Mickey 17 di Bong Joon-ho, è una satira fantascientifica su questo mondo e quell’altro, vale a dire un ipotetico pianeta che il più stupido dei politicanti, una volta trombato alle elezioni, vuol conquistare e ripopolare. Il grottesco aspirante leader Kenneth Marshall (un effervescente Mark Ruffalo) appartiene a una specie di congrega, che lui in pubblico preferisce chiamare “azienda”. Ha a disposizione una astronave per la sua impresa, e un equipaggio preparato all’invasione; tra questi poveri disperati, c’è il più disperato di tutti, Mickey Barnes (Robert Pattinson), o meglio Mickey 1, 2, 3…17. Mickey è arruolato come “sacrificabile”, una cavia umana che ogni volta che muore viene “ristampata” esattamente come era prima (gli scienziati hanno salvato la memoria su un dispositivo pronto all’uso).
Se tutto questo, vi suona strambo ma anche vagamente familiare, probabilmente è perché come ha notato qualche mente lucida, per alcuni soggetti pur dotati, immaginare il futuro vuol dire modellare il presente. È indubbio che questa idea del prossimo futuro, una ricerca di sbocchi umani nello spazio, per quanto da ridere e da far inorridire, è sintomatica di certe visioni circolanti oggi. E su questo che si basa il film (tratto – con molte modifiche – dal romanzo Mickey 7 di Edward Ashton).
Una ingloriosa conquista dello spazio con il lieto fine?
Mickey, il “sacrificabile”, ci narra la sua incredibile storia. Come spesso succede con gli irrisolti, anche Mickey attribuisce le sue sfighe a una presunta colpa da espiare. Per sfuggire a uno strozzino psicopatico decide di salire su quella nave spaziale assumendo un ruolo insolito e terribile. Poco gli importa di dover sottostare alle stramberie razziste e narcisistiche di Marshall e della sua crudele moglie Ylfa (Toni Colette). La terra promessa, il pianeta Niflheim, naturalmente, è un luogo estremamente inospitale, essendo ricoperto da una spessa coltre di ghiacci, con temperature proibitive. L’adattamento alle condizioni del luogo, in fatto di microbi, virus e agenti patogeni richiede la morte-e-ristampa di diversi Mickey. A dare parziale sollievo al povero ragazzo è Nasha (Naomi Ackie), una agente in servizio sulla nave. E chi spera in un Mickey diverso più combattivo e meno schiacciato sotto il peso delle sue presunte colpe, diciamo pure un suo doppio, beh sarà accontentato.
Infine, come prevedibile in una storia del genere, il pianeta è già abitato. Esseri sorprendenti, intelligenti, furbi e molto combattivi, che hanno le sembianze di giganteschi tardigradi (ribattezzati “striscianti” da Marshall) si aggirano tra le rocce ghiacciate. E anche qui non mancheranno motivi sempre attuali nella storia umana: sopraffazione, colonizzazione, conflitto.
Altro bersaglio della satira messa in scena da Bong Joon-ho, è il gruppo di scienziati che asserviti a una causa sbagliata somministra al povero Mickey sostanze dagli effetti terrificanti. Qui non si può non notare che l’unica soluzione tecnologica che funziona davvero è quella che non persegue gli abbietti fini di Marshall e consorte, ma il superamento di uno steccato tra le specie, vale dire il “traduttore” di Dorothy (Patsy Ferran).
Pur con i suoi toni parodistici e da commedia nera il film riesce a suscitare nello spettatore riflessioni sfuggenti ma non banali su grandi temi. Con la sua regia Bong Joon-ho – sono passati diversi anni dal suo exploit con Parasite (2019) – si mostra ancora una volta abile e convincente nel trattare tutta la carne al fuoco in questo fritto misto di generi, che apre una finestra su un futuro quanto mai distopico…