fine di una lunga storia d’amore e curiosità che Martina Zaccaro racconta insieme alla sua fidata compagnia.

Una storia che da decenni incanta tutti, una favola che riesce a trasmettere tutta la magia del libro di Collodi anche tagliando qua e là per permettere ai bimbi di godere di uno spettacolo senza stancarsi né provare paura, senza balene giganti e teatri dei burattini. Avranno tempo e modo per affrontare la vita, quella di fuori. Per adesso grazie a Martina Zaccaro e alla sua compagnia, alla direzione artistica di Nu Tracks e ai loro genitori possono restare piccoli e innocenti e immaginare che esiste un mondo dove un burattino di legno può diventare un bambino vero.

 

 

Per la rassegna “A merenda con l’arte” seguiranno “Il Gobbo di Notre Dame”, sabato 8 febbraio, e “Cenerentola”, sabato 12 aprile 2025.

 

Grazie sempre a Emilia Vitulano per le foto