Polli d’allevamento di Gaber-Luporini è stato già riproposto una decina d’anni fa dallo stesso Giulio Casale e ora si è rivisto nel circuito ERT FVG.
Con esso, Casale aveva e ha omaggiato preziosamente e perfettamente due mostri sacri: un giudizio che non teme possibilità di smentita ed è mosso solo tanta, tanta ammirazione per le sue spiccate, cristalline doti di cantattore.
In un’ora e mezza di monologhi musicati e orecchiabili, che costruiscono scene di fantasiosi – ma probabilissimi – incontri, vengono delineati vizi e virtù dell’italiano medio, sempre tendenti a strapparti, malignamente, dolorosamente, un sorriso o una risata.
La scrittura puntuale, venata di calcolata e surreale, fantastica, poesia di Luporini, trovava in Gaber (ovviamente) e ora in Casale il naturale approdo sul palcoscenico che s’infuoca di energia, vibra di sotterranee tensioni emotive che esplodono tra testa e cuore. Una prova attorale che coinvolge ossa, muscoli e nervi e che Casale conduce con pieno controllo di sè e del testo, senza mai dare la sensazione di risparmiarsi densità e fatica, mentale e fisica.
La corposa, tagliente, verità delle parole di Luporini, fantastico osservatore del quotidiano e distillatore sulla pagina, regala ad ogni frase sorprese linguistiche, svolazzi surreali, accostamenti talmente assurdi da lambire la realtà o mallearla in frizzi che d’improvviso si fanno verso, onomatopea, lazzi primitivi.
Polli è altissimo teatro politico senza un briciolo di concessione alla pesantezza moralistica o alla noia, anche grazie all’illuminata partitura di Battiato e Pio che incontra trasversalmente vagheggiamenti orientali e pagine classicamente strumentali: ci si diverte sempre con l’intelligenza della visione allargata, dello sguardo laterale, obliquo e anche il dettaglio apparentemente sboccato o sessuale si veste di necessità e perfezione.
Nel suo meccanismo ciclico – l’attore entra in una scena studiata al millimetro e tenta di ribellarsi, rimanendo alla fine muto nel suo grido di libertà – il duo di autori si burla di schemi mentali, indottrinamenti sconfitti dalla quotidiana contraddizione e dalla rincorsa al potere, delle piccole o grandi imperfezioni che ci accompagnano nel nostro sghembo agire (tra timori mascherati da finte certezze e illusioni tecnocratiche), dell’invisibile stupidità che eleggiamo a totem.
Tutti siamo i(n)scritti in una partitura (quella di Polli che è quella della vita stessa) di cui pensiamo d’essere autori e, invece, siamo solo comprimari in attesa di una necessaria, ridicola sconfitta.
Spettacolo del 1978 che lascia sbigottiti di fronte alla forza della sua attualità: immortale e sempre valido come solo i capolavori possono essere. Anche grazie a quel meraviglioso ragazzaccio disallineato che è Giulio Casale.
POLLI D’ALLEVAMENTO
di: giorgio gaber e sandro luporini
con: giulio casale
musiche originali arrangiate da franco battiato e giusto pio
produzione: fondazione giorgio gaber