Chi ha polvere spara. Recensione del romanzo di Donato Montesano

Ecco la recensione del romanzo Chi ha polvere spara di Donato Montesano, edito da Eretica Edizioni.

Lasciamo di noi un ricordo toccante
Marlene Kuntz

Leggendo questo secondo romanzo di Montesano ho avuto come l’impressione di assistere alle grandi epopee del cinema americano. Una penna italiana prestata ai grandi racconti di vite bruciate che girano per il nostro bel paese rappresentando un’Italia che non è più, vuoi per l’avvento digitale, vuoi per un certo romanticismo mancato. Vittime degli influencer, non siamo più il centro del mondo, nemmeno del nostro, siamo solo di passaggio seduti comodamente in poltrona, come al cinema appunto, con non più tra le mani lambrusco, coltelli, rose e pop corn ma pokè e bubble tea guardando gente a caso provare a fare il balletto di Bellissima, canzone bruttissima.

Chi ha polvere spara, questo è il titolo del romanzo. Un modo di dire, una ragione d’essere, un’idea di vita predestinata che accompagnerà il protagonista dall’inizio alla fine. Un inizio tra i vicoli e il mare della Basilicata, tra la terra e i campi, quella che i nostri compagni fuorisede dell’università ci raccontavano. La vita nei loro paesi, quelli piccoli, tutti italiani.

Chi ha polvere spara, un invito a mettere la propria pelle in gioco, a mostrare ciò che si è , a vivere la vita la massimo e sul filo del rasoio. Chi ha polvere deve sparare, non si sprecano i talenti, ma chi ha polvere deve anche stare molto attento che basta un attimo, un errore di distrazione e puoi saltare in aria, come fuochi nella notte di San Giovanni, come in quell’America, che ritorna nei racconti del nonno di Pancrazio Chiruzzi, emigrato in cerca di gloria e fama.

Tra le pagine di questo libro si spostano tutti, qualcuno nei bus, qualcuno per nave, è un affresco del nostro paese. 

C’è la provincia italiana, la televisione all’ora di cena, le fabbriche, le discriminazioni razziali. Gli operai dal Sud costretti a cercare fortuna in quel di Torino, dove venivano guardati male. Non si fitta ai meridionali. C’è la voglia di riscatto di un gruppo di amici e la rassegnazione di un certo ceto sociale,  la condizione disumana delle prigioni , vera scuola di vita per chi esplode di rabbia e frustrazione e le vacanze al mare con tanto di ombrellone.

Chi ha polvere spara, chi ha amore ami così come Pan innamorato di una donna, come il piccolo Pino che guarda con ammirazione il fratello più grande, sempre e comunque. Come i suoi amici d’infanzia. Come il Dottore, i compagni di cella, i libri scritti dagli altri, le risse fuori scuola e i retrobottega dei bar.

Si torna sempre dove si è stati bene ma si torna cambiati, adattati. Perché non sono i più forti o i più intelligenti a sopravvivere, ma coloro che meglio sanno adattarsi.