In occasione della giornata contro la violenza sulle donne, la Piccola Galleria Resistente ospita Quello che non sai di Lei.
Solo chi rischia di andare troppo lontano avrà la possibilità di scoprire quanto lontano puo’ andare (Thomas S. Eliot)
Novembre, venerdì venticinque, il cielo è cupo, la pioggia incalza, è il 2022, niente a che vedere con il lontano 1960 o forse si. Chissà che giorno era il 25 novembre del 1960, chissà cosa passava nella testa di Minerva, Patria e Maria Teresa Mirabal durante quel tragitto sulla Jeep che avrebbe dovuto portarle dai loro mariti, da quegli uomini che erano stati imprigionati per il loro attivismo politico.
Non lo sappiamo e non lo sapremo mai perché in quel terribile giorno i loro sorrisi, la loro bellezza, le loro idee politiche, il loro modo di essere donne si è improvvisamente spento, messo a tacere per sempre da colui che deteneva il potere, Rafael Leonidas Trujillo, che le fece picchiare, violentare, strangolare e infine gettare in un fosso per essere dimenticate per sempre.
Eppure Minerva, Patria e Maria Teresa non sono state affatto dimenticate, sono invece diventate il simbolo della lotta contro la violenza sulle donne, contro quel terribile crimine che oggi chiamiamo semplicemente femminicidio, quel crimine che ancora oggi tenta di mettere un bavaglio alle donne, di limitarne la libertà di azione o peggio ancora, di colpevolizzare il genere femminile per il modo in cui parla, pensa, agisce, si veste.
Siamo ancora qui, siamo ancora e sempre al 25 novembre del 2022, è un venerdì, il cielo è sempre più cupo, dalle quindici circa si è oscurato tutto, la pioggia sembra non dare tregua, anche l’universo urla tutto il suo dolore per le migliaia di donne che hanno lasciato questo mondo, colpevoli solo di essere donne.

Non siamo nella Repubblica Dominicana, siamo in Italia, siamo a Napoli, siamo in vico Santa Maria a Lanzati 23, nella casa studio di Antonio Conte, la PGR Piccola Galleria Resistente, gremita di gente al punto che, per passare, bisogna chiedere permesso. Siamo qui, in attesa che le luci si spengano, in attesa che le donne parlino per le donne, in attesa che cali il silenzio sulle storie di vita vissuta e raccontata dalla voce ferma, a tratti sommessa, a tratti urlata, di sei donne che raccontano storie di donne.
Antonella, Bianca Maria, Camilla, Marisa, Giuditta e Paola, sono loro le voci narranti, sono loro lo sguardo delle donne, sono loro che con la rabbia, la dolcezza, i sorrisi, le parole ci portano per mano in un mondo tutto al femminile. Ed è proprio in questo momento, nel buio della PGR che cala improvvisamente il silenzio.

In fondo alla sala, statue invisibili, ci sono loro, le protagoniste di questa performance, si scorgono appena, sedute come ombre silenziose in ascolto, sembra quasi di riconoscere in ognuna di loro, le anime di tutte le donne.
Poco più distante, in piedi, di spalle al pubblico, Paola Alviano Galiano disegna una sedia, il silenzio è carico di emozione, ha inizio così questo viaggio nel mondo di quelle donne che non hanno paura di raccontare e raccontarsi.
Parlano al pubblico, come se lo conoscessero da sempre, alternandosi, trascinando con loro pezzi di vita vissuta, con la semplicità di chi si racconta ad un amico. Confidano ricordi, emozioni, sensazioni vissute, cantano, ridono e infine ballano l’una con l’altra, perché la forza di una donna risiede tutta nella donna stessa, negli abbracci, negli occhi e nel sorriso di chi rivendica il proprio modo di essere al mondo, il proprio modo di essere donna.

Quello che non sai di Lei è la voce per chi non ha voce o non ne ha più. Sotto la direzione artistica di Antonella Cuzzocrea, sei donne, sei artiste hanno prestato il loro corpo, la loro voce, i loro sentimenti alle donne di tutto il mondo, mettendo davanti al pubblico la verità nuda e cruda, che non si tramuta necessariamente in un racconto di stupro ma che porta alla luce i differenti modi in cui le donne subiscono violenza ancora oggi.

Ogni volta che una donna combatte e lotta per se stessa lo fa anche per tutte le donne. Lo sa bene Marisa Del Monte, che ci racconta storie di donne lontane ma così vicine che quasi ci sembra di poterne ascoltare le differenti voci. Ce le presenta come ad una serata conviviale, ci mostra le loro foto, sorride ma, dietro quel sorriso, c’è tutta l’amarezza di chi ha conosciuto realtà dolorose e resta basita dinanzi a tutto quel coraggio.
Le storie si susseguono così, con questo lento scambio di donne che una ad una si siedono sulla sedia e ci raccontano parti di sé.
Antonella Cuzzocrea arriva a noi trascinando il suo cavallino e con l’innocenza di una bambina ci racconta del tradimento di sua nonna, un tradimento da cui è nato un figlio illegittimo e che ha cambiato per sempre la vita di tutta la famiglia. Da quel momento ogni cosa ha preso un sapore diverso, è stato un susseguirsi di false verità, di negazione dell’altro e di sentimenti contrastanti, tutto per la scelta coraggiosa di una donna che ha deciso di non piegarsi alle apparenze ma ha seguito il cuore e ha portato avanti la sua battaglia con dignità.

Quello che non sai di Lei ci racconta dunque il coraggio di essere donne, di scegliere per la propria vita, di affrontare le conseguenze dei propri gesti, senza se e senza ma. Sono storie di donne che ce l’hanno fatta, storie comuni a tutte noi, che ci danno il peso di quanto sia importante ancora oggi lottare per i propri sogni. Sono storie toccanti, come quella delle donne di Camilla Segnini che dal dolore per il suicidio della nonna, scopre una rinascita familiare e ci racconta di come l’appoggio, l’accoglienza e l’amore possano fare la differenza e condurci verso il futuro che desideriamo, perché non c’è niente che non sia alla nostra portata. E ancora sono storie dolorose di chi intona, con voce meravigliosa, rotta dall’emozione, il brano Il Corvo che la grande Mina ha portato al successo. La voce è di Bianca Maria Castelli che, con struggente intensità ci riporta alla mente il dolore di una donna che si sente violata, incompresa e psicologicamente sottomessa. E ancora, dal monitor di una cassa, ci giunge come un’eco lontana la voce di Giuditta Natali Elmi, lei che non si mostra più’ in pubblico, che sceglie di essere attrice dietro le quinte perché sente che non c’è posto per le donne nel mondo, se c’è ancora chi ci addita perché siamo troppo magre o troppo grasse, o troppo alte o troppo basse, in ogni caso inadeguate. è un mondo in cui non c’è più spazio per chi ha un animo sensibile e decide, suo malgrado, di raccontarsi solo nascosta dietro una registrazione, perché stanca di apparire come il resto del mondo si aspetta.
Quello che non sai di Lei è stata una performance collettiva, in cui anche il pubblico è stato emotivamente coinvolto.

Seduta a terra, a gambe incrociate, in prima fila, potevo sentire il carico emozionale che ha unito artiste e platea, un filo invisibile che ci ha tenuti legati dall’inizio alla fine e che ha lasciato in ognuno di noi l’amara consapevolezza che c’è ancora tanta strada da fare affinché la donna sia riconosciuta con le sue fragilità e la sua forza e le venga attribuito il giusto valore.
Quello che non sai di Lei è stata una performance incentrata sul femminile ma che ha incluso una doppia nota maschile, quella del padrone di casa Antonio Conte che della sua Piccola Galleria Resistente ha fatto luogo di condivisione e aggregazione, e quella di Pietro Melillo, che con le delicate note della sua chitarra ci ha accompagnato in questo viaggio.
Quello che non sai di Lei ha richiamato in campo il nostro sentire, spingendoci a guardare in modo diverso noi stessi e gli altri, intervenendo sulla sfera emotiva attraverso processi di integrazione ed estraneazione.
Foto di Ljdia Musso