Mario Schifano: il nuovo immaginario. 1960-1990

Non poteva che essere Napoli ad accogliere la grande antologica dedicata a Mario Schifano curata da Luca Massimo Barbero alle Gallerie d’Italia, più di cinquanta lavori in prestito da collezioni private, gallerie d’arte e istituzioni culturali.

Un artista vulcanico, strabordante, geniale per una città che vive in perenne equilibrio precario alle pendici del Vesuvio, Napoli inclassificabile, prima quest’anno per turisti e prima in campionato, unica come Mario il pittore, star dei suoi tempi,  artista pop italiano che ha avuto New York e l’America ai suoi piedi.

CIttà vitale ricca di luoghi comuni e leggende metropolitane, vedi Napoli e poi muori come Schifano, pazzo, drogato, ossessionato, rinchiuso in studio a firmare tele bianche. Pezzotta Napoli, pezzotto un monocromo.

Chi viene a Napoli piange due volte, quando arriva e quando se ne va, chi vede la mostra piange due volte, quando arriva colpito dalla grandezza, della pittura, perché di pittura stiamo parlando oltre l’uomo e quando se ne va portandosi dentro i suoi policromi, tutte le stelle e le palme che vedeva da bambino con il padre,  una vera experience avvolgente oltre le mode del momento, uscendo dalla grande sala al piano terra, una vera e propria piazza, una piazza d’Italia per citare De Chirico, omaggiato dallo stesso Schifano.

Una grande piazza immersiva dove lasciarsi trasportare nel suo mondo tra i profumi dei Gigli nell’acqua e Acerbo, opere pittoriche di grande formato, Gaston a cavallo che esplode fuori dal classico formato invadendo lo spazio circostante con i suoi colori forti e vivi, come solo certi striscioni in questo periodo a Napoli, città di festa e amore come Festa Cinese, come certi lavori operai al primo piano, come Compagni compagni come certe idee di chi sta “sempre e per sempre dalla parte di chi perde” e brucia di passione e vive d’amore.

Vesuvio erutta tutta Napoli distrutta come Per esempio l’opera di 7 metri, un fuori formato che porta con se i segni di un incendio, mai volutamente restaurato. Opera monumentale dedicata al cinema e alla televisione, sue grandi passioni dove possiamo ammirare visioni dal futuro, il suo leggere il presente che viveva anticipando quello che poi sarebbe avvenuto.

Giocava d’anticipo Mario Schifano, un autentico fuoriclasse, era Diego in grado di esaltare segnando di mano. Il numero 10 inquadrava lo specchio della porta anche da centrocampo, Mario inquadrava la vita che gli passava attraverso, come nelle sue polaroid, le tele emulsionate, come nei Paesaggi Tv dove proiettava su schermi le opere per poi stampare su tela, lavori acidi maledettamente contemporanei nell’essere pezzi di vita frazionati e ripresi come da qualche smartphone, foto instagrammabili.

Vita che riprende la vita attraverso un mezzo, dei reel ante litteram.

I monocromi aprono la mostra, lavori rarissimi come Analogo e Propaganda dalla collezione Luigi e Peppino Agrati, colori densi, corposi, carte incollate, neri che ricordano le opere antiche del museo d’arte etrusca. Il padre lo voleva restauratore e come in un ritorno al futuro per accedere alla mostra bisogna passare per la sezione antica della collezione delle gallerie d’Italia.

Mario Schifano inquadrava la vita attraverso le insegne pubblicitarie, i segnali urbani, la città, gli anni 60, la Esso con Segno d’energia, la CocaCola, non la pubblicità in quanto tale, non il consumismo, non l’America, ma la poesia delle scritte a mano, del progresso che arriva tra colori e pennelli, i lavoratori, i pittori di insegne come nella Grande Pittura del 1963.

Inquadrava paesaggi come particolari, tralasciando situazioni per concentrarsi sui dettagli, Plein air, poneva l’accento. Non è romantico è il titolo di un’opera. Romantico invece era il pittore, come Napoli quando il vento era il fiato che usciva dagli alberi, composto e salubre, quanta poesia nei suoi titoli, nelle sue colature, nei suoi ricordi fatti di palma e stelle.

Un uomo generoso, Mario, che si dava completamente come artista che omaggiava i grandi prima di lui, i maestri del Futurismo rivisitato, Giorgio De Chirico e Picasso.

Il caffè sospeso è un atto d’amore, un pensiero estemporaneo così lo sono gli omaggi ai pittori, a Giacomo Balla, Carlo Carrà e Severini, una regalia al mondo intero. Dona bellezza in un mondo che non presta più attenzione, che fa della lentezza un problema e della debolezza un errore. 

Mario Schifano ha attraversato la seconda parte del 900 per arrivare a Napoli nel 2023 e raccontarci il mondo che stiamo vivendo tra selfie e dirette, dove forse non ci saranno cineprese e televisori accesi ventiquattro ore al giorno ma siamo sempre più connessi e collegati con le teste abbassate a guardare i nostri schermi. Tutti morti a testa in giù.

A un anno esatto dall’apertura di Gallerie d’Italia a Napoli per festeggiare una scommessa vinta il pittore Schifano ci porta nel suo mondo fatto di smalti e tele emulsionate, di carta da pacchi e monocromi, per ricordarci la potenza del gesto.

Un nuovo immaginario che non ha bisogno di selfie e trovate pubblicitarie, non ci sono stanze ricostruite, biografie edulcorate e luci colorate. 

C’è solo il pittore a ricordarci chi era veramente Mario Schifano.

Mario Schifano : il nuovo immaginario. 1960-1990
Gallerie d’Italia Napoli
Museo di di Intesa Sanpaolo
2 giugno – 29 ottobre 2023
a cura di Luca Massimo Barbero