Elena, Le Troiane di Euripide e la commedia di Aristofane Lisistrata sono le opere presentate per la stagione del 2019 Donne e Guerra al teatro greco siracusano.
Il fil rouge è il forte biasimo nei confronti della guerra e la centralità sul ruolo della donna in tale contesto. D’altra parte, il gentil sesso è figura fragile ma non priva di forza, di ingegno e di speranza.
L’apertura del 55° anno delle rappresentazioni greche vede come protagonista la tragicommedia Elena di Euripide.
L’interpretazione data dal regista torinese Davide Livermore non manca di sensibilità, anche per le correnti tematiche di l’ostilità nei confronti dello straniero.
La trama
Ricapitolando l’originale vicenda epica, Paride fu scelto per consegnare la mela d’oro con su scritto alla più bella ad una delle tre dee: Giunone, Atena e Afrodite. Lui la consegnò a quest’ultima per ottenere in cambio l’amore della donna più bella del mondo, appunto, Elena di Sparta. Lei era già moglie del re spartano Menelao e il ratto ha causato la dichiarazione di guerra da parte dei Greci ai Troiani, in rispetto al giuramento di Tindaro.
Euripide ci racconta che Hermes ha creato un fantasma con le sembianze di Elena. Tutti credono sia davvero lei, la donna che era stata rapita da Paride. Così non è! La moglie di Menelao, non è mai stata insieme al troiano: la vera Elena è di fatto in Egitto. Quindi il sequestro di Paride era solo di un’apparizione, un’ombra e nulla di più . A deciderlo è stata Era (alias Giunone) e Paride ha portato con sé il nulla, una nuvola. Di conseguenza, è per un semplice fantasma che è iniziato un sanguinoso conflitto armato. O meglio, Euripide scrive l’opera per illustrare la futilità di ogni tipo di violenza armata, inutile e solo causa di sofferenza.
Quindi riscontriamo una consapevolezza più ampia e attuale sul senso della guerra. Secondo il racconto del drammaturgo, ad aver ospitato Elena nella terra del Nilo è il re Proteo. Dopo la sua morte, il crudele figlio Teoclimeno la vuole a tutti costi in sposa. Lei è rimasta e vuole rimanere fedele al marito, speranzosa di rincontrarlo presto. Dopo titubanze e circostanze inusuali si ritroveranno e raggireranno il malvagio, riuscendo a sfuggirgli.
Lo spettacolo in dettaglio:
Lo spettacolo di Livermore si presenta arricchito dalla ultra tecnologia, quasi da show televisivo.
Per cominciare, è la prima volta che l’acqua è usata come elemento decorativo al teatro greco siracusano. Questo lascia piacevolmente stupiti.
Ma non è di certo solo un ornamento, poiché l’utilizzo diviene emblema di vita e di sofferenze.
Sorprendono anche la presenza di un relitto e l’impiego di luci con effetti scenici eccentrici.
Oltre a ciò, degli appositi sensori riproducono i suoni della stessa acqua, spesso accompagnati dalla dolce melodia di un’arpa che viene eseguita dal vivo.
Ancora, colpisce la presenza di un videoproiettore che trasmette delle immagini da effetto cinematografico, seguite a tratti da una voce fuori campo. Anche gli stasimi presentano un tocco hi-tech, infatti il risultato acustico è alle volte robotico. Per intenderci, alcuni spezzoni ricordano O Superman di Laurie Anderson.
In particolare l’ultimo stasimo, che è armonizzato come fosse proprio una canzone. Geniale l’utilizzo degli specchi in scena, come allegoria della riflessione: Il riflesso dello specchio, il riflesso dell’acqua, diventano un vero e proprio invito a riflettere sulla inconcludenza dei conflitti e l’importanza della vita.
Nella scena finale però, gli specchi vengono agitati verso il pubblico, seguendo un ritmo definibile dance. Il riflesso va a illuminare il volto degli astanti. Considerando che gli spettacoli iniziano dopo il tramonto, gli ultimi atti vengono svolti in piena sera e il riflesso della luce potrebbe aver arrecato fastidio.
«Sono un naufrago, ho diritto d’asilo» dice Menelao, «È meglio che ti cerchi un altro asilo», scriveva Euripide molti anni prima, ma queste parole risuonano attuali e colpiscono come lame. La vecchia in una battuta risponde «qui da noi i porti sono chiusi» e il pubblico non può rimanerne indifferente, dati i recenti fatti di cronaca.
Con Euripide, la figura di Menelao giunge a noi nella sua descrizione più umana. È distrutto, stanco per le sofferenze passate, per la guerra e per le pene d’amore. Non manca però di orgoglio e rispetto della propria autorità, nonostante si trovi in terra straniera e ricoperto di stracci. Grazie all’amata Elena, viene salvato da una situazione indegna. Una interpretazione riuscitissima dell’attore Sax Nicosia.
Vediamo una Elena (Laura Marinoni) che riempie bene il palcoscenico, riuscendo a mostrare i volti di una donna attraente, decisa, astuta. Soprattutto interpreta benissimo un delicato ruolo: quello di una personalità capace di reagire alle sofferenze subite e non darsi per vinta. La ragione principale di questo intenso dolore, è quella di essere ingiustamente etichettata come origine di tanti patimenti. Per di più, teme di non poter rivedere il marito e Teoclimeno vuole costringerla in sposa. Lei è la mente pensante del piano di fuga: trascina fuori Menelao e se stessa da una situazione pericolosa.
Altra particolarità è Il tocco lirico che dà il regista all’ingresso della veggente Teonoe (Simonetta Cartia), che richiama l’attività di Livermore come regista d’opera.
Inoltre, l’interpretazione del re d’Egitto Teoclimeno (Giancarlo Judica Cordiglia ), è stata molto gradita dal pubblico: da re malvagio e dispotico, qui appare anche sotto un aspetto comico da perfetto re snob. La buffa gestualità e parlantina hanno contagiato d’ilarità la platea. Funge da netto stacco tra la tragedia e la commedia.
I costumi di Gianluca Falaschi contribuiscono a rendere splendidi i personaggi. Risaltano quelli in paillettes che illuminano e quasi ricalcano la metafora della riflessione. Si distinguono anche quelli che richiamano la stirpe nobiliare e militare del 1800. Alcuni tessuti appaiono pesanti, ancora di più se impregnati d’acqua. Ciò fa pensare che gli attori siano stati sottoposti ad una fatica maggiore.
Insomma una originalissima reinterpretazione dell’opera che, però, potrebbe non essere apprezzata dai più fedeli alle rappresentazioni classiche. Da un punto di vista tradizionalistico, il contesto scenografico potrebbe rivelarsi eccessivamente moderno. Considerando anche le musiche, che in alcune scene potrebbero risultare poco coinvolgenti, quasi alienanti, per quel pubblico che invece apprezza la sobrietà. Bisogna poi riconoscere che gli effetti sonori spesso hanno coperto le stesse battute degli attori, non si sa se è per una scelta puramente stilistica o per un problema tecnico.
In un mondo dove già il tecnologico regna sovrano, questo appuntamento annuale è, forse, una delle poche occasioni di rituffarsi piacevolmente nell’immutabile tempo passato di questo luogo sacro.
In conclusione, è consigliata Elena di Euripide con Livermore alla regia?
Sì, soprattutto ai più giovani che potrebbero trovare stimolante l’idea di vedere un’opera così ricca di modernità. Sì per chi apprezza le sperimentazioni, con prima protagonista una scenografia spettacolare.
No, agli amanti del classico e del sobrio, a chi prova emozioni nel sentire gli stasimi con le calde voci degli attori. No a chi è legato alla concezione di un teatro greco con figura principale gli interpreti e solo come contorno la scenografia.
Il programma della stagione è disponibile sul sito della Fondazione INDA.