Michael Ackerman, che di recente ha inaugurato la sua personale intitolata Homecoming, presso la Spot Home Gallery a Napoli, ha incontrato in galleria il pubblico lo scorso 2 giugno.
L’esposizione, che sarà visitabile fino al 30 giugno 2023, presenta una raccolta di scatti che rappresentano il suo personalissimo approccio alla fotografia, in cui sovverte i canoni tradizionali e punta verso un racconto emotivo e spirituale incentrato sui soggetti delle immagini.
Penso di volere che le persone trovino qualcosa di loro stesse nelle immagini perché fotografo solo persone nelle quali riconosco qualcosa di me. Questo potrebbe suonare molto astratto, o addirittura falso, ma non so in che altro modo esprimerlo. Michael Ackerman
Nella mostra Homecoming, Michael Ackerman va oltre la mera documentazione degli eventi e utilizza la fotografia come strumento di narrazione.
I suoi scatti non solo catturano l’attenzione degli appassionati di fotografia, ma stimolano anche la ricerca di un proprio metodo espressivo, concentrandosi sul significato intrinseco di ogni immagine e sperimentando un nuovo modo di vedere e comprendere se stessi attraverso l’obiettivo della macchina fotografica.
Ackerman, che aveva già esposto presso la Spot Home Gallery nel 2021 come parte di una mostra collettiva intitolata Andamento Lento, torna ora con un’esposizione che rappresenta l’espressione compiuta di un’arte circolare, in cui il ritorno a casa – Homecoming – diventa il moto del tempo che si compie eternamente.
Queste fotografie, presentate nella mostra come una sorta di collage a parete, una sorta di Mood board, costituiscono una sorta di mappa emotiva ed esistenziale di Ackerman.
Ogni immagine rappresenta un frammento della sua storia personale, trasmettendo un senso di profonda connessione con il passato e le proprie radici.
Un elemento centrale della mostra è il ritratto intimista ed emotivo, una mappa che si dispiega nel tempo e nello spazio in un racconto fluido che idealmente attraversa tre città, New York, Varanasi e Napoli, e che ricomprende delle immagini autobiografiche tratte dagli album di famiglia dell’artista.
Cristina Ferraiuolo, padrona di casa, conduce le persone nel viaggio attraverso Varanasi, New York e Napoli che pur assente nelle foto è più presente che mai nello spirito alla base stessa del mondo concettuale del fotografo fatto di un caos organizzato e organico.
Le tre città diventano racconti di uno stesso rito, di uno stesso mistero che si svela dinanzi ai nostri occhi. Ackermann dichiara: “Sono tre luoghi che amo, in cui sono tornato ripetutamente nella mia vita e dove ho fotografato di più. New York è la mia casa, anche se non ci vivo più. Sono cresciuto lì dopo essere emigrato da Israele all’età di 7 anni. Sono diventato un fotografo lì. Sono diventato me stesso lì e vi appartengo. È diversa da qualsiasi altra città che conosco perché persone provenienti da tutto il mondo coesistono ed è una cosa che funziona. L’umanità è così ricca, così profonda. Il contatto che ho con le persone che incontro e fotografo è la cosa più importante nella mia vita lavorativa. Ho bisogno di questo contatto. Varanasi è il luogo verso cui a 25 anni, per la prima volta nella mia vita, ho viaggiato da solo, lontano dalla mia famiglia e da casa. La città indiana mi ha ispirato, mi ha preso in un modo molto potente e l’ho esplorata con tutta la mia giovane energia. Lì, tutte le cose nascoste in Occidente sono allo scoperto: cosa assai importante, nella vita quotidiana sono presenti gli animali, ed è presente anche la morte.
Ogni personaggio ritratto porta con sé un tempo che risuona, aprendo una piega nella memoria e colpendo dritto al cuore dell’immaginazione, risvegliandola. La scelta di includere Napoli nel titolo della mostra, nonostante l’assenza di rappresentazioni visive specifiche della città, è intenzionale. Napoli diventa una soglia, uno spazio in cui città e storie che non sono mai passate effettivamente diventano comprensibili. È un luogo che acquista senso nel momento in cui ci si rende conto di essere tornati a casa. Ciò che queste tre città hanno in comune è che la loro bellezza è nella loro nudità. Quando ci si è dentro, si è consapevoli, emozionalmente, di essere umani.
E ancora: “La prima volta che ricordo di aver sentito parlare di Napoli è stata a Varanasi. Penso che fosse il 1997. Stavo fotografando vicino al fiume e un italiano che capiva quanto amavo il caos che c’era intorno mi disse che avrei dovuto vedere Napoli“.
Queste parole testimoniano l’impatto che Napoli ha avuto sull’artista, che ha trovato nella città partenopea una fonte di ispirazione e un’opportunità per esplorare ulteriormente il suo linguaggio visivo. La mostra presso la Spot Home Gallery di Napoli è un’occasione unica per immergersi nel mondo di questo fotografo.
L’allestimento minimalista scandisce la narrazione visiva, alternando ritratti intimisti, collage a parete, comunicando bene i concetti di radici, tempo, connessione.