Venezia 80 – Sem Coração

“Ho paura di sperimentare qualcosa di totalmente nuovo.” Come tutti sappiamo, e come già più volte dimostrato dal cinema, il periodo di transizione della fine dell’adolescenza è una zona grigia e un po’ sospesa dove il persistente paradiso dell’infanzia a cui ci aggrappiamo si intreccia con confusi desideri di esplorazione del futuro, la scoperta dei sentimenti e della sessualità, una crescente consapevolezza del passare del tempo e una più ingombrante coscienza del mondo che ci circonda con le sue possibilità, differenze sociali e pericoli.

Sono questi i temi “classici” affrontati direttamente dai cineasti brasiliani Nara Normande e Tião in Sem Coração, presentato nel concorso Orizzonti dell’80esima Mostra del Cinema di Venezia. Il loro è un lungometraggio d’esordio caratterizzato da uno stile incredibilmente armonioso, che fonde autenticità e sensibilità, realismo e onirismo, ritratti individuali e di gruppo, in una vicenda ambientata a cavallo tra terra e mare, tra fatiscenti alberghi abbandonati e paesaggi marini metafisici.

È il 1996: Tamara (Maya de Vicq) è cresciuta sulla spiaggia paradisiaca (così la definisce un personaggio del film) di Garça Torta, 250 chilometri a sud di Recife, e sta vivendo la sua ultima estate prima di partire per l’università a Brasilia. Lei, suo fratello Vitinho (Ian Boechat) e il loro piccolo gruppo di amici di lunga data (Binho, Blondie, Cidão, Vânia e Iris) si rilassano, fanno il bagno in mare, giocano, chiacchierano sotto le palme, passano le serate ballando, esplorando edifici abbandonati e ville non occupate, uscendo in bicicletta o infilandosi in un’auto.

Ma come contrappunto a questa vita “facile”, emerge una figura intrigante, che pedala nei dintorni per consegnare il pesce che suo padre ha pescato: lei è Sem Coração (Senza Cuore) (Eduarda Samara), così chiamata per l’operazione al cuore che ha subito da bambina. La giovane donna, coetanea di Tamara, suscita la curiosità di quest’ultima, che gradualmente cerca di avvicinarsi a lei. Intanto intorno al gruppo di amici cominciano ad addensarsi le nubi, perché la vita non è sempre così semplice e tranquilla come si potrebbe immaginare, come dimostra l’omicidio, a pochi chilometri di distanza, di Paulo Cesar Farias (il tesoriere elettorale dell’allora presidente brasiliano, coinvolto in uno scandalo di corruzione); c’è una tempesta in arrivo, e come in ogni tempesta che si rispetti uno sconvolgimento sta per abbattersi sul microcosmo di questi adolescenti.

Affastellando vari slices of life (il racconto delle dinamiche familiari di Tamara e Senza Cuore, le disavventure del Biondo, la diffusa delinquenza, l’omofobia generalizzata, ecc.) in maniera sapiente e soprattutto intrecciandoli con un simbolismo mai invadente o grossolano, i registi riescono a imbastire un’opera decisamente affascinante, in cui la contaminazione dei generi (film romantico, dramma sociale, coming of age, ecc.) collimano con naturalezza in un crescendo emotivo sorprendente e mai pacificato, finendo per trasformare il film in una visione fulminante. La vera scoperta, almeno sino a questo momento, del Festival numero ottanta.