Far East Film Festival: al cuore del bello

Colpo d’occhio sulla bellissima sala del Teatro Nuovo “Giovanni Da Udine”, casa del FEFF

Udine – Pioggia, vento e basse temperature. La 26^ edizione del FAR EAST FILM FESTIVAL di Udine si è inaugurata in un clima tardo autunnale, ma questo non ha impedito al festival cinematografico più friendly d’Italia di ricreare un’atmosfera di festa attorno al Teatro Nuovo: il suo marchio di fabbrica più riconoscibile e riconosciuto.

L’essenziale kit del perfetto fareaster: borsa, catalogo, accredito

Sì, perché il FEFF è nato come il sogno di un gruppo di amici del Centro Espressioni Cinematografiche cittadino che, partendo da un’idea all’avanguardia come solo le menti più coraggiose e intraprendenti possono mettere in campo, hanno saputo dargli una forma e un’anima cosmopolita, pur centrandolo fortemente alle radici locali, e l’hanno condotto al meritato successo nazionale e internazionale.
Quello che è diventato un grande regalo alla città e ai suoi cittadini, un esempio di accoglienza, convivenza, convivialità per tutti, non è solo un contenitore di film coi loro seguiti produttivi – attori, registi, produttori – ma è un modello di serenità, ottimismo, piacere dello stare insieme tra vibrazioni positive che si allineano sulla stessa frequenza: l’amore per la settima arte in salsa teriyaki.

L’atmosfera del FEFF: star e fan uniti amichevolmente dalla stessa passione per il FEFF (in foto anonimo con la star co-protagonista del bellissimo “In broad daylight”, Rachel Leung)

Tra eventi che esprimono un bellissimo perlage in tutta la città, tappezzandola d’arte e di eventi ci sono – certamente! – anche i film che creano spesso dibattito, sempre ricomposto davanti a un incontro inaspettato, un abbraccio con le star o una pausa in quel piccolo gioiello che è Udine.

visiOmar, pillole di visione dal centro del FEFF:

Yolo: You are Only Live Once, Jia Ling, Cina, 2024: una storia di rinascita e rivincita – una ragazza sovrappeso incontra un allenatore fallito e inizia così un percorso di rinascita attraverso la boxe – ma mossa senza le sfumature aggressive della rivalsa. Una confezione equilibrata che si dimentica qualche taglio in fase di montaggio, ma che arriva diritta all’obiettivo con saldo mestiere narrativo ed espositivo. La soggettiva iniziale, recuperata con una carrellata a precedere nel finale, è un’intuizione molto incisiva.

Frame dal film “Yolo”

In broad daylight, Lawrence Kan, Hong Kong, 2023: sulla carta un plot di notevole pesantezza – la crisi del sistema socio-sanitario di Hong Kong vissuto dall’interno di una casa famiglia per anziani e disabili attraverso un’inchiesta giornalistica che solleva il problema – ma il regista infila delle idee tutt’altro che banali e dà al tutto, in compagnia di belle prove attorali, una struttura coesa, sensibile e profondamente umana. 7+

Frame dal film “In broad daylight”

Dust to dust, Jonathan Li, Hong Kong, 2023: la regia si dimostra matura e la storia è tratta da un fatto realmente accaduto: un imprenditore in crisi tenta di risollevare la sua sorte affidandosi a una rapina finita nel sangue. La fuga, il cambio d’identità. Ma con un poliziotto in pensione alle calcagna. La sceneggiatura manca di inserire alcuni tempi e sfumature agli snodi psicologico-narrativi e un approfondimento a personaggi chiave (il cugino) sgonfiando l’ottimo potenziale del film, che alla fine risulta piacevole, ma…

Frame dal film “Dust to dust”

Typhoon Club, Somai Shinji, Giappone, 1985: vita ordinaria e straordinaria in istituto scolastico su un’isola del Giappone. La ribellione adolescenziale s’incontra con la perdita di autorevolezza dell’istituzione, fino all’occupazione durante il passaggio di un tifone. Ne succede di ogni. Un’esperienza dagli sviluppi liberi e dai toni sempre disattesi. La diffusa anarchia stilistica e di scrittura porta il dramma a diventare ironia, l’attesa di uno sviluppo suggerito vana, il senso molto scompattato e la complessità troppo diluita. La messinscena ha il ruvido sapore dell’artigianalità tipica di molti prodotti dell’epoca. Rimane un documento di stile e sociologia, forse troppo ancorato al suo tempo. 5

Frame dal film “Typhoon club”

Voice, Mishima Yukiko, Giappone, 2024: pillole di irrisolto emotivo, in tre episodi, che vengono riprese in media res. Se il contesto sociale è ben delineato, il dolore nell’anima dei protagonisti si riflette sull’accompagnamento stilistico di scelte registiche marcatamente evidenti. Il primo capitolo soffre di una sovrabbondanza teatrale e simbolica che diventa eccessiva nei tratti dolorosi del finale. Il secondo aggiunge poco e appare quasi un cuscinetto dai tratti lenti e spirituali. Il terzo, invece, raccoglie gli elementi positivi dei precedenti e li sostanzia in un b/n che regala emozionanti tocchi di poesia; una credibile espressione del dolore e delle contraddizioni, che si produce in una carezza cinematografica. (5-6-7+)

Frame dal film “Voice”

12.12: The Day, Kim Sung-soo, Corea del Sud, 2023: i coreani sanno fare molto bene i blockbuster storico-politici. I tipici scatti di montaggio, rapidi e secchi, danno dinamismo e drammaticità alla confezione tagliando il respiro alle sequenze e imprimendo un impatto claustrofobico. La solida professionalità registica, un impianto illuminotecnico di prim’ordine e la scelta di cast quasi sempre perfetti completano la buona riuscita del prodotto. Dove anche la retorica è, inequivocabilmente, parte essenziale della riuscita. In questo caso un eccesso di minutaggio rende troppo ripetitivo il tutto. Buono, ma che peccato.

Frame dal film “12.12: the day”

Per info e dettagli:

www.fareastfilm.com

www.visionario.movie